E’ Rancore uno dei finalisti del premio Tenco nella categoria “miglior testo”. Da dove nasce il successo delle liriche del rapper romano?
Sono invisibili, spesso, quelle cose in grado di scolpire un segno indelebile nell’animo umano, come sono invisibili le emozioni, manifeste solo nei lineamenti dei nostri volti, nei movimenti dei nostri corpi. Sono invisibili all’occhio umano quelle onde sonore che, nel loro meraviglioso e tanto ignorato processo di lavorazione, danno vita all’arte musicale, strumento in grado di incidere significati, messaggi, sensazioni dentro tutti noi
Invisibili proprio come il ragazzo narrato da Tarek Iurcich, in arte Rancore. Un ragazzo che nella sua inesistenza , è sempre esistito, è sempre stato intorno a noi, sotto tante forme, tanti volti, tanti nomi
Un ragazzo che, riconducibile proprio al riferimento autobiografico del rapper, non è soltanto l’immagine dello stesso artista ma può tramutarsi nella narrazione di molti di noi. Questo perché è proprio in Rancore che possiamo trovare il cantore dei tutti, il cantore del sé ma anche degli altri, delle parole che con miracolosa mutevolezza sanno scolpirsi sulle pelli dell’ascoltatore, calzandogli come quella medesima maschera che indossa da anni.
Quanti di noi alle volte si sentono invisibili, quante volte hanno sentito di non esistere, quante volte si sentono “Depressissimi” o si sentono “Giocattoli“. Quanti di noi nella loro vita hanno quei momenti di qui e ora, here and now, dove sentono il “Male Oscuro” salire, quanti di noi si sono “Già Arrabbiati”. Quanti di noi si sono ritrovati su autobus, treni, notturni, a vagare da Capolinea a capolinea indagando sulla natura delle persone attorno a noi, soffermandosi brevemente a riflettere sui lineamenti delle vite di quelle comparse che osserviamo sparire rapide dai finestrini, che forse non incontreremo mai o che forse, un giorno, incontreremo per cambiarci la vita. Magari senza nemmeno avere memoria di quel breve flash dal finestrino, di quell’impercettibile pensiero fugace, invisibile.
Ed è proprio questo “autobiografismo universale” sversato in un ermetismo culturalmente raro che ha garantito, finalmente, ad un’artista come Rancore la candidatura come finalista nella classe di “miglior testo” per il premio Tenco, proprio con Eden, canzone in grado di accaparrarsi il premio di miglior lirica all’ultima edizione del festival di Sanremo creando così un notevole precedente storico, quello che vede un pezzo rap premiato sul palco dell’Ariston.
Se vi è una cosa ormai chiara ai più scaltri è che le persone, tutte, anche nascondendolo hanno bisogno di sentirsi comprese, di sentirti riflesse nelle storie altrui
Ed è così che Rancore è stato in grado di lasciare il segno non solo sul palco dell’Ariston ma anche, negli anni, sulla scena musicale italiana con la sua capacità di narrare le storie dei tanti, dei molti, quei pensieri in cui spesso tutti noi siamo in grado di riconoscerci anche se, spesso, audacemente nascosti dietro interessanti citazioni e giochi di parole.
Ed è questo il “codice” vincente di Rancore. Non solo quello contenuto in Eden, quello che introduce un racconto ricolmo di balzi temporali in grado di raccontare in modo conciso ed efficace la storia dell’umanità, una storia di scelte, di strade prese e di…mele.
La mela di Adamo ed Eva, la mela di Newton, la mela di Magritte, la Grande Mela dell’undici settembre. Solo alcune delle mele che hanno mosso, smosso e cambiato per sempre la storia dell’umanità e la sua percezione. Così, circumnavigando una buccia rossa il rapper romano ha narrato la nostra storia, ricalcando le enniane tracce degli Annales e sintetizzandone la forma, musicandone i contenuti.
Rancore, il cantore dei tutti, dei molti, si è tramutato nel cantore del tutto guadagnandosi così una finale al premio Tenco che non può concludersi se non con una vittoria
Ed è così che le tante scelte che hanno influenzato l’umanità nel corso della sua esistenza sono state, ancor prima di Eden, le scelte dei singoli che venivano narrati parola dopo parola, testo dopo testo con una feconda logorrea verbale dal valore contenutistico assolutamente raro. Così le scelte dei molti hanno costruito quelle strade, quei fili invisibili che hanno modificato per sempre non soltanto le vite degli individui ma anche la vita della stessa storia, la grande storia, quella dei libri di scuola, delle enciclopedie e dei documentari.
Perché se vi è una cosa che non dobbiamo mai dimenticare (chiedete al neo modernismo di Grahm Swift) è che non sono soltanto i grandi eventi a tracciare la linea della storia, ma anche le piccole narrazioni delle vite di tutti i giorni, le vite dei molti. Quelle vite che, Rancore, ha narrato per anni ancor prima di giungere con un climax perfetto e graduale alla grande narrazione, al grande racconto della nostra genesi che ha portato al suo exploit finalmente definitivo anche di fronte agli occhi di quel grande pubblico spesso miope.
Per tutti coloro che se lo fossero chiesti, è questo il segreto in grado di trainare la narrazione di Rancore fin nelle nomine di un premio prestigioso come il Tenco
Quell’innata capacità di narrare prima le piccole storie e poi le grandi, di raccontare sé stesso e contemporaneamente dare parola alle storie in cui gli altri potevano riconoscersi, senza mai scadere nell’autocelebrazione. L’abilità di individuare e tracciare le linee invisibili delle storie microscopiche che, intrecciandosi, hanno dato vita alla rotondità di quella grande storia, quella iniziata dalla scelta primordiale avvenuta nei giardini dell’Eden la cui protagonista era proprio una mela.
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