Foto di copertina: fonte
Chiara Fumai è stata un’artista e performer italiana che, nei suoi dieci anni di attività, ha lasciato un segno indelebile nel panorama artistico italiano contemporaneo.
Fumai è nota al grande pubblico per le sue opere performative e multimediali caratterizzate da strategie anti-spettacolari e dalla presenza di icone della controcultura. Un filo che lega la maggior parte delle sue opere è infatti il voler dare voce alle donne che hanno preso parte alla storia dell’arte (ad esempio Carla Lonzi e Valerie Solanas), cercando di vestirne i panni.
Il portfolio di Chiara Fumai è caratterizzato da numerosi alter ego, primo fra tutti Nico Fumai, protagonista di una delle sue prime performance “Chiara Fumai presenta Nico Fumai” (2008). Qui l’artista si presenta davanti al pubblico seduta su una sedia vicino ad un tavolo con sopra un giradischi, una scatola piena di vecchi vinili ai suoi piedi. Lungo tutta la sua performance, ci guida alla scoperta di Nico Fumai e della sua carriera musicale. Ovviamente Nico Fumai è un personaggio fittizio, un finto parente che l’artista ha voluto creare, o meglio re-immaginare. Detto con le sue stesse parole: “Credo che vivere l’opera d’arte in maniera totale – quindi anche su un piano realmente autobiografico – sia un modo intenso e generoso di stare al mondo”.
Nel 2013 Chiara Fumai viene invitata ad esporre a dOCUMENTA 13 (una delle manifestazioni dedicate all’arte contemporanea più prestigiose al mondo) con “The Moral Exhibition House” (2012) ispirato agli spettacoli pseudoscientifici delle fiere del XIX secolo e performato negli spazi del museo Fridericianum, più precisamente presso il Karlsaue park. Fumai mescola in questa performance riferimenti dalla dialettica hegeliana, alla storia dello spiritismo e all’occultismo; dall’interpretazione teosofica del mito di Lucifero alle illustrazioni di William Blake per il Libro di Giobbe, alle ridefinizioni del noi e dell’io operate da Carla Lonzi nel manifesto di Rivolta Femminile (uno dei primi gruppi femministi radicali italiani, formatosi a Roma nel luglio del 1970 ndr). L’installazione prende vita in una casetta bianca, riappropriandosi in chiave femminista dell’archetipo della casa delle streghe presenti nelle favole dei fratelli Grimm. Anche in questa performance Fumai veste i panni di altre donne, più precisamente due fenomeni da baraccone che alla fine del XIX secolo appartenevano al prestigioso circo dei fenomeni di P.T. Barnum: Annie Jones, la più famosa Donna Barbuta dell’epoca vittoriana, e Zalumma Agra, una schiava zittita per molto tempo, conosciuta come “La stella d’Oriente”.
La casa è formata da due stanze autonome ma comunicanti che fungono da scenario per le due performance in programma durante la mostra. La prima performance a cui lo spettatore può assistere è Shut Up. Actually, Talk (2012). In questa performance Chiara Fumai viene impossessata dallo spirito di Zalumma Agra. Quello a cui il pubblico assiste è un atto di “ventriloquo politico” dove Zalumma Agra recita, attraverso il medium del corpo dell’artista, il testo di “Io dico io” di Lonzi estrapolato dal suo testo più famoso “Sputiamo su Hegel” (1970). La seconda performance all’interno della casa, The Prodigy Of Nature (2010), vede Fumai nei panni dei Annie Jones che legge lettere indirizzate a sé stessa, scritte da artisti e scrittori contemporanei coinvolti da Chiara Fumai stessa. Erano lettere di apprezzamento e ammirazione dedicate a Jones che avevano l’intento di elevare la famosa Donna Barbuta da oggetto a soggetto. Liberando queste cosiddette “freaks” dalla loro passata “schiavitù”, Fumai gli dona per la prima volta una voce pubblica.
