Das Cabinet Des Dr. Caligari è il nuovo album dei vati del post rock spagnolo, i Toundra, che raggiunsero vette della classifica e della critica con lo splendido Vortex del 2018. Nient’altro che – ed è già un lavoro gigantesco – un’alternativa alla soundtrack originale del capolavoro di Robert Wiene. La colonna sonora è fuori per Inside Out il 28 febbraio 2020.
Approcciare, nel 2020, ad una materia come quella de Il Gabinetto del Dottor Caligari, è una peculiare esperienza. Il tempo si è snodato lento, ma inesorabile, nel secolo breve: il 1919 è però ingiallito ed invecchiato dietro di noi.
Centouno anni fa usciva quel film rivoluzionario, di Robert Wiene: quest’ultimo, l’ennesima vittima dell’oppressione nazista, poiché, in quanto ebreo, dovette fuggire prima in Ungheria, e poi a Londra ed infine Parigi ove lavorò con un altro mostro sacro, Jean Cocteau. Gran parte della fama de Il Gabinetto del Dottor Caligari si deve alla sua colonna sonora, originariamente Verklarte Nachst di Schonberg – la trasposizione sinfonica di un poeta romantico (e non nel senso letterario del termine) di dubbia qualità di Richard Dehmel. Film e colonna sonora, però, furono, nella concezione di Wiene, un’unica entità: i passi più drammatici e surreali si dispiegano in un sottofondo di archi dissonanti e complessi contrappunti – un preludio alle sperimentazioni successive di Schonberg, uno dei padri della musica còlta del Novecento. Ancora, riguardare Il Gabinetto del Dottor Caligari, a 101 anni di distanza, colpisce lo spettatore come una mostra museale, con l’eccezione che la forza espressiva del cinema era stata colta appieno dal regista tedesco, come, purtroppo, i suoi ispiratori pittorici – Schiele, l’intera corrente del Die Brucke – non erano riusciti a fare. Eppure, la mano di Kirchner, nelle forme aggressive e non euclidee, negli zigzag di acquarelli scoloriti su scenografie di cartapesta, è presente come non mai nella rappresentazione della piccola Holstenwall, tutta fremente per la fiera del freak show. La trista figura del povero Cesare e del suo aguzzino Caligari, il parallelo col topòs de la Morte e la Fanciulla, l’ambientazione fantastica e straniante – oltre ad un’interpretazione inquietante e fuori dal tempo da parte di Werner Krauss e della dark lady Lil Dagover – hanno fatto sì che il Gabinetto del Dottor Caligari fosse, assieme a Metropolis, il primo classico moderno. Solamente una delle tante opere che il mondo occidentale deve alla Repubblica di Weimar. Su Il Gabinetto del Dottor Caligari sono stati scritti fiumi di inchiostro, e per un approfondimento mi sentirei di rimandarvi qui.
Ben 100 anni dopo, una band post rock estremamente affermata nel suo genere, ed estremamente tecnicamente capace, si è lanciata – impresa già abbondantemente tentata anche dai nostrani Marlene Kuntz – nel ri-musicare il film.
I Toundra, che già avevano svolto un grandioso lavoro con Vortex del 2018 e prontamente messi sotto contratto dalla Inside Out. A quanto pare inarrestabili e tecnicamente pregevoli, nonché ambiziosi, ci hanno regalato un’ora e venti di musica con Das Cabinet des Dr Caligari.
Laddove la colonna sonora originale indugiava in complessità oramai quasi del tutto dimenticate nella musica odierna, durante i titoli di testa i Toundra danno il la al film con un arpeggio di chitarra malinconico e riflessivo – ma perfettamente riconoscibile come proprio.
La particolarità di Das Cabinet des Dr. Caligari è che ciascun atto è descritto da una suite post metal dei nostri: in Akt I si odono ancora le sonorità epiche e maestose sperimentate in Vortex, ma, allo stesso tempo, assistiamo alla riproposizione del tema iniziale – andando a citare proprio Schonberg. Maggiormente comparabile, però, rispetto ai precedenti lavori dei Toundra, è l’influenza di un certo John Murphy: nell’insistenza della ripetizione della stessa frase musicale, che evoca i toni seppia della vecchia pellicola horror, il lavoro ha il suo compimento.
Il primo Atto, quello in cui viene presentata la città della fiera del dottor Caligari, è un nuotare angosciato in acque basse e torbide, nelle atmosfere claustrofobiche di Holstenwall – nei suoi strani club, nelle sue case senza porte e finestre. E Francis, che tiene sotto scacco il suo triste interlocutore, narrando una storia terribile. Nello sguardo folle del povero Cesare, capace di predire – forse – il futuro di chi a lui si rivolge. Nel tipico crescendo post rock, c’è, però, l’evoluzione verso il secondo atto, quello in cui vengono, per la prima volta, descritti gli omicidi compiuti dal misterioso serial killer. E la musica si fa più oscura, se possibile ancor più angosciante – ed è qui che si odono, per la prima volta, le influenze germaniche nella musica degli spagnoli Toundra. Echi di Klaus Schulze e dei Tangerine Dream tutti sono ben udibili in Akt V, ma anche dei passaggi meno complessi di un genio quale Stockhausen, che fu un vero e proprio fisico della musica; il che ci fa scivolare nella stessa atmosfera surreale e sognante che si respira in Meddle dei Pink Floyd, sebbene Das Cabinet des Dr. Caligari risulti di una maggior semplicità armonica rispetto a qualunque lavoro della band di Roger Waters.
In sostanza, Das Cabinet des Dr. Caligari è, ad ora, uno dei migliori lavori post rock mai prodotti in Europa: oserei dire superiore, per efficacia, anche ai lavori più sperimentali dei Mogwai e all’untitled dei Sigur Ròs. Rimane, però, una piccola pecca, la sensazione di non-finito, un tassello mancante: ed è presto detto. Rifacendosi a cotanta ispirazione avanguardistica, forse, data anche l’infinita fiducia che la Inside Out ha posto nel progetto, forse, di nuovo, i nostri avrebbero potuto osare di più.
Perché Das Cabinet des Dr. Caligari sarebbe potuto diventare, senza dubbio alcuno, il Lateralus del post rock: un album seminale, a cui tutte le future band e a cui la musica tutta avrebbero tentato di rifarsi.
Le vaghe suggestioni noise presenti in Akt III prendono qualcosina, un abstract, un soffio di vento, dai momenti felici di musica còlta che il ‘900 ha sperimentato, per poi, sempre, sfuggire in frasi musicali fortemente legate alla melodia ma che lasciano la sensazione di un lavoro ibrido, incompiuto, ambizioso ma non fino in fondo. La terribile fuga di Cesare, nell’atto quarto, viene forse descritta con troppo poco pathòs, con un arpeggio di chitarra fondamentale e una serie di strumenti (basso, spazzole e batteria, qualche nota di piano) che si raccordano piano: i Toundra, nel gestire il materiale fortemente espressionista – e, dunque, sebbene piuttosto chiaro, immaginifico e allegorico – di Wiene, si ritrovano evidentemente con qualcosa più grande delle loro potenzialità o della loro capacità descrittiva – o, più semplicemente, come ho già detto, della tenacia nell’osare.
Ma queste sono solo le opinioni di un critico musicale: perché, anche io, se lasciassi che sia la musica a parlare, Das Cabinet Des Dr. Caligari risulterebbe un lavoro geniale ai più, ed effettivamente si avvicina molto a tale definizione.
Forse, alla fine, siamo diventati tutti troppo pretenziosi.
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