Era il 1981 quando i Pooh, in memoria di John Lennon scomparso l’8 dicembre 1980, suonarono la loro celebre Chi fermerà la musica?
Nessuno – all’epoca – avrebbe mai potuto immaginare che a distanza di oltre quarant’anni qualcuno avrebbe creato un Meta-verso tecnologico che avrebbe, nel vero senso della parola, fermato la musica.
È ormai notizia di qualche giorno, infatti, che Meta (impresa che gestisce i servizi offerti da Facebook e Instagram) e Siae (Società Italiana degli autori e interpreti) non hanno raggiunto l’accordo di licenza dei brani iscritti e tutelati da quest’ultima, generando sconforto per gli attori principali della negoziazione, nonché smarrimento negli utenti (compresa la sottoscritta) che, nel giro di pochissime ore, si sono visti rimuovere le musiche dai loro reel postati e impossibilitati ad inserirne nelle loro storie di Instagram e Facebook.
Un vero e proprio tsunami che, come è facilmente immaginabile, ha portato e porterà con sé strascichi di varia natura.
Ma ripercorriamo brevemente la vicenda con la promessa di essere chiara e sintetica nel raccontarvi cosa è accaduto.
Il fallimento della contrattazione risiede tutto nel cd. Value Gap: la sproporzione nella distribuzione dei dividendi, generati dalle riproduzioni, destinati ad artisti, case discografiche e produttori, in confronto agli importi trattenuti dagli utilizzatori (piattaforme), nettamente maggiori.
Giova far presente, in questa sede, come la Direttiva Barnier 2014/26/UE prevede che gli utilizzatori sono obbligati a fornire i dati relativi alle utilizzazioni, nonché quelli relativi al volume d’affari generato, al fine di poter valutare il cd. equo compenso.
Nel nostro caso troviamo Meta – utilizzatrice del prodotto – che valuta i brani in base a dei parametri legati al numero di riproduzione dei singoli brani e ha tutto l’interesse a valutare minimamente quei brani in modo da abbassarne l’offerta; dall’altra parte, Siae, quale società tutrice, vuole impedire lo svilimento del prodotto musicale cercando di alzare il più possibile la richiesta.
Un duello infinito che ha fatto saltare il banco dei negoziati inducendo Meta a rimuovere i brani Siae dal proprio catalogo, generando un blackout della filiera produttiva discografica italiana.
In questo scenario apocalittico, il duello consegna solo vittime: Meta si priva, in buona sostanza, di quasi tutto il repertorio musicale italiano; Siae non ottiene alcun introito; gli utenti perdono la possibilità di utilizzare le loro musiche preferite; gli autori, infine, perdono tutto. Infatti, sono proprio questi ultimi i più penalizzati: niente accordo, niente introiti, niente distribuzione dei brani, niente popolarità. Uno svilimento sia economico che artistico.
Quale sia la soluzione, ad oggi, è impossibile prospettarla. Di certo, è impensabile che il catalogo musicale di Meta rimanga vergine dei brani Siae per lungo tempo, in quanto il danno economico e di immagine sarebbe insostenibile. Sarebbe auspicabile sedersi attorno al tavolo, intanto per ricucire lo strappo che ha portato al mancato accordo, per poi – facendo un discorso più ampio e generale – individuare, a livello Europeo, dei parametri standard (ovverosia, uguali per ciascun Paese) che soddisfino tout cour i diritti degli autori e quelli degli utilizzatori. Discorso complesso che, magari, mi riservo di approfondire in un secondo momento. Ma adesso, ciò che interessa chiedersi è Chi riaccenderà la musica?
Leggi anche
- Sciopero di attori e sceneggiatori: buio in sala - Luglio 26, 2023
- Accordo transitorio tra Meta e Siae: Instagram e Facebook tornano a suonare - Maggio 27, 2023
- Mancato accordo tra Siae e Meta sui diritti d’autore: il silenzio della musica - Aprile 5, 2023