Lamberto Sanfelice torna dietro la macchina da presa per raccontare Futura, un thriller musicale e familiare che parla della passione per la musica, dei sacrifici e di scelte sbagliate, ma anche di come la vita può tornare a riprendere quota dando una seconda possibilità.
Spesso, quando l’opera prima è ben realizzata, il secondo film di un regista tende ad attirare su di sé un gran quantitativo di aspettative che, a volte, vengono soddisfatte, altre invece no. Non amo, sinceramente, paragonare i lavori cinematografici, anche se questi vengono realizzati dalla stessa mente, perché cambiano le storie, cambiano i contesti, cambia anche lo status emotivo dello spettatore. Ci sono periodi in cui preferisco guardare drammi, altri in cui gradisco più le commedie. Per questo motivo è fondamentale estraniarsi e giudicare oggettivamente una pellicola.
Ecco, sarà perché ho amato tanto Cloro, l’opera prima di Lamberto Sanfelice, ma con Futura avevo tantissime aspettative, ma la cosa che sorprende più di tutti – e che capita raramente – è il fatto che queste aspettative sono state, in gran parte, realizzate, confermando quanto Sanfelice sia uno dei cineasti più attenti e talentosi del nostro cinema, capace di lavorare con e su più generi.
Distribuito da Adler Entertainment e prodotto da Indiana Production, MeMo Films, Lalavì Film in collaborazione con Rai Cinema e Rosebud Entertainment Pictures, Futura arriverà nelle sale cinematografiche dal prossimo 17 giugno. Noi abbiamo avuto il piacere di guardare i ’97 minuti della pellicola in anteprima dove siamo stati catapultati nella vita di un trombettista alla disperata ricerca di sé stesso e di una seconda possibilità che la vita, troppe volte, non ci concede.
Il protagonista di Futura è Louis Pierri (Niels Schneider), un tassista notturno ed ex trombettista jazz di enorme talento, carismatico e appassionato. Tuttavia, la vita lo ha allontanato dalla musica e dai suoi sogni, lasciandosi trasportare dagli eventi, senza mai incidere con profondità nelle sue scelte. Le relazioni umane che ha instaurato sono altalenanti e fredde, come il rapporto che non ha mai avuto con il padre, famoso sassofonista morto di overdose, e con la sua famiglia.
La distanza dagli affetti lo ha portato ad inseguire una vita notturna borderline, dovuta al persistente senso di inadeguatezza sociale e dalla consapevolezza di un’esistenza frustrata e inappagata, causata dal fatto che ha messo da parte il suo amore per il jazz e per la musica, in quanto è stato incapace di superare il confronto ed il senso di inferiorità con il padre.
Intorno a Louis gravitano diversi personaggi. Prima di tutto conosciamo Valentina (Matilde Gioli), moglie e madre di Anita (Aurora Onofri), una ragazzina adolescente innamorata della musica pop alle prese con la voglia di ritrovare un contatto con il padre, troppe volte sfuggente ed inaffettivo. Poi ci sono Lucya (Daniela Vega), trans cilena nonché compagna di spaccio di Louis, che vanta grandissime doti canore liriche, tanto che si esibisce in locali notturni sulle note della Madama Butterfly di Puccini.
Ma la vita è imprevedibile e, ad un certo punto, tende la mano a Louis. Ad aiutarlo è un vecchio amico e collega del padre, Niko (Stefano Di Battista), che gli propone di unirsi alla sua band per un grande concerto a cui non può rinunciare. Tuttavia, dal mondo criminale è facile entrarci ma non è facile uscirne e ben presto a Louis verrà presentato un conto molto salato dove a rimetterci sarà la sua famiglia.
Così come già era stato in Cloro, la prospettiva registica di Lamberto Sanfelice è davvero interessante. Apprezzo il fatto che prediligga l’uso della telecamera a mano, esaltando i primi piani degli attori ed enfatizzando ogni dettagli espressivo, dando la sensazione che ad un certo punto siamo immersi in eventi reali, quasi documentaristici, mettendo così da parte i droni che stanno prendendo il sopravvento nel cinema.
Quando si parla di espressività non possiamo non fare un plauso agli attori. Niels Schneider è perfetto nell’interpretare un artista consumato dalla vita, travolto dagli eventi e da scelte che lo hanno inghiottito; Daniela Vega è sensazionale nel manifestare tutto il suo talento teatrale; Matilde Gioli si conferma una delle attrici più talentuose che abbiamo sulla scena nazionale, capace di reggere le sequenze solo con uno sguardo (quanta strada ha fatto da Il Capitale Umano ad oggi); ed infine vorrei citare una giovanissima Aurora Onofri capace di bucare lo schermo nonostante sia alla prima esperienza.
Ma, principalmente, Futura è un film dove la musica non è uno degli elementi, ma è la protagonista, capace di reggere e vincere il dualismo con la criminalità. Non a caso nel cast sono presenti due dei più importanti esponenti del jazz internazionale: Stefano Di Battista ed Enrico Rava, che firmano anche le musiche originali del film insieme a Lorenzo Cosi e Giovanni Damiani.
L’occhio acuto di Sanfelice, il montaggio ritmato di Cristiano Travaglioli e Riccardo Cannella, la fotografia di Luca Bigazzi e la scenografia di Monica Sironi che raccontano una Milano a due facce, accompagnate dalle performance degli attori, ci regalano un film godibile, dove le immagini sono così forti ed esplicative da esaltare le sequenze narrative, scandendo la storia poco alla volta e gicando tra dramma familiare, musical e thriller.
Con Futura, possiamo dire, che il percorso di maturazione stilistica di Lamberto Sanfelice è ormai terminato, adesso è il tempo di renderlo partecipe a pieno regime del grande mondo del cinema italiano.
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