È di Steve McCurry la famosissima fotografia ritraente la piccola orfana afgana in un campo profughi del Pakistan. Diventata simbolo della guerra e degli effetti che questa causa, rivela un’espressione sul volto della giovane ragazza del tutto anomala per la sua età.
Nonostante quella fotografia del 1984 lasci ancora molto parlare di sé, probabilmente entrando a far parte in modo simbolico della storia della fotografia come simbolo della documentazione artistica di guerra, Steve McCurry lavora senza sosta nelle situazioni più disparate e nei luoghi della terra più reconditi.
La forza espressiva di tale foto, che sembra concentrarsi nello sguardo e negli occhi verdi di Sharbat Gula, viene amplificata dal contrasto tra i colori caldi e freddi che compongono la foto. Allo scialle color ruggine, consumato dall’uso, si contrappone l’intensità del verde sullo sfondo, dell’abito che si intravede dagli squarci dello scialle e che viene ripreso dagli occhi della ragazza.
L’interpretazione di quegli occhi gelidi e magnetici è dibattuta e McCurry stesso osservò che
C’è sempre stato un po’ di mistero riguardo alle sue reali emozioni mentre la fotografavo; è possibile leggere l’immagine in modi diversi
Steve McCurry
Sharbat Gula è ormai una donna adulta, ed è diventata involontariamente un simbolo per il mondo intero, attirando le attenzioni più disparate. Pensate che lo stesso McCurry ha dichiarato di ricevere quotidianamente richieste, lettere e disegni dedicati alla ragazza. Molti si offrono di donarle vestiti, denaro e tra le varie richieste, qualcuno chiede addirittura di sposarla.
Quello che nota William Dalrymple, storico e scrittore inglese, è che la fotografia di Steve McCurry può essere definita surreale. I soggetti sembrano appartenere ad un mondo quasi immaginario, caratterizzato da una carica di magia che rimanda ad altri mondi.
Eppure, quelle ritratte, sono persone, culture, rituali e condizioni di questo mondo, che non conosciamo solo perché più lontane, ma che faticosamente si mantengono in vita, in un pianeta sempre più globalizzato ed uniformato.
Possiamo dire che la fotografia di Steve McCurry detiene una vera e propria forza rivelatrice, è un occhio che ha votato la sua vita alla registrazione di popoli e culture lontane, permettendoci di conoscerle nella loro bellezza e a volte contraddizione.
Foto di guerra
Una buona parte della fotografia di Steve McCurry consiste nella raffigurazione e testimonianza delle conseguenze della guerra. Molto nota la serie scattata in Afghanistan, ma sono ugualmente interessanti le foto inerenti all’11 settembre 2001.
Il fotografo era a New York quel giorno, proprio nei pressi del World Trade Center, quando si accorse che qualcosa non andava. Immediatamente prese in mano la sua macchina per documentare quello che stava accadendo, salì sul tetto del suo palazzo scorgendo un panorama diverso dal solito. Il World Trade Center era sotto attacco e faticosamente si poteva credere a quello che gli occhi mostravano.
Dopo l’avvenimento McCurry decise di entrare tra le macerie per testimoniare anche questa distruzione, ma come si fa a mettere in pericolo la propria vita per il bene della documentazione?
Documenta questa tragedia nel miglior modo possibile. Dici a te stesso di non pensare troppo alle cose. Devi usare il pilota automatico in una certa misura, segui il tuo istinto e intuizione e non permettere ai tuoi nervi o alle tue emozioni di sopraffarti.
Steve McCurry
L’immagine è la forma comunicativa più diretta, comprensibile da chiunque, qualunque sia la sua nazionalità o religione, la fotografia basa la propria forza proprio in questo. Se ci pensiamo un attimo, ci rendiamo conto che senza giornalisti e fotografi non avremmo mai testimonianze in tempo reale di quello che succede nel mondo.
Eleonora Turli
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