Sciopero di attori e sceneggiatori: buio in sala

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Cosa sta accadendo in America, qual è la situazione italiana e cosa accadrà nel futuro.

Era il 1960 quando gli sceneggiatori della WGA (Writers Guild of America) e gli attori della SAG, oggi SAG-AFTRA (Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists) scesero in piazza protestando contro produttori e distributori per ottenere un salario all’altezza e partecipare con una quota ai diritti cinematografici. Fu uno sciopero di attori e sceneggiatori lungo, durato 20 settimane e 6 giorni; non il più lungo della storia se consideriamo quello del 1988 (che colpì maggiormente le produzioni televisive), ma di sicuro uno dei più disastrosi per l’industria cinematografica.

Sessantatré anni dopo la storia si ripete. Ma vediamo cosa sta accadendo e i motivi dello sciopero di attori e sceneggiatori.

In seguito all’esito negativo dei colloqui con l’AMPTP (Alliance of Motion Picture and Television Producer), associazione di categoria che rappresenta ile maggiori case e studi di produzione televisive e hollywoodiane, il 2 maggio scorso, gli sceneggiatori e autori della WGA hanno deciso di posare le penne e scendere in piazza in segno di protesta per il mancato accordo del nuovo contratto collettivo.

Gli scrittori di film e serie tv, sempre più minacciati dall’uso dell’Intelligenza Artificiale, da tempo chiedono che gli venga riconosciuto un equo compenso stante il loro lavoro indispensabile al successo di molti prodotti televisivi e cinematografici. La rottura c’è stata dal momento in cui le parti si sono sedute intorno al tavolo per discutere i termini del nuovo contratto collettivo e si sono alzate con un nulla di fatto e i nervi tesi.

La definitiva escalation – che poi ha portato allo sciopero di attori e sceneggiatori, c’è stata il 12 luglio, giorno di cessazione del contratto collettivo (sottoscritto nel 2020) quando Fran Drescher, la Presidente della SAG-AFTRA annunciava in conferenza stampa di non aver raggiunto nessun accordo con l’AMPTP e che, tale fallimento, avrebbe portato a un inevitabile sciopero da parte degli attori.

La dura presa di posizione risiederebbe nell’atteggiamento adottato dai produttori in sede di trattativa, i quali, sempre più pagati dall’industria cinematografica, riterrebbero le richieste di attori e sceneggiatori “semplicemente non realistiche”; ciò ha spinto Descher a gridare davanti a tutto il mondo che ciò che gli oltre 160mila artisti rappresentati stavano subendo. “Esigiamo rispetto, non potete esistere senza di noi”. Queste le dure parole della Presidente della SAG-AFTRA che hanno fatto il giro del mondo, ottenendo l’encomio di colleghi e personalità di rilievo.

Equo compenso, tutela del diritto d’autore contro lo sfruttamento dell’immagine degli attori e delle opere sulle piattaforme streaming e protezione dall’Intelligenza Artificiale. Questi i motivi che vedono le strade di Hollywood palcoscenico di proteste.

Sciopero di attori e sceneggiatori: buio in sala

In questo scenario è naturale schierarsi con gli scioperanti. In primo luogo, perché le loro richieste sono assolutamente lecite, soprattutto in considerazione delle somme di danaro che girano nell’industria cinematografica e delle percentuali irrisorie che vengono utilizzate per retribuire i lavoratori di tale industria; in secondo luogo, perché si parla di tutela dei diritti, della loro immagine sfruttata senza autorizzazione da chi ha potere e dello svilimento del prodotto dovuto all’Intelligenza Artificiale.

Se guardiamo per un momento a casa nostra, vediamo che la situazione non è tanto difforme allo sciopero di attori e sceneggiatori. Infatti, in questi giorni si sta discutendo della riforma del “Tax Credit” (norme che regolano il credito d’imposta nel settore delle produzioni cinematografiche) e il dibattito mira a “salvaguardare gli spazi artistici di libertà, cura passione che sono alla base di ogni serie tv, di ogni documentario o film riusciti, grandi o piccoli che siano”, come affermato dalla regista e presidente dell’associazione 100autori Cristina Comencini

Assicurare, modificando i criteri di accesso, che i fondi del Tax Credit vadano a chi lavora e porta avanti con fatica il settore cinematografico; arginare la minaccia dell’Intelligenza Artificiale; sottoscrivere al più presto un contratto collettivo (già, perché mentre in America si protesta per un contratto collettivo non rinnovato, in Italia questo contratto manca proprio). Queste sono le richieste avanzate al Ministero e su cui si sta dibattendo in Italia in questi giorni, mentre il cinema, fenomeno Barbie a parte, da mesi (o forse anni) fatica a richiamare un pubblico adeguato alle fatiche di chi lavora nel cinema.

Insomma, un terremoto sta scuotendo il cinema ma senza effetti speciali.

Cosa aspettarsi nei prossimi mesi non è, al momento, dato saperlo. Un’anticipazione l’abbiamo avuta con la prima londinese di Oppenheimer, quando gli attori non si sono concessi a foto di rito e interviste. Ciò che sappiamo o possiamo immaginare sono i rischi a cui potremo andare incontro: Festival Cinematografici disertati (la Mostra di Venezia su tutti visto che è il primo, tra i principali, sul calendario cinematografico).

Film e Serie tv tagliate e ritardate o, peggio ancora, cancellate; perdite economiche devastanti; disoccupazione; biglietti del cinema e abbonamenti alle piattaforme sempre più alti ecc… E occhio ai registi! Potrebbero anche loro unirsi allo sciopero di attori e sceneggiatori, generando ancor clamore mediatico. Perché ormai si sa, per poter ottenere qualcosa da chi ha il potere, bisogna utilizzare la calca mediatica. I social e i mezzi di comunicazione digitali potranno essere quel canale che sensibilizzerà la massa e se la massa si schiera, allora le grosse produzioni dovranno abbassare la testa.

Restiamo in attesa di sviluppi e cosa provocherà questo “SAG-AFTRA ON STRIKE!”.

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