Sasio, urla dal profondo delle nostre viscere.

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SASIO è l’omonimo album di debutto dell’artista napoletano che risponde al nome di battesimo di Salvatore Carannante. Il disco, scritto e prodotto insieme a Giulio Ragno Favero, esce per La Tempesta.

I più avvezzi conoscitori della scena musicale dei primi anni duemila, campana e non, avranno sicuramente sentito parlare dei Sula Ventrbianco, vera e propria band di culto che ha calcato i palchi di tutta Italia nel decennio che va dal 2007 al 2017, dai festival ai club più rinomati, aggiudicandosi numerosi riconoscimenti, tra cui Italia Wave, Primo Maggio Taranto e Marte Live Italia. Di quella Band Sasio era non solo la voce ma anche una delle anime.

Da quell’esperienza però adesso, con il suo omonimo album di debutto scritto e prodotto con Giulio Ragno Favero (Il teatro degli orrori), l’artista campano ha deciso di intraprendere un percorso diverso che segna l’inizio di una nuova fase creativa. All’interno della sua matrice musicale restano gli echi che richiamano le radici più popolari della musica che ne ha forgiato la coscienza artistica ma entrano anche elementi come l’elettronica e l’approccio si fa più rude e diretto.

Sasio, urla dal profondo delle nostre viscere. 1

I brani di Sasio, come i singoli che hanno anticipato l’uscita del disco, sono urla primordiali filtrate da un computer rimpazzito. Il suo modo di fare musica ricorda un po’ il concetto di Matrix: la scelta tra “pillola rossa” e “pillola blu” è una metafora che rappresenta la decisione tra conoscere una verità potenzialmente scomoda e rimanere nell’ignoranza confortevole. La musica di Sasio è chiaramente la pillola rossa che ogni individuo, una volta assunta, sente nelle proprie orecchie come un battito cardiaco forsennato.

Composto da undici tracce, il disco affonda le mani nel vissuto dell’autore: il lavoro da manovale nell’edilizia, l’amore e l’odio per Napoli, la vita nella penisola flegrea, la passione viscerale per la musica. In un continuo alternarsi di italiano e napoletano, l’artista racconta la rabbia, la perdita, la speranza e la ribellione.

Ne nasce un disco che vive di contrasti, capace di toccare corde intime nei momenti più introspettivi e di esplodere in un grido collettivo nei brani più diretti, dove la denuncia sociale si fa canzone di resistenza. Per certi versi questo lavoro ricorda l’approccio di Iosonouncane alla composizione, con le dovute differenze e con background territoriali anche lontani, ma si avverte in questi artisti una similitudine negli intenti compositivi.

La resistenza è quella dell’essere umano alla marea di appiattimento che copre tutto come calce. Ogni sentimento sembra essere anestetizzato dalla stanchezza quotidiana di chi abita il tardo capitalismo ormai ridotto in macerie. Le stesse macerie che trasciniamo ogni giorno dal posto di lavoro ai nostri interni familiari. A volte sembriamo non avere nemmeno il tempo di pensare a una ribellione tanto poco è lo spazio privato che ci resta tra mettere a tavola il pranzo e la cena.

Il tempo di questa riflessione è quello di un disco come l’esordio di Sasio, quello in cui si urla e si sussurra, in cui si boccheggia e in cui si sospira. Un tempo necessario, come contare fino a dieci prima di fare una fesseria, come i battiti da rispettare in una manovra salvavita. Tutto questo e anche di più lo può fare la musica quando arriva dalle proprie viscere, quando è urgenza creativa e comunicativa, come quando non puoi fare a meno di respirare.

Raffaele Calvanese
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