La carriera di Devin Townsend nel mondo del Metal (o forse della musica in generale) è di quelle più stravaganti e variopinte e l’ultimo album PowerNerd è il nuovo entusiasmante capitolo di questa storia.
Il titolo dell’opera ricalca lo spirito goliardico e canzonatorio tipici del musicista canadese. L’idea di un supereroe nerd entra nello spirito dei tempi contemporanei, in cui bisogna cercare di sopravvivere a sfide (super) mortali, resistendo a colpi di empatia e forse di umanità a un mondo che sembra aver perso valori, pace, amicizia e tutto ciò che di buono può essere associato all’essere umano.
La simpatica e ironica immagine suggerita dal titolo quindi da una parte si ricollega all’arsenale di figure comiche proposte nel corso della discografia di Devin Townsend (l’alieno onnisciente Ziltoid sicuramente in cima alla lista). Tuttavia, si collega anche a un percorso di maturazione ulteriore da parte di un musicista che dietro la maschera dell’ironia osserva attentamente il mondo che lo circonda.
Eccoci quindi ad affrontare un album di rassegnata, ironica, talvolta isterica rassegnazione. PowerNerd è un album molto facile da ascoltare e da assimilare, ma quello che lascia nel cuore dell’ascoltatore ha forse un impatto emotivo superiore a qualunque altra uscita del canadese, che sia negli Strapping Young Lad o in qualunque altro progetto solista.
Le canzoni sono insolitamente brevi per chi è abituato ai lavori di Townsend, se si pensa che l’intro di una hit come Deadhead durava buoni due minuti. Qui abbiamo un album di undici brani distribuiti in tre quarti d’ora scarsi, senza che la formula della canzone breve scoraggi le fantasie istrioniche tipiche.
Anzi si può riconoscere come Devin riesca qui ad arrivare spesso al nocciolo della questione, con riflessioni molto profonde scandite da poche lapidarie sentenze. Innegabile quindi il valore di un attento lavoro di songwriting, testimoniato dallo stesso Townsend, il quale ha dichiarato che la composizione delle musiche ha richiesto una manciata di giorni, mentre molto più meticolosa è stata la scrittura dei testi.
Nell’arco dell’ascolto di PowerNerd ci troviamo quindi a conoscere un lato molto più intimo di Devin Townsend e forse anche di noi stessi. Bisogna solo fare breccia nel tessuto sonoro ad impatto devastante tipico di ogni pubblicazione del canadese, dal magma di suoni ed arrangiamenti che fanno da scudo, un po’ come una maschera di ironia indossata nella vita sociale.
Qui Devin un po’ cerca di togliersi la maschera, un po’ tenta di tenerla ancora incollata al volto, ma qualcosa traspare. Le immagini folli di un alieno caffeinomane, di viaggi felini nello spazio e del rapporto tra apocalisse e scienza lasciano posto a riflessioni sul senso della vita e su un’accurata analisi dell’esistenza, tanto da rendere questo album una sorta di trasposizione in chiave Metal del film della Pixar Soul.
A tal proposito risulta estremamente significativo ed esemplificativo il trio di canzoni Dreams of Light, Ubelia e Jainism. Si avverte il tentativo dell’essere umano di fronte al caos e alla distruzione sempre più vicina di elevarsi dal piano terreno, ascendere a un’altra dimensione dell’esistenza, in cui la vita tradizionale perde di valore di fronte all’incommensurabile.
Del resto, la crisi sanitaria, le guerre sempre più estese, la crisi climatica sono solo alcune delle gravi problematiche che hanno messo in ginocchio decenni di deboli certezze a cui il genere umano si è aggrappato dopo le devastazioni della prima metà del Novecento. Il precipitare di ogni confine e di ogni valore precedentemente considerati stabili stanno portando anni di profonda incertezza sulla nostra vita intesa sia come singoli individui sia come insiemi di comunità sia come umanità in senso collettivo.
