Chitarre impazzite e sound post punk, tutto questo racchiuso in Drunk Tank Pink, nuovo formidabile lavoro per i ragazzi di South London, prodotto per l’etichetta inglese Dead Oceans.
Il progetto Shame nasce nel 2018, nella zona sud della Gran Bretagna, con una gran voglia di creare un genere di nicchia sporco e graffiante, sono tanti i richiami al punk londinese degli anni 80. Dopo lo strabigliante esordio Songs of Praise che li ha lanciati nella bolla underground del momento, ci riprovano con questo attesissimo seguito, dal gusto personale e raffinato. All’interno troviamo un attento studio, sulle tematiche utilizzate e le sonorità spedite che racchiudono le tracce e tutto l’album. Una vera chicca per gli amanti del genere.
Con il primo singolo da Drunk Tank Pink, “Alphabet” si parte subito diretti e veniamo catapultati nel vortice sonoro, con riff taglienti di matrice noise punk , il basso macchinoso completa la struttura in maniera impeccabile. Di questo brano troviamo anche un delizioso video diretto da Tegen Williams, artista visionario vicino alla band da diversi anni. A seguire “Nigel Hitter” ci porta indietro nel tempo, per quanto riguarda la parte vocale, in linea con progetti storici come Damned e Buzzcocks, meno sporca, ma di notevole fattura. Su “Born in Luton” ascoltiamo i primi esperimenti geniali della band, che ama molto giocare sui suoni dissonanti delle chitarre, spesso deliranti e fuori dal normale, anche quì la voce ruvida di Eddie si incastra alla perfezione. Nella parte finale un arpeggio malato, innalza un coro stupendo da brividi.
Dopo i ritmi folli in perfetto stile british di “March Day” passiamo al secondo estratto di questa perla “Water in Well“. Uno dei brani migliori per la grande padronanza del sound, il ritornello contagioso ci trasporta in una festa carica di eccessi, che si abbatte sulle nostre vite, ed è un chiaro segnale per qualcosa di nuovo e originale. “Snow Day” apre un percorso maturo, alla ricerca di cambi acidi avvolti dalla voce cupa e un’alternanza di cambi duri e fuori tempo.
Sul rumore di fondo calmo e misterioso, si culla dolcemente “Human,for a Minute“. Una sorta di ballata delicata, con un groove preciso e prezioso, sembra di ascoltare qualcosa del primo Nick Cave d’annata. Una buona traccia che ti rimane in testa. Sulle note di “Great Dog” invece torna la scarica punk devastante, che spazza via qualsiasi cosa. La durata è breve ma intensa. Arrivando quasi alla fine, ci soffermiamo su due tracce molto interessanti. “6/1” dal suo tiro sognante, gioca su un arpeggio matematico e risveglia i nostri ricordi più lontani, mentre in “Harsh Degrees” la batteria segue un tempo da pelle d’oca, lasciando un’ impronta netta sul genere.
Drunk Tank Pink si chiude con “Station Wagon“, una delle composizioni più lunghe di questo lavoro, la sua apertura ha un timbro alternative rock, il delay infinito di chitarra è una vera delizia. Nella parte finale viene aggiunto un pianoforte sensibile da veri intenditori.
In conclusione un album diretto e studiato alla perfezione, ancora una volta la giovane band inglese si conferma a livelli alti, non vediamo l’ora di poterli ammirare anche in veste live.
Voto: 7,5
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