Le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria hanno un impatto decisivo sullo spettacolo dal vivo e sulle sue funzioni. Ma a che punto siamo?
Lo spettacolo dal vivo è elemento essenziale per la vita delle persone tanto quanto la scuola. È questo il messaggio che in sostanza ha lanciato il ministro dei beni culturali Dario Franceschini, dinanzi il Comitato Tecnico Scientifico.
Nell’audizione di ieri 12 marzo, Franceschini ha avanzato talune proposte per permettere agli eventi culturali di ripartire con maggior presenza di pubblico. Nello specifico, l’intenzione del ministro è quella di riaprire cinema, teatri e sale da concerto nelle modalità già previste per le “zone gialle” ma con la possibilità di garantire all’interno un numero maggiore di spettatori – ad oggi i protocolli previsti dal Cts prevedono il 25% di capienza massimanelle sale e un tetto di 200 spettatori al chiuso e 400 all’aperto, il Ministro vorrebbe aprire a 500 spettatori al chiuso e mille all’aperto e raddoppiare al 50% la capienza massima.
Inoltre, con la stagione estiva alle porte, Franceschini ha proposto di lasciar maggior potere decisionale, nonché di gestione, agli enti regionali. In sostanza, sulla scorta del modello di altri paesi europei, le regioni sarebbero lasciate libere di sperimentare eventi live in determinati luoghi aperti al pubblico e, in queste circostanze, sarebbero chiamate ad introdurre misure di sicurezza ex novo. Una sorta di autogestione programmata, mediante la quale gli enti regionali potrebbero organizzarsi e organizzare eventi di spettacolo dal vivo autonomamente.
Capitolo obbligo tamponi e mascherine: Franceschini si è detto assolutamente contrario all’obbligo del tampone preventivo (giustamente, come ha sottolineato il ministro, chi va al cinema e paga un biglietto da 7 euro – tariffa media, s’intende – non sarà minimamente intenzionato a pagare altri 20 euro per un tampone), il quale costituirebbe un deterrente per i cittadini nel partecipare agli eventi live; discorso a parte per le mascherine modello FFP2, le quali devono essere obbligatoriamente indossate durante gli spettacoli.
Queste sono le proposte del ministro Franceschini sullo spettacolo dal vivo che saranno valutate dal CTS e, in un secondo momento, passeranno al vaglio del consiglio dei ministri.
Ciò che mi preme, ancora una volta, sottolineare è come il settore dello spettacolo sia logorato. Questa azione di logoramento rischia di coinvolgere la società, menomandola di quel che rappresenta il suo assetto fondamentale: la cultura. Perché il cinema, il teatro, i concerti, sono delle abitudini socio-culturali che appartengono o meno all’essere umano. E, come tutte le abitudini, rischiano di perdersi se non vengono alimentate.
Pensate alla lettura, i libri si leggono se durante la nostra routine quotidiana gli concediamo sistematicamente quell’oretta di tempo. Stessa identica cosa riguarda il teatro, il cinema o i concerti. Ad esempio, la sottoscritta, prima del lockdown di marzo 2020, il giovedì (che di solito è il giorno più pesante della mia settimana) aveva la serata cinema fissa sul calendario.
Un’abitudine imprescindibile, quasi vitale, che nemmeno Netflix, Amazon Prime o altre piattaforme streaming hanno potuto sopperire. Un’abitudine strappata che ancora oggi, a distanza di più di un anno, a me fa soffrire. Appunto, a me. Ma come me ci saranno tanti habitué cinefili e teatrofili che, quell’abitudine, l’avranno persa o sopperita con altro. Più si va avanti con questa situazione di incertezza, più il rischio di perdere l’abitudine alla cultura di fa concreto. Per questo, oltre a risollevare un settore allo stremo, ciò che preme è salvare la corteccia culturale del nostro paese per poi fortificarne le radici.
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