Sanguivore è un LP dei Creeper, il terzo, uscito il 13 Ottobre 2023 per Spinefarm.
Era da un po’ che non ascoltavo un bell’album, qualcosa che non mi facesse dire “meh”: questo non è il caso di Sanguivore dei Creeper, che si aggiungono come punte di diamante al già ricco roaster Spinefarm.
Che Satana bene/maledica i rocker di Southampton: Sanguivore è il più raffinato esempio di come fare glam, teatro, intrattenimento, e narrazione, nel 2023. È musica per tutti: per i metallari più hardcore, che troveranno l’album una deliziosa evasione in un divertissment peccaminoso; lo è per l’ascoltatore casuale che, se ha amato i classici di Meat Loaf, amerà anche i brani di Sanguivore.
I vampiri di Anne Rice si sono risvegliati negli anni ’80, e sono andati, tutti insieme ed imbellettati, alla prima di The Phantom of the Opera di Andrew Lloyd Webber. Nelle radio ancora passava Bat Out of Hell di Meat Loaf, e Bryan Adams cominciava a calcare i primi passi del grande successo. Bonnie Tyler era già una realtà. Quei vampiri rimasero assolutamente sconvolti da News from the World prima, e da A Night at the Opera poi – Freddie Mercury era forse uno di loro?
Ecco, questa è una giusta descrizione del mood compositivo di Sanguivore dei Creeper; ok, ci aveva già provato il Papa dei Ghost, va concesso al caro Tobias – e, forse, con Meliora, si è avvicinato fortemente. Eppure, il capolavoro del revival del glam è Sanguivore, senza dubbio alcuno: già dai primissimi accenni di Further Than Forever, suite di dieci minuti introduttiva dell’album, si colgono la qualità della produzione e del songwriting – e l’inconfondibile citazione al tema centrale del Fantasma dell’Opera, quella scala tanto inquietante quanto riconoscibile. Gloriosa, fra effettini calcati direttamente da I’Do Anything for Love e Total Eclipse of the Heart e una spruzzata di Tom Sawyer, è una November Rain in cui la ragazza oggetto di cotanto desiderio è un ghoul oscuro assetato di sangue e budella: uccide gli angeli, promette amore eterno all’inferno e beve il sangue dello sfortunato che se ne innamora. La successiva Cry to Heaven espande la lore dell’album, narrando di un threesome a base di sangue nel retro di un’auto – un brano che Bon Jovi avrebbe voluto avere l’ardire di comporre a suo tempo, complice anche l’espressività attoriale di Will Gould e l’ottima produzione goticheggiante, includente cori muliebri. Echi dei 69 Eyes e del buon vecchio Ozzy si odono nella catchy Sacred Blasphemy, brano però puramente pop-rock e che potrebbe essere un’eccellente soundtrack per un teen drama satirico su giovani vampiri che giocano col fuoco imperituro di Satana.
La grandiosità della opener torna con The Ballad of Spook and Mercy: Gould canta come Nick Cave in un dark cabaret, affondando le R e le O, virile ma delicato – una ninnananna di un fantasma, Fruhling in Paris dei Rammstein ma coi lustrini viola, sangue finto e pizzo nero. Bridge con organo e sussurri decadenti, e, infine, aperture operistiche come nel miglior musical di Broadway chiudono The Ballad of Spook and Mercy.
Più classicamente goth è invece Lovers Lead Astray, fra Siouxie & the Banshees e The Cure, mentre la splendida Teenage Sacrifice può essere eletta fra i migliori brani di Sanguivore: riff accattivamente, con una buona alternanza di accordi su cui la linea vocale si instilla in modo spontaneo – un sacrificio di gruppo in un college, in nome del sangue, della darkwave di Killing Joke e Sisters of Mercy. Un riff pieno, di chitarra pulite, conchiude il brano in una piccola entità vivente a sé stante, un mini-mondo che continua, in un loop, a ripetere il suo orrore. Una breve intrusione del punk dei primi ’00 si ha con la rapida e indolore Chapel Gates – nonostante il refrain stiracchiato e i pad operistici in sottofondo, il groove è inconfondibile, e Gould imita magicamente un Billie Joe Armstrong impegnato in Basket Case. Passando per la intro The Abyss, si ritorna al citazionismo verso Webber: torna la scala di note minori e bemolli, e si approda al penultimo brano dell’album, Black Heaven. Che, a sua volta, cita i classici dei Depeche Mode, eccetto per l’esplosivo refrain – un’accorata predica shakespeariana al commettere un suicidio di coppia, come due veri amanti flirtanti con la Morte, che suona, però, come una deliziosa satira alla scena – quella vera – black metal tutta.
Il finale di Sanguivore è un’altra perla rara, fra le budella di un’ostrica nera: More Than Death è una splendida ballad, di voce tremula e piano, una marcia nuziale composta da un Meat Loaf disperato convertitosi al vampirismo ma che non crede più ai deliri a là Loraine Warren della vampirina introdotta in Further than Forever (vi lascio la pagina Wikipedia per capire di chi si parla).
Sanguivore è uno dei migliori album del 2023: punticchiato di citazionismo con stile, eccezionalmente prodotto, vario ma organico; il suo saltare da un genere all’altro funziona benissimo, complice l’interpretazione spesso volutamente sopra le righe del vocalist e gli arrangiamenti assolutamente magistrali. Un lavoro che dura solo 45 minuti, e che fa venir voglia di sentire di più: capire di più di questo mondo di vampiri, ghoul, e diavoli, che però amano, manipolano, e fanno sesso come umani qualsiasi che muoiono a settant’anni.
I Creeper meritano tutti i complimenti di tutta la critica specializzata del mondo: congratulazioni, con Sanguivore avete prodotto il miglior disco rock degli ultimi anni.
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