Mai come adesso è importante parlare del diritto dello spettacolo, quella branca dell’ordinamento italiano che comprende la normativa posta a tutela del lavoratore che contribuisce alla creazione di un prodotto di carattere artistico o ricreativo destinato ad una pluralità di persone.
Spesso, quando parlo con le persone, mi rendo conto di quanto la forza del diritto sia sottovalutata. In molti casi la tutela giuridica si dà per scontata, si reputa superflua, fino a quando non arriva una pandemia a ricordare che non tutti i settori e le categorie hanno tutela legislativa paritaria.
Il Covid-19 ha senz’altro messo a dura prova tutti. Ma alcune categorie stanno facendo fatica più di altre a sopravvivere. Tra queste vi è il settore delle Arti e dello Spettacolo.
Settore, questo, che si nutre degli abbracci della gente, di assembramenti e folle che attendono i loro artisti del cuore. Ma cosa succede quando tutte le carte si capovolgono e ciò che si considerava “dato per scontato” in realtà era una mera convinzione senza fondamenta? Succede che gli artisti sono messi ad un bivio: reagire, cercare soluzioni e (auto)tutele o attendere che tutto passi al più presto, sperando che le conseguenze non siano letali.
Molti artisti (prima dell’entrata in vigore del nuovo D.P.C.M. che chiude cinema e teatri dal 26.10.2020 al 24.11.2020) hanno deciso di intraprendere la prima strada. L’hanno fatto in modi e con strumenti diversi, ma ugualmente efficaci. È il caso di oltre 250 attori che hanno deciso di costituire l’associazione U.N.I.T.A. – Unione Nazionale Interpreti Teatro Audiovisivo e del movimento “Bauli in Piazza” che ha portato lo scorso 10 ottobre oltre 1.300 lavoratori dello spettacolo a riempire Piazza D’Uomo a Milano con i loro strumenti di lavoro.
Ma facciamo un passo indietro, cercando di comprendere perché questi artisti e lavoratori del settore dello spettacolo hanno deciso di “alzare” la voce e chiedere di essere ascoltati e tutelati, partendo dal diritto dello spettacolo e dalla sua influenza nel nostro Ordinamento.
Il diritto dello spettacolo è una disciplina ibrida, nel senso che, da una parte comprende norme del diritto del lavoro – andando a tutelare il lavoratore dello spettacolo, per ciò che concerne i rilievi giuridici che determinano i rapporti tra esso e i vari attori del settore – dall’altra parte norme del diritto d’autore – tutelando le opere creative e interpretative degli autori.
A parere di chi scrive, proprio questa concezione borderline rende il diritto dello spettacolo debole e insufficiente a garantire quella tutela necessaria a chi è nella posizione di ricoprire un qualsiasi ruolo nel settore: dall’attore, al macchinista, passando per il musicista e via discorrendo. Ciononostante, la Costituzione Italiana affidi all’arte rilievo importante per lo sviluppo socioculturale del Paese e per garantire quei diritti fondamentali che la Carta del 1948 riconosce (come il diritto di riunione e di associazione di cui agli artt. 17 e 18 e la libertà di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21).
Certo, se scorriamo la Gazzetta Ufficiale troviamo una serie di normative che si sono succedute nel tempo, interessando il diritto dello spettacolo dal punto di vista pubblico amministrativo, nello specifico:
- Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.) R.D. n. 773/1931;
- Regolamento di Esecuzione del T.U.L.P.S. – R.D. n. 635/1940;
- Legge n. 633/1941 “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”;
- Legge n. 800/1967 “Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali”;
- Legge n. 163/1985 “Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo”;
- Legge n. 650/1996 sull’esercizio dell’attività radiotelevisiva e delle telecomunicazioni, riordino della RAI S.p.A., editoria, spettacolo, emittenza televisiva e sonora locale, trasmissioni televisive in forma codificata;
- D.lgs. n. 134/1998 “Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate”
- Art. 4 del regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal T.U.L.P.S., D.P.R. 28/05/2001 n. 311.
Inoltre, l’INPS prevede e gestisce una particolare forma previdenziale per i lavoratori dello spettacolo: il Fondo Pensione Lavoratori dello Spettacolo (FPLS).
Un primo essenziale passo verso una tutela tout court del diritto dello spettacolo sembra esserci stato con il Codice dello Spettacolo istituito con la Legge delega n. 175/2017 “Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia”, composto da 7 articolo. Gli obiettivi che il Codice si è prefissato sono quelli di promuovere lo spettacolo ergendo il valore educativo ed innovativo, nonché quello di incrementare la competenza tecnica ed artistica dei professionisti dello spettacolo mediante incontri con formazione, turismo e cultura.
Obiettivi, questi, da ottemperare attraverso le norme del Codice, le quali prevedono: risorse per l’incremento del Fondo Unico dello Spettacolo, incentivi fiscali per la musica, fondi per sostenere la cultura nei territori vittime di terremoti, risorse per le scuole, Art Bonus esteso a tutti i comparti dello spettacolo, aggiornamento disciplina sulle Fondazioni Liriche ecc.
Tuttavia, detta disciplina non si è rivelata sufficiente a gestire l’ondata Covid. Infatti, tutta la normativa richiedeva una presa visione generale degli addetti ai lavori, in modo da completarla al punto tale da garantire quel riconoscimento della tutela che nella situazione odierna, soprattutto a seguito del Nuovo DPCM, sembra utopica.