Il femminismo radicale rappresenta un’influenza fondamentale nell’arte di Chiara Fumai, diventandone spesso il soggetto principale. Una delle opere più famose di Fumai è infatti “Chiara Fumai reads Valerie Solanas”. L’opera consiste in una performance-lecture in cui l’artista legge il testo di Solanas “SCUM Manifesto” (1968), accompagnata da slide grafiche e diapositive che ne riassumono gli snodi fondamentali. L’intento della performance è estremamente parodico: nella rielaborazione “video-installativa” della performance Fumai si ispira alla famosa apparizione televisiva di Silvio Berlusconi, quando nel 1994 annunciò la sua discesa in politica. In generale il discorso di Fumai/Solanas vuole rovesciare i tratti filosofici, religiosi, medici, sociali che hanno teorizzato l’inferiorità del genere femminile in termini intellettivi, fisici ed emotivi, negandone la partecipazione alla vita pubblica o minacciandone l’incolumità.
Il discorso femminista all’interno del lavoro di Fumai non svolge un ruolo di posizionamento politico, ma si pone come base della sua prassi artistica e produttiva. Il nucleo femminista dell’artista consiste in una critica sistemica al patriarcato come dispositivo di esclusione di tutte quelle soggettività che differiscono dalla norma patriarcale del maschio bianco, abile, cisgender ed eterosessuale. La critica al sistema patriarcale non si ferma solo a questo: Fumai si scaglia anche contro il sistema economico incarnato da esso, basato sulla produttività e sul profitto. Il femminismo di Fumai si discosta tuttavia da quello radicale promosso da Lonzi e Solanas, in quanto si distanzia dall’ essenzialismo e dal binarismo che lo contraddistingue. Le opere di Chiara Fumai risentono molto anche dell’influenza delle teorie queer, fondamentali per capire l’elemento della temporalità.. La temporalità queer, abbracciata da Fumai, permette di vivere il tempo non in maniera lineare e sempre identico a sé stesso, ma come uno spazio che contiene tutto un portato – traumatico o salvifico – che il contatto con il presente può riattivare. È proprio la temporalità queer, dunque, che concede l’accesso alle storie e alle bibliografie marginali creando la possibilità di realizzare comunità cross-temporali, donando al tempo una eccezionale forza sociale e politica.
Nel 2021, a tre anni dalla prematura scomparsa dell’artista, viene inaugurata al Centro Pecci di Prato la retrospettiva “Poems I Will Never Release. 2007-2017”, coprodotta dal Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e dal Centre d’Art Contemporain Genève in collaborazione con La Casa Encendida – Madrid, La Loge –Bruxelles e The Church of Chiara Fumai. La mostra, a cura di Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi, in collaborazione con Cristiana Perrella, rappresenta un atto d’amore nei confronti dell’artista scomparsa troppo prematuramente. “Poems I Will Never Release” presenta un corpus alquanto completo delle opere dell’artista, pur rispettando la sua volontà di non documentarle, pratica che invece ha caratterizzato la produzione artistica femminile dagli anni Settanta del Novecento in poi. La retrospettiva viene accompagnata da un’importante monografia, a cura di Francesco Urbano Ragazzi, Milovan Farronato e Andrea Bellini, edita da Nero Editions, che raccoglie un insieme di testi critici che leggono la produzione di Chiara Fumai da differenti prospettive. Tuttavia, nonostante la mostra negli ultimi due anni abbia girato l’Europa, in Italia il lavoro dell’artista passa ancora in sordina.
Non è bastata, purtroppo, la sua partecipazione postuma alla Biennale del 2019 a farla conoscere al grande pubblico. Come successe per un altro genio del suo tempo spentosi prematuramente, ossia Piero Manzoni, dovrà forse passare ancora molto tempo prima che venga riconosciuta a Chiara Fumai l’importanza e l’influenza sul nostro panorama artistico che davvero merita.
Giulia Siracusa
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