È uscito proprio alla fine dell’estate Come la notte, il nuovo lavoro degli Wow, a testimonianza dell’attitudine crepuscolare e nostalgica della band romana.
Ridendo e scherzando, il progetto che fa capo a China Wow e Leo Non è giunto al quinto lavoro sulla lunga distanza, il terzo completamente cantato in italiano.
Ascoltando i primi album sembra quasi impossibile che si tratti della stessa band, sebbene già agli albori fosse presente quell’attitudine naif e incline alla nostalgia per atmosfere musicali anni ’60.
Come la notte è invece un passo avanti decisivo anche rispetto ad Amore, del 2014 e un po’ disco della svolta, e a Millanta Tamanta del 2016.
I tempi rallentano e si dilatano ancora, le ispirazioni vanno a pescare sempre nella canzone d’autore italiana dei favolosi sixties, e parliamo di nomi che fa quasi paura solo pronunciare, dall’intoccabile Mina a Patty Pravo e Milva, passando per gli arrangiamenti d’epoca di Ennio Morricone.
E proprio la Pantera di Goro, rispolverando delle vecchie dichiarazioni del gruppo, pare essere in parte responsabile di alcune scelte artistiche.
In Amore era presente una cover di Nessuno di Voi, bellissimo brano del canzoniere di Milva e fu la stessa cantante a contattare gli Wow, pregandoli di continuare a dare voce a chi amava quelle atmosfere musicali, oggi messe un po’ da parte. Ma una bella parte dell’ispirazione di Come la notte sembra provenire anche da oltreoceano, con dei pezzi all’insegna di un blues raffinato e sofferto, e dalla nuova ondata psichedelica (i Tame Impala, per dire) che contribuisce a dilatare i pezzi con lunghe parti strumentali.
Ma andiamo ad ascoltare questo nuovo lavoro.
La partenza mette subito in chiaro la cifra dell’intero lavoro: Come la notte è un vero e proprio blues, come in Italia non se ne registrano mai. Va detto, infatti, che nonostante spesso si ami farcire le recensioni parlando della musica del Diavolo, il nostro paese non ha mai vantato nessuna tradizione nel genere, a meno di voler considerare blues il pop scanzonato di Zucchero o una mosca bianca come Il tempo di morire di Battisti; questo al netto di bravissimi musicisti che si sono dedicati alle dodici battute, da Bambi Fossati a Roberto Ciotti, da Guido Toffoletti, Rudy Rotta, Tolo Marton e Fabio Treves, fino ai giorni nostri con Adriano Viterbini.
Come la notte è insomma un blues con tutti gli attributi: lentissimo, sofferto e con una prestazione di China Wow inebriante, che trasmette un fascino da dark lady a cui è difficile resistere. Lo stesso vale per Niente di speciale, anch’essa lentissima e retta da un arpeggio lievemente distorto, che cita Mina fin dall’ e se domani che la apre. Il ritornello è irresistibile: Non mi importa delle cose straordinarie/ Cerco niente di speciale/ Cerco spazi di disagio esistenziale/ Per tornare a immaginare/ Come essere normale/ Ritornare elementare.
In tempi in cui ognuno cerca di alzare più in su l’asticella nella speranza di stupire, suona quasi come una dichiarazione programmatica.
Anche perché gli Wow stupiscono, eccome. La voce di China, innanzitutto: poco educata, forse, ma senza paura di citare le grandi e con un fascino dark indubbio. I testi forse prestano il fianco a qualche critica, si ha l’impressione che qualcosa potesse ancora essere limato e perfezionato, ma tutto sommato sono dettagli. Dopo la coda strumentale di Niente di speciale, le atmosfere cambiano con Nina, pezzo leggermente più mosso che si basa su un giro di basso ipnotico e che azzecca una melodia catchy che potrebbe farne un ideale singolo.
Lo stesso dicasi per Morire per amore, forse il pezzo più affine al precedente Millanta Tamanta.
Occhi di serpente è il numero più smaccatamente psichedelico del lotto. Vieni un po’ qui e la splendida Domani tornano alle atmosfere iniziali, chiudendo l’album con grande classe. Domani in particolare è un pezzo che non si riesce a lasciare così facilmente; pare sempre di avere sulla punta della lingua una canzone a cui è palesemente ispirata, ed è qui l’essenza degli Wow. Sembra un po’ quando si vede casa propria nei sogni: tutto è familiare eppure tutto ha qualcosa di distorto e inquietante.
Così la musica degli Wow, sicuramente derivativa e citazionista di un periodo ben definito che, tuttavia, riesce a rendere attuale e nuovo.
Un vero peccato che una band del genere sia per ora destinata ai margini di tanto it pop più rumoroso ma certo meno ispirato.
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