I Refused e la rabbia sociale del XXI secolo: “War Music”

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I Refused, tornati sulle scene musicali nel 2012 dopo una lunga pausa, pubblicano con la produzione della Spinefarm il loro secondo album a partire dal rientro, il quinto della loro carriera: War Music. Un titolo più che azzeccato per il sound creato e il tema approfondito. Caratterizzati dalla loro forte identità punk e dagli accesi toni polemici, i Refused offrono dieci canzoni in crescendo, affrontando questioni politicamente molto sentite soprattutto nelle frange della Sinistra Estrema.

Ma crediamo ancora che il capitalismo sia un cancro
e crediamo ancora che possa essere curato.
Crediamo ancora che il patriarcato sia un cancro
e crediamo ancora che possa essere curato anche questo.
Crediamo ancora nel poter dell’arte, che trasforma ed apre la mente.
E come ultima cosa, ma non per importanza:
Crediamo nel totale e violento annientamento dell’uno percento.

War Music è un album particolarmente rapido e violento, in cui tutte le canzoni durano tra i tre e i quattro minuti. Tuttavia la sua partenza presenta paradossalmente un incedere  incerto, non totalmente riuscito, quasi come se la protesta non sapesse bene a chi rivolgersi e cosa dire. Un’incertezza che colpisce la forza d’urto sia dei testi che dell’esecuzione, in particolare REV001 e Violent Reaction. Bisogna aspettare I wanna watch the world burn per cominciare a entrare appieno nel clima ricreato dai Refused. La musica cambia, in tutti i sensi, il messaggio diventa chiaro, il groove si fa più coinvolgente e tutti gli ingredienti si amalgamano.

Migliorano anche le soluzioni musicali proposte dal gruppo, che arricchisce le sue composizioni con strutture ritmiche più elaborate, senza perdere però l’approccio diretto verso l’ascoltatore. La voce di Dennis Lyxzén effettivamente è l’autentico centro gravitazionale attorno al quale ruota l’intera band, che costruisce intorno alle sue urla e ai suoi versi una perfetta furia musicale. Una riproposizione quindi più che adeguata delle manifestazioni popolari, con un caposquadra che urla al megafono e una folla oceanica che ripete i suoi slogan e segue le sue indicazioni.

Il coinvolgimento e il pathos crescono letteralmente brano dopo brano, aggredendo sempre di più l’ascoltatore che si fa inerme statua d’argilla plasmabile a piacimento. Blood Red, Malfire, Turn the Cross e Damaged III sono gradini di una scala di rabbia sociale che si fa sempre più radicale, contro un nemico sempre più maggioritario, onnipresente, oppressivo. Come dicono gli stessi Refused:

In questo momento, noi che crediamo nella distribuzione equa della ricchezza in una democrazia diretta, egualitaria ed ecologica, noi che utilizziamo i pronomi di genere neutro e parole come solidarietà, responsabilità morale, intersezionalità e conflitto di classe, noi che crediamo nella massima di Marx ‘ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni’ siamo in minoranza, schiacciati contro la parete, dobbiamo sempre guardaci le spalle. Siamo circondati da nemici, al nostro movimento sono stati imposti dei limiti, i nostri diritti sono stati violati. È ben chiaro da un po’ di tempo ormai: il sole sta tramontando sui nostri valori. 

In uno scontro che si fa sempre più impari, con una radicalizzazione dei valori e con un malumore e un malcontento sempre più diffusi, War Music non può permettersi momenti di leggerezza: la pronta risposta di una parte della società che non accetta lo stato delle cose deve essere rapida, intensa e violenta. La punta di diamante dell’album viene raggiunta da Death in Vännäs, arricchita anche da bell’arpeggio di violoncello su cui si incardina tutta la squadra di musicisti.

La proposta dei Refused è sicuramente molto interessante, la band è esperta e sa assolutamente dove e come muoversi. War Music è quindi un validissimo album, dall’ottima impronta musicale e dall’intensa carica emotiva. La sua vis polemica offre anche un discorso raffinato, riflettuto e non improvvisato, fornendo anche il pretesto per una discussione sociale che abbracci tutte le sfumature del problema.

Il percorso in crescendo della potenza e della qualità dei brani è estremamente convincente, anche se restano meno riusciti i brani in testa e in coda all’album. Complessivamente comunque è un album molto maturo, con una proposta molto meno adolescenziale di quanto offerto da molte altre band del genere, confermando quindi il valore della band. A distanza di quasi trent’anni dall’esordio, nonostante le tematiche abbiano acquisito una maggiore profondità, la forza e la prepotenza con cui vengono affrontate mantengono la stessa furia e la stessa intensità degli albori.

Daniele Carlo
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