A due anni di distanza da Daemon, i Mayhem pubblicano un EP dal “doppio” titolo Atavistic Black Disorder/Kommando, in uscita il 9 luglio per Century Media Records.
Una storia particolare, quella dei Mayhem: band dal passato tra il mitologico e il leggendario, ma che ha saputo scrollarsi di dosso l’ombra dei fatti dei primi anni ‘90 per trovare un’identità che fosse, finalmente, solo e soltanto musicale. E ciò è accaduto a tal punto che gli album successivi al periodo d’oro, da Grand Declaration of War (2000) in poi, hanno spesso dato la sensazione che, al di là del nome, a suonare fosse un altro gruppo. Tra alti e bassi, Necrobutcher, Hellhammer e gli altri ci hanno portato nel 2019 a una pubblicazione come Daemon (leggi la recensione), la quale, sì, si richiamava esplicitamente al sound del passato, ma lo faceva in modo un po’ accademico. Com’è andata stavolta?
Sono solo tre gli inediti di questo EP. Il resto dell’album (un tempo si sarebbe detto “la seconda facciata”) è invece occupato da quattro cover di brani punk di band storiche quali Discharge, Dead Kennedys, Rudimentary Peni e Ramones.
Nelle parole di Attila Csihar:
“Ho sempre subito l’influenza del punk. Suppongo derivi dalla mia infanzia, quand’ero alla ricerca di musica sempre più estrema. È così che scoperto Dead Kennedys, GBH, The Exploited, Sex Pistols, U.K. Subs, Discharge, Rudimentary Peni e così via, nei primi anni ‘80, oltre all’heavy metal. Poi sono arrivati i Venom, ed è stato un punto di svolta!”
Non c’è nulla di particolare da segnalare su questa parte di Black Disorder/Kommando, senz’altro ben suonata, se non che ci consente di ricordare quanto sia stato importante l’hardcore punk negli sviluppi del black metal della prima ora. Se si legge l’eccellente Black Metal: Evolution of the Cult di Dayal Patterson, e le numerose interviste ai protagonisti in esso riportate, si capisce in particolare l’influenza incalcolabile dei Discharge e del loro Hear Nothing See Nothing Say Nothing sulla cosiddetta first wave of black metal, sul finire della quale sarebbero giunti gli stessi Mayhem di Dead ed Euronymous.
Quanto agli altri brani, trattasi di tre cannonate di alto livello – in particolare la opener, Voces Ab Alta – che si stenta a credere non abbiano trovato spazio in Daemon. Se in questo e negli altri due brani (Black Glass Communion e Everlasting Dying Flame) possiamo sentire echi di antichi fasti, è merito di un Attila in gran spolvero, di una sessione ritmica (Necrobutcher al basso e Hellhammer alle pelli) che non sembra aver perso nulla dell’energia che animava i capolavori della gioventù, e di due chitarre (Teloch e Ghul), in grado con il loro riffing di erigere costruzioni maestose e austere, benché più moderne nel sound e nelle scelte stilistiche.
Black Disorder/Kommando non sarà il pezzo più pregiato della produzione dei Mayhem, o nella nostra collezione, ma è testimonianza della capacità del gruppo di suonare ancora black metal di altissimo livello. Le altre band hanno ancora di che imparare da questi vecchietti del nero metallo.
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