A onor del vero, negli anni, né artisti né giuristi (a parte sporadici contributi) hanno inciso particolarmente sulla disciplina in esame, nonostante problemi di natura organizzativa e di gestione ci fossero ben prima della pandemia. Il sistema normativo di riferimento non ha mai ottenuto un’influenza tale da essere considerato allo stesso livello di altre discipline del diritto oggettivo. I giuristi, i quali sono i più indicati a suggerire emendatio, non si sono immolati forse anche per la caratteristica interdisciplinare del diritto dello spettacolo, il quale non è ascrivibile né a discipline di natura privatistica, né a quelle avente natura pubblicistica. Un vero e proprio ibrido, come sostenevo all’esordio.
Questo scivolare tra le varie discipline giuridiche ha fatto in modo che il diritto dello spettacolo rimbalzasse da una branca all’altra senza trovare configurazione autentica.
In questo scenario incerto e in questa situazione di emergenza gli artisti si sono visti sprovvisti di ogni mezzo di protezione giuridica di cui avevano bisogno. Nudi. Ricoperti del solo strumento artistico che gli appartiene ma che non gli permette(va) di “essere riconosciuto a 360 gradi”.
Ed ecco qui che nasce U.N.I.T.A. – Unione Nazionale Interpreti Teatro Audiovisivo attraverso cui, oltre 250 Artisti si sono associati al fine di, si legge nell’articolo 5 dello Statuto:
- Tutelare la dignità professionale e quindi, gli interessi morali ed economici di tutti i propri associati e di intraprendere ogni iniziativa volta ad ottenere il completo riconoscimento e le forme di tutela dei loro diritti costituzionalmente garantiti;
- promuovere l’arte dello spettacolo dal vivo e dell’audiovisivo, anche attraverso iniziative di natura sociale e culturale;
- promuovere attività di informazione sulla professione dell’attrice e dell’attore, mediante divulgazione tra i giovani, nelle scuole, nelle università, nei corsi di formazione specializzati, al fine di sviluppare la formazione professionale delle nuove leve di lavoro;
- compiere tutti gli atti e le operazioni necessarie ed utili per il conseguimento delle finalità sociali, ivi comprese quelle della concertazione e contrattazione, collaborando anche con altri soggetti, pubblici e privati, enti e associazioni, nazionali e internazionali, che svolgano attività analoghe o accessorie a quelle sociali.
Una sorta “di fai da te”: dove non arrivano le istituzioni, arriva la volontà di chi necessita riconoscimento della propria dignità artistico-lavorativa.
Non da meno è stato il movimento “BAULI IN PIAZZA”. Associazione, questa, composta da circa 570 mila persone, operanti nell’industria dello spettacolo dal vivo, che nasce con lo scopo di evitare le esequie degli eventi live che nei mesi estivi hanno subito uno stop deleterio.
Il movimento il 10 ottobre 2020 ha portato in scena uno spettacolo inedito, i cui unici strumenti sono stati i flightcase nella scenografina suggestiva formata da Piazza D’uomo a Milano: 1.300 lavoratori dello spettacolo, 500 bauli neri affilati, uno rosso in centro a rappresentare tutti quei colleghi che non ci sono più, per gridare silenziosamente di essere ascoltati dalle autorità competenti al fine di formare, insieme agli Enti governativi, un organismo strutturale in grado di lavorare in sicurezza con modalità economico-sostenibile.
Grido, questo, accolto dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini. Ad annunciare l’incontro, è stato lo stesso movimento sulle sue pagine social: “Bauli in Piazza è lieta di annunciare ed accogliere l’invito del Ministro Dario Franceschini ad un incontro che avverrà in settimana, insieme al capo di Gabinetto e al Segretario Generale del MiBact.
Presenteremo le nostre idee e le proposte alle quali abbiamo lavorato in queste settimane, di concerto con altri attori del settore”. Segnale importante, questo, dopo che l’ultimo DPCM ha imposto la chiusura di teatri e cinema.
Ultima, ma non meno importante, iniziativa per il settore è stata quella messa in atto dalla cantante Elisa. Con il suo ultimo tour, la cantautrice ha scelto di rinunciare ai propri compensi a favore della sua crew e di chi opera nei live. Come specificato dalla stessa artista al programma di RaiTre Report, il tour ha ricavato circa 280 mila euro, i quali sono stati suddivisi in: 190 mila per band e crew, 40 mila per le Onlus del settore e le restanti somme sono state devolute a sostegno delle economie territoriali che hanno ospitato le date-evento.
E’ evidente che qualcosa si sta muovendo. E a muoversi sono le acque interne al settore dello spettacolo che non ci sta ad aspettare ancora.
Il vento sta cambiando, direbbe qualcuno. Ma per vedere gli effetti, forse. dovremmo aspettare ancora un po’. Quel che è certo, è che il Covid ha smosso le anime e la sensibilità di molti (lavoratori dello spettacolo e non), aprendo (forse) una stagione dei diritti che (probabilmente) porterà a riconoscere il diritto dello spettacolo come istituto e disciplina giuridica autonoma e indipendente.
A cura di Clarissa Insolia
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