Henry Matisse e Mark Rothko: due facce della stessa medaglia

| |

Oggi è l’anniversario della morte di una delle figure più di spicco dell’età moderna Henry Matisse.
Una delle opere forse meno conosciute del grande artista francese è la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire, situata a Vence.

La cappella fu costruita in onore gli ultimi anni della vita dell’artista e dedicata alla suora domenicana che lo accudì durante la malattia. Matisse ideò tutto dall’architettura, ai dipinti al suo interno, passando per le vetrate, l’altare e tutto l’arredo sacro, compresi gli abiti del celebrante.
“Voglio che quanti entrano nella mia Cappella si sentano purificati e sgravati dai loro pesi… Questa Cappella è per me l ‘esito di tutta una vita di lavoro e il fiorire di uno sforzo enorme, sincero e difficile.

Non si tratta di un lavoro che ho scelto, ma piuttosto di un lavoro per il quale sono stato scelto dal destino sul finire del mio cammino… La considero, malgrado tutte le sue imperfezioni, come il mio capolavoro… uno sforzo che è il risultato di tutta una vita consacrata alla ricerca della verità.“


Matisse vive il dramma della Passione di Cristo e decide di rendere questa esperienza nelle 14 tappe che rappresenta. I segni sono più tormentati e spezzati, così una sensazione tempestosa pervade lo spirito delle figure, tuttavia entrando nella cappella non si avverte tristezza o dramma tutt’altro, si avverta una sensazione di serenità, beatitudine grazie all’utilizzo di tonalità violente e raramente complementari. Secondo l’artista erano i colori ad essere la miccia, il motore dell’emozione con forza tanto maggiore, quanto più fossero semplici.


Ed è proprio a proposito del colore che un altro grande artista alla fine della sua carriera erige un opera come quella di Matisse; stiamo parlando di Mark Rothko e della Cappella Hudson.
Anche chiamata Rothko Chapel, fu eretta nel 1971 e a differenza di quella di Matisse, la cappella è stata concepita come punto d’incontro per le diverse religioni: una “chiesa” ecumenica.
Anche l’artista americano di origini lettoni, concepì l’opera nella sua interezza, curata nei minimi dettagli dalla scultura fino ad arrivare alla musica.


Quello che proponeva Rothko con questo luogo era una zona in cui il visitatore entrasse in uno spazio altro e poter immergersi completamente nella sua opera. Quello che si trova all’interno della cappella, ma anche nelle stesse opere è il nulla, il vuoto, l’indicibile, l’indefinito, ma è tutt’altro che la pittura del nulla questa. L’ambiente è così immersivo da far dimenticare al visitatore la vita esterna, quotidiana. Tuttavia quello che si avverte entrando in questo ambiente è la sua forte potenza emotiva, si coglie il dramma attraverso i colori scuri delle tele, che sono una personale sintesi del linguaggio maturata sul filo di una ricerca estrema, commovente e definitiva.

Henry Matisse e Mark Rothko: due facce della stessa medaglia 1


“Quando [i visitatori] piangono davanti ai miei quadri vivono la stessa esperienza religiosa che ho vissuto io quando li ho dipinti”


Potremmo definire le due cappelle intimamente opposte ma complementari; mentre Matisse con la potenza dei suoi colori accesi illumina la cappella con i colori della gioia, Rothko con la Cappella Hudson entra in un profondo dialogo drammatico con lo spazio arrivando persino ad asserire che è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto.


La pittura di Matisse è quindi la gaiezza mentre Rothko la tragedia. Matisse è un bambino che danza sotto la pioggia mentre Rothko è una signora che soffre pensando alla complessità del mondo. Sono due facce della stessa medaglia, due anime che rappresentano i stessi atteggiamenti che si manifestano dinnanzi ai problemi ogni giorno.


Quando il realismo, per così dire, entra in crisi entra con la sua variopinta tavolozza l’impressionismo, l’astrattismo, il cubismo e tutto ciò che interpreta la realtà. Come se ci fossero degli occhiali magici che asseconda di chi li indossa, fanno vedere una medesima realtà ma con diverse sfumature. E questo è quello che fanno i due artisti: leggere il mondo circostante apprenderlo e decostruirlo restituendocelo in maniera personalissima e che a distanza di decenni ancora ha una potenza comunicativa fuori dal comune.


In entrambi i casi le due cappelle sono la sintesi pittorica di una ricerca artistica durata tutta la vita che sfocia nella rappresentazione in ogni sua piccola sfumatura della vita stessa.

Martina Trocano
Previous

Gigi Proietti, istrione del palcoscenico. E’ calato il sipario improvvisamente

Una quasi poesia per Gigi Proietti

Next
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial