Uncut Gems è un film del 2019 dei fratelli Safdie che vede Adam Sandler in un ruolo drammatico, per il quale ha ricevuto il premio al Miglior Attore al Boston Film Festival, nonchè svariate candidature ai Critics Choice Awards.
Un bel giorno, un tizio di Wuhan decise di farsi una zuppa di pipistrello. E, ora, in Europa – ma soprattutto in Italia – , a marzo 2020, ci ritroviamo sommersi di infetti di Coronavirus.
Ecco, la stessa tragedia della logica causa-effetto regna in Uncut Gems, ultimo film dei fratelli Josh e Benny Safdie, usciti per Netflix nel 2019 e che conta nient’latro che Martin Scorsese come produttore esecutivo.
Ed un gigantesco Adam Sandler, in un ruolo semi-drammatico, o comunque in un film non prettamente nonsense o ridanciano cui ci ha abituati, quanto più nel ruolo tragicomico quasi teatrale del suo Howard Ratner. Howard, Howie per gli amici, è un ricco e loquace gioielliere ebreo di New York: ha un’amante bellissima, Julia (Julia Fox), che lavora nella sua attività, ed una famiglia, composta dalla moglie Dinah ( Idina Menzel) e da una serie di marmocchi più o meno memorabili. È un’istituzione, nel distretto dei gioielli: tutti lo conoscono, compreso il famoso cestista Kevin Garnett – nel ruolo di se stesso, decisamente credibile – e molti vip si riforniscono da lui per gemme, diamanti, e – terminologia meno nota – opali. Sì, perché Howie ha acquistato una pietra grezza contenente opali per un totale di un migliaio di carati, stimandone il valore per un milione di dollari, da dei minatori ebrei etiopi.
Uncut Gems inizia proprio dall’estrazione della sacra roccia, che Howard, quando se la ritroverà fra le mani, descriverà, in tolkeniana maniera, “a Middle-Earth dwarves thing”.
In enormi buchi nel terreno, costellati di tunnel, uomini senza nome muoiono di setticemia; la sezione filmica, sorretta dalla colonna sonora composta da Oneohtrix Point Never, uno dei nomi di punta della musica sperimentale oggigiorno, trasforma poi il geologico tunnel in quello molto più bio e molto più ricco di vita del colon di Howard. Che, oltre che essere uno scommettitore incallito, miope, dotato di un’invadente personalità, è anche un po’ ipocondriaco.
Howard è tormentato dai debiti: in particolare, un suo parente, Arno, interpretato da un cattivissimo Eric Bogosian e accompagnato dal suo scagnozzo Phil (Keith Williams Richards), deve riscuotere un quantitativo gigantesco di denaro. Nel mentre, il buon Kevin, dotato di un particolare misticismo e istigato dallo scagnozzo Demany (Lakeith Stanfield), si innamora del minerale e si convince che ad esso sarà legata la sua fortuna. Infatti, lo prende in prestito per una notte – e, infatti, quella sera i Celtics vinceranno contro i Philadephia 76ers.
Il vagabondare sempre più confuso per le strade della grande mela diviene, poi, una fuga dai creditori, dai banchi dei pegni, dalle ire della moglie, dalle recite dei figli; dalla popstar The Weeknd, che pare essere piuttosto attratto da Julia e che Howard pensa bene di prendere a pugni in faccia.
Uncut Gems, dunque, ci narra la storia – delirante, caotica – di un Ulisse di Joyce moderno.
Una serie di eventi concatenati fra loro, un sasso troppo prezioso estratto dall’altra parte del mondo, che finisce fra mani troppo avare e troppo sporche di peccati: ludopatia, omicidio, superbia, parolacce, coprolalia, ed una certa tendenza al caos che caratterizza tutti – compresa la famiglia ebrea e ricchissima di Howard durante la Pesach.
E Uncut Gems narra tale storia attraverso lunghi dialoghi, inframezzati da incalcolabili “fuck”, dagli interminabili zoom sul volto emaciato di Adam Sandler e sulla sua barbetta scura, sull’infinita ripetizione di incredibili scuse per non pagare e su stranianti minacce di morte. Il caos che regna sovrano, assieme al black humour di un thriller che assomiglia di più ad una commedia oscura, è esattamente quello che permeava Fuori Orario proprio di Martin Scorsese – che, assieme alla serie tv Mad Men, sicuramente la più grande fonte d’influenza sulla riuscita di Uncut Gems. Aggiunge, però, rispetto al film di Scorsese, una certa lezione che noi italiani abbiamo impartito al cinema: le serie tv poliziesche e di crimine. Ecco. Perché, in Uncut Gems c’è tantissimo Romanzo Criminale, c’è tantissima Gomorra, c’è un sacco di Sicario di Sollima e c’è, per dirla alla romana, ‘n botto de Caligari. C’è quella naturalezza, la netta sensazione che gli attori stiano interpretando un pezzo della loro vita più che la pièce scritta da qualcun altro; c’è la sensazione documentarista e descrittiva che mancava nella serie Ocean’s di Soderberg, e che, appunto, si deve proprio alle serie tv italiane che ho citato poco fa.
Quanto di originale c’è, al fine, in Uncut Gems? Poco. Ed è probabilmente per questo che l’Academy ha completamente snobbato la miglior performance di sempre di Adam Sandler, che ci fa ridere, piangere, commuovere, incazzare, tutto insieme. Ci fa tifare per lui e ci fa sperare che la “svorta” non arrivi mai. Uncut Gems ha però il pregio di aver portato pezzi di vita vera e credibile di uno scommettitore incallito e amante della ricchezza – oltre che dei vip, certo, non di The Weeknd – sul grande/piccolo schermo di Netflix. E, sebbene si tratti di un film sostanzialmente piccino e, soprattutto, sostanzialmente americano, nel ritrarre i bruti Arno e i suoi scagnozzi, ci fa sorridere, un po’ spaventare, e, in fine, venire un po’ in mente Marco Giallini nei panni der Teribbile. Il merito lirico, però, di Uncut Gems, è quello di ritrarre, meglio di ogni altra operazione tentata finora, l’Ulisse di Joyce: senza i pasticciacci brutti di Federico Alotto del 2018, Howard cerca disperatemente la sua amata Penelope e fedifraga Julia in una marea di proci succhiasoldi. E a tale lirismo si ispira la quasi Glassiana soundtrack, volutamente invadente e volutamente malcalibrata sul dialogo, quasi a renderlo secondario rispetto all’enormità del suono imposto, di Point Never – che, quasi sci-fi, prettamente spaziale, trasporta su un piano trascendente e differente il narrato quasi terra terra della vita del nostro Ulisse moderno.
In definitiva, però, Uncut Gems lascia con l’amaro in bocca. Una sensazione di spreco. Un finale non soddisfacente. Come un viaggio, che dopo vent’anni di peregrinazioni, alla fine, in realtà, non ti ha portato da nessuna parte. Nonostante, coi titoli di coda, parta anche L’Amour Toujours di Gigi d’Agostino.
Leggi anche
- Intervista a Tamas Katai, Thy Catafalque: il nuovo album, il passato, l’autunno - Novembre 9, 2024
- Kamelot live al Kino Siska di Lubiana, 19 ottobre 2024: live report - Ottobre 20, 2024
- The Phantom Five, AWOLNATION: recensione - Settembre 24, 2024