Qualche mese fa è uscito il debutto letterario di Guido Saraceni, Fuoco è tutto ciò che siamo, per i tipi della Sperling & Kupfer
Guido Saraceni, o meglio il Prof. Guido Saraceni come è noto sul web, malcelando una punta di narcisismo, è una curiosa figura di influencer. In un momento storico in cui al cinema trionfa Chiara Ferragni e il libreria Giulia De Lellis, direte voi, è proprio necessario parlare ancora delle fatiche letterarie di un influencer? Chissà, forse sì, forse no.
La figura di Saraceni in ambito social, dicevamo, è curiosa. La sua non è una pagina satirica, anche se qualche intento – molto blando – fa capolino, a volte. Dal Professore si parla di politica, cronaca e attualità, per lo più. I concetti sono spesso di buon senso e condivisibili, la cifra non è certo quella di una grande originalità, tra citazioni e concetti non sempre di prima mano.
Forte del traino della pagina Facebook, non da record ma ben seguita, Saraceni ha tentato il colpo, esordendo con un romanzo dal titolo altisonante: Fuoco è tutto ciò che siamo
La struttura è piuttosto semplice, imperniata sulle due voci narranti di Davide Manfredi e Giulio Lisi. Il primo è uno studente fuori dagli schemi, o almeno così vorrebbe risultare, il secondo un professore di liceo che ricalca in tutto e per tutto la figura pubblica di Saraceni. Le vicende narrate dai due punti di vista finiranno per incrociarsi, a un dato punto, e ognuno dei due avrà qualcosa da imparare dall’altro.
A questo punto, direte voi, manca forse qualcosa: la storia
Ebbene sì, la storia latita del tutto. Nulla di male, intendiamoci, è già successo nella letteratura più alta e con grandissimi risultati. Il Giovane Holden, per dirne uno. Il problema è che condurre il lettore in nessun posto, ma farlo con tale grazia da non farlo sentire deluso, richiede un’abilità che probabilmente Saraceni, al debutto, non ha.
E così ecco narrata un’interminabile giornata dei due protagonisti. Davide, il diciassettenne, riserva forse le pagine più interessanti. Estremamente debitore a Salinger e al suo immortale Holden, di cui utilizza un linguaggio molto simile e adattato solo parzialmente agli adolescenti 2.0, Davide ha la peculiarità di vivere avulso dai social. Per scelta, col manicheismo di cui solo i giovanissimi sono capaci.
Davide mostra un paio di punti deboli. Vuole passare per giovanotto un po’ disadattato ma baciato dal genio, tuttavia suona in una band, va passabilmente d’accordo con la famiglia, ha una ragazza che lo ama e sfoggia una saggezza da novantenne. Inoltre, il linguaggio giovanilista che usa tradisce il gap di età con chi ne descrive le avventure. Manca un tantino di credibilità, in poche parole.
Il personaggio di Giulio è quello che affossa definitivamente il progetto. Saraceni fa di Lisi un alter ego fin troppo palese; il professore passa, sempre trafelato con stile, tra mille impegni, uno più meritorio dell’altro. Stalkerato da vicine di casa che ci provano e cugine che lo guardano con adorazione mentre dividono una pizza, ha sempre un occhio di riguardo per i suoi studenti, tanto da fare anche da conselour alle prime armi. Sempre però in modo misteriosamente infallibile. Anche quando tenta di risultare goffo, lo fa sempre con quella ruffiana piacioneria che lo fa sentire tanto uno di noi. Solo migliore.
La parte che ha per narratore Lisi si avvale di una scrittura davvero lacunosa, che vorrebbe essere Carofiglio ma finisce per assomigliare a un Fabio Volo senza trama.
Mentre cammino verso la classe faccio finta di niente, ma vi tengo d’occhio. Dentro di me, in basso, in un luogo profondo che ho paura di nascondere e difendere, lo so benissimo come stanno le cose: l’inconfessabile verità è che vi voglio un bene dell’anima. A tutti. Uno per uno. Siete parte essenziale della mia vita
In questa sovraccarica premessa sta tutta la presunta santità di Guido Lisi, per dirla con Dente. Un personaggio senza ombra e senza macchia, adorato sui social e da chiunque incontri sul suo percorso cosparso di petali di rose, eccezion fatta per la terribile preside dell’istituto, ottuso villain della saga.
Non è tutto da buttare, ovviamente. Per chi ne sa qualcosa la descrizione del mondo della scuola strappa qualche sorriso. Le infinite pastoie burocratiche, il mondo difficile dell’adolescenza e la frustrazione degli insegnanti offrono spunti di riflessione e le pagine migliori.
Concludendo, come romanzo d’esordio forse Saraceni ha puntato troppo in alto ma, limando gli eccessi di narcisismo e magari costruendo una storia più solida, le cose non potranno che migliorare.
Provaci ancora, Prof.!
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