Lettera a Mandela

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Caro Mandela, mi perdonerai se, oggi 5 dicembre 2019, a sei anni dalla tua scomparsa, a fronte delle cose a cui ancora assistiamo, io ti scrivo questa lettera, e spero tu possa capirmi.

Come si può scrivere un articolo su una delle personalità più incredibili del XX secolo senza risultare banale, cadere nella più squallida demagogia ed evitare una ridicola prosopopea?
Me lo sto chiedendo da più di un’ora e credo sia praticamente impossibile.

È impossibile perché quando, sei lì, che studi, rileggi, ti informi e tenti di elaborare qualcosa su un uomo che non è stato un semplice uomo ma la nascita, la fioritura, la resistenza per e di un’idea, tutto è niente, e resti, fermo, a fissare, in foto, quel volto disteso, nonostante tutto, e quel sorriso che vale più di mille vendette.

E allora, caro Nelson, mi perdonerai se ti scrivo questa lettera.

Ciao, caro Nelson,
mi chiamo Pietro, ho 29 anni e vivo in Italia.
L’Italia è, tu lo saprai, anche se al tempo eri solo un ragazzino, quel paese, che, guidato da una delle menti più folli della nostra storia, si è reso reo, complice e protagonista di una delle più atroci barbarie della storia dell’umanità.
I campi di concentramento, l’antisemitismo, la segregazione, e a me, tutto sembra così irrimediabilmente collegato.

La gente non ha memoria.
Poi non lo so. Forse è solo ignoranza, o, forse, di fondo c’è anche un incontrollabile desiderio di odiare.
Io non me ne capacito.
La gente odia e si lascia trascinare e trasportare dal malcontento e dal primo accaparravoti che becca sul proprio cammino.
E la storia è chiara.
La colpa ricade sempre sull’ultimo.

Nelson, se tu fossi vivo, assisteresti ad uno spettacolo indecoroso.
Una nuova deriva razzista sta colpendo quest’Europa.
Certo, noi resistiamo, lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo, ma è così disarmante, a volte, leggere nelle parole e negli sguardi di taluni esseri, che di umano hanno ben poco, una così ingiustificata assenza di compassione e di pietà verso chi avrebbe bisogno di una mano tesa e di una spalla a cui poggiarsi.

Forse, di tutto questo già ne sei al corrente.
Ma se ci sei, ogni tanto, mandalo un colpo, chè qui ne abbiamo bisogno.

Io non credo molto nel paradiso.
Cioè, non lo so se tu ora sei lì, con Martin Luther King, Rosa Parks, Madre Teresa, Ernesto e Yasser Arafat, a parlare di cosa sta succedendo al mondo, ma, secondo me, un posto dove le idee non muoiono mai esiste: è la memoria.
E fin quando combatteremo per quelle idee, un barlume di speranza resterà sempre acceso.

Ciao Madiba.

Pietro Annibale
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