Elio Germano, i 40 anni dell’orgoglio Made in Molise

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Il 25 settembre di 40 anni fa nasceva a Roma Elio Germano. In pochi sanno delle sue origini molisane, una regione ricca di talenti ma troppo spesso poco valorizzati. Nel 2016 però ha anche ricevuto il titolo di ambasciatore del Molise nel mondo. Ma questa è un’altra storia.

Noi di Shockwave Magazine abbiamo scelto di rendergli omaggio ripercorrendo la sua carriera, attraverso quelli che sono stati i suoi film che hanno ottenuto il maggiore successo.

Collabora con alcuni dei più importanti registi italiani come Ettore Scola, Giovanni Veronesi, Michele Placido e Gabriele Salvatores. Sfonda poi nel mondo del cinema nel 2007 e da lì viene riconosciuto come uno degli astri nascenti ed uno dei talenti più promettenti.

Nella rosa dei riconoscimenti, Elio Germano può vantare ben 3 David di Donatello, un Globo d’Oro, 2 Ciak d’Oro e un Nastro d’Argento.

“Seguendo le proprie diversità di solito si arriva a una vita forse più felice. Una grande strada per la libertà è l’essere sinceri rispetto a quello che si è.”

Allo scorso Festival internazionale del cinema di Berlino, invece, ha trionfato di fronte alla giuria ed è stato premiato con l’Orso d’Argento per la sua magistrale interpretazione del pittore Antonio Ligabue.

Per Elio Germano però non era la prima volta che si cimentava in un biopic. A dimostrazione della sua straordinaria capacità di sapersi calare perfettamente nei panni di personaggi storici, già nel 2014 ci aveva regalato una magistrale interpretazione di un poeta italiano. E che poeta. Ed è proprio da qui che partiamo.

Il giovane favoloso, 2014

Elio Germano, i 40 anni dell’orgoglio Made in Molise 1

Disponibile sulla piattaforma ufficiale della Rai, Elio Germano interpreta uno dei poeti più straordinari della storia della letteratura italiana, Giacomo Leopardi.

Si tratta del racconto della breve e intensa vita del poeta dall’adolescenza nella natia Recanati, dove scopre la passione per le “sudate carte” fino al soggiorno napoletano in compagnia di Antonio Ranieri, dove spende gli ultimi giorni sulla schiena dello “sterminator Vesuvio“.

Il 29 giugno 1978, nacque a Recanati uno dei migliori esponenti della lirica italiana. Cresce in un ambiente conservatore e si dedica ad uno studio matto e disperatissimo. Tenta più volte di fuggire da quell’ambiente che lo opprime, ma non ci riesce. Anche se è in quello stesso ambiente che produce alcuni dei canti più belli, semplici ed emozionanti.

“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

infinità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare.”

Leopardi ha trovato gli accenti più intensi e al tempo stesso più limpidi per esprimere il male di vivere. Al contrario della comune accezione che gli si attribuisce, Leopardi non è tanto il poeta del nulla, quanto il poeta della vita.

Il suo pessimismo non ha le radici originarie in un’attrazione morbosa per la morte, anzi, in Leopardi c’è un bisogno di pienezza e di gioia vitale. Il pessimismo, tratto distintivo della sua poetica, nasce solo come reazione alla delusione di queste aspirazioni profonde e si manifesta come rivendicazione vigorosa del diritto alla felicità, come forma di protesta contro tutte le forze ostili.

Leopardi non era uno scrittore isolato, piuttosto aveva una percezione acuta della realtà esterna ed era consapevole della situazione di inerzia e declino in cui versava l’Italia della Restaurazione.

Favolacce, 2020

favolacce locandina recensione

“Quanto segue è ispirato ad una storia vera, la storia vera è ispirata ad una storia falsa, e la storia falsa non è affatto ispirata.”

È stato presentato per la prima volta in concorso al Festival di Berlino dove ha trionfato nella categoria migliore sceneggiatura. Di recente invece è stato proiettato anche al Molise Cinema Film Festival: viste le origini molisane dell’attore, non poteva essere altrimenti.

Tutta la vicenda del film si svolge in un quartiere di periferia della Capitale dove il degrado e la delusione di una vita monotona sono all’ordine del giorno. Quattro sono le famiglie coinvolte, ed Elio Germano è il capofamiglia di una di queste. Ognuna di loro tenta, senza successo, di mascherare in qualche modo il disagio, l’infelicità e la perdita di ogni speranza.

Neppure i giovani, oggi considerati come le colonne portanti del futuro del nostro Paese, riescono a sfuggire a questa trappola.

Qualche esempio? Due giovani adolescenti con tutti buoni voti sono infelici e insoddisfatti della loro vita mediocre e del rapporto inesistente con i loro genitori quindi decidono di suicidarsi. Parallelamente una giovane ragazza incinta del fidanzato vive una vita povera fatta di stenti e di privazioni e seguirà la stessa fine dei precedenti protagonisti.

Dall’altra parte troviamo un rapporto padre-figlio puro e discontinuo che perlomeno non finisce in tragedia ma è costretto a soffrire tanta solitudine e una famiglia purtroppo caratterizzata da una profonda povertà culturale che si rivela come tale ogni qual volta devono risolvere un problema.

Volevo nascondermi, 2020

Elio Germano

Giorgio Diritti mette in scena probabilmente la migliore delle sue opere finora realizzate per il cinema, che non può fare a meno di scuotere e di convincere lo spettatore.

Al suo interno infatti custodisce una storia commovente, che merita di essere raccontata. Elio Germano interpreta Antonio Ligabue nel biopic struggente sulla vita del pittore.

“Ero un uomo emarginato, un bambino solo, un matto da manicomio, ma volevo essere amato.”

Fin da piccolo infatti fu costretto ad un’infanzia e ad una adolescenza difficili. Ben presto poi cominciò a soffrire di diversi disturbi fisici, come il rachitismo e il gozzo, e mentali, che lo costrinsero ad essere ricoverato più volte in diversi ospedali psichiatrici.

L’arte era la sua voce. Nei suoi dipinti, che hanno spesso uno sfondo esotico nonostante non abbia mai viaggiato, dimostrando quindi di avere comunque una grande conoscenza, Antonio Ligabue riesce ad esprimere tutto ciò che non riesce a dire a parole.

E Ligabue merita di essere conosciuto, e quale modo migliore per farlo se non attraverso i suoi lavori?

Una delle sue più grandi capacità era quella di riuscire a trasformare qualsiasi cosa, materiale e immateriale, in fonte d’ispirazione da rappresentare nei suoi dipinti. Dai ricordi d’infanzia alle vicende quotidiane, dai paesaggi alle cartoline, e ciò ci permette di andare oltre e di guardare non solo nella sua mente ma anche nella sua anima.

La fama e la consacrazione arriveranno purtroppo troppo tardi, soltanto qualche anno prima di essere colpito da una paresi che lo costringerà all’ennesimo ricovero nella struttura che l’aveva già ospitato in precedenza e dove la morte riscatterà la vita dell’artista.

“Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore.”

Tamara Santoro
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