Il disastro certo verso cui siamo diretti costringe a trovare una soluzione, quantomeno per noi stessi, per riuscire ad andare avanti in un mondo che si è fatto sempre più pericoloso, violento, subdolo, rendendo questa un’era di sogni infranti. Il PowerNerd del titolo deve fare riferimento a tutte le sue forze interiori, alla sua empatia, alla sua umanità, alla sua resistenza per sopportare quanto di male sta avvenendo, superarlo, elevarsi sopra di esso.
Il suo obiettivo è riscoprire nuovi valori, un senso della vita basato su nuove linee guida, ancora acerbo, ancora in elaborazione, ma in controtendenza rispetto a quanto appreso e sviluppato dalle generazioni precedenti. Un mondo dove la paura e la guerra ci vengano portate via, forse guidati da un dio, o forse no, come viene suggerito in Glacier.
Il percorso spiriturale suggerito da Devin Townsend in PowerNerd potrebbe giungere a un etereo saluto, un’ascesa verso i cieli che sa di congiunzione con le alte sfere, con l’amor che move il sole e l’altre stelle. Ma con una chiave ironica e un po’ dissacrante, come fece una vecchia pubblicità di carta igienica con un povero Dante Alighieri alle prese con la stesura della Divina Commedia su un rotolo del prodotto succitato, ecco che Townsend cala la sua carta definitiva e tira nuovamente su la maschera dell’ironia.
Il viaggio spirituale si interrompe bruscamente, fiaccato dai continui stimoli di un mondo antispirituale, capitalista, ipocrita, molto astuto nell’addormentare i sensi e nell’impedire vie di fuga dal caos e dalla devastazione più totale. Devin Townsend tira fuori dal cilindro un prodotto che già in passato nella sua discografia ha causato la distruzione dell’umanità: chi conosce Ziltoid The Omniscient già ha capito. Il caffè.
E così, sulle note di quella che sembra una pubblicità statunitense degli anni Cinquanta, il nostro PowerNerd si gode gli effetti di questa droga leggera, di cui non può fare a meno, lo soddisfa, gli dà la forza di alzarsi ogni mattino, di vivere una vita vuota e senza valori che punta dritta dritta al caos.
In maniera cinica, folle e anche un po’ dolorosamente triste, ecco che gli stimoli della pubblicità spengono, anche musicalmente, il contatto con il Nirvana che il protagonista stava raggiungendo: gli eterei sintetizzatori vengono piano piano soverchiati da accordi folk di chitarra acustica, mentre un ritornello che sa di jingle divora ogni ultima speranza di risollevarsi.
Il PowerNerd è sconfitto. Non può far altro che arrendersi o al massimo ricominciare da capo il percorso spirituale, ma l’esito al momento non può essere molto diverso da questo.
Sicuramente ci troviamo di fronte a un album straordinariamente evocativo dal punto di vista dei temi e delle liriche. PowerNerd potrebbe essere davvero uno degli album migliori di Devin Townsend, capace di domare la vena di follia geniale che ha caratterizzato altri album (Empath su tutti) senza farla sparire del tutto, mantenendo la sua identità, semplificando il processo di ascolto e migliorando nella creazione delle atmosfere e nello stabilire un forte contatto con il pubblico.
Riuscire a fare un album sintetico rimanendo se stessi e addirittura aumentando il legame con l’ascoltatore è molto probabilmente il sogno inconscio di tantissimi artisti. Devin Townsend ci è riuscito alla grande. E dato che, a suo dire, questo è solo il primo capitolo di una trilogia, ce ne aspettano davvero delle belle.
Un’ultima nota di merito. Molto spesso durante l’ascolto dell’album si è percepito un tocco di straordinaria personalità da parte del corpo delle tastiere e dei sintetizzatori, efficaci nel sostenere l’evoluzione dei brani senza romperne l’equilibrio con esagerati virtuosismi o scelte stilistiche.
Andando a controllare quali altri musicisti hanno lavorato con Townsend in PowerNerd si scopre l’arcano: il grande Diego Tejeida, storico membro degli Haken dal primo album Aquarius fino al penultimo Virus, è il maestro degli 88 tasti. Il fatto che questo musicista così talentuoso abbia collaborato con un artista così geniale sa di congiunzione astrale per la quale gli appassionati non possono che ringraziare gli dei della Musica.
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