The Wheel of Time, seconda stagione: recensione

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In Wheel of Time, il drago è rinato (ma forse era meglio se saltava una generazione)

La seconda stagione di The Wheel of Time, trasposizione cinematografica della serie di romanzi dallo stesso nome a firma di Robert Jordan, ha debuttato su Prime video il 1 settembre 2023 ed è già stata rinnovata per una terza stagione.

La seconda stagione riprende da dove ci avevq lasciati la prima: Egwene (Madeleine Madden) e Nynaeve (Zoe Robins) si trovano nella Torre Bianca, nel (vano) tentativo di apprendere qualcosa riguardo l’essere Aes Sedai e sul saper controllare il One Power; Perrin è ancora in cerca del Corno che riporterà nel nostro mondo gli eroi del passato; Mat, che cambia faccia e prende quella di Donal Fìnn, buttato in gattabuia dalla cattivissima Liandrin Sedai (Kate Fleewood); e Rand (Josha Stradowski), che se la passa meglio di tutti, in quanto, pur vivendo nelle baracche appena al di fuori della capitale del regno – Cairhien – ha accanto a sé la compagnia di una splendida ed intelligente amante, Selene (Natasha O’Keeffe). Stesso non si può dire del povero Lan, il guardiano di Moraine (rispettivamente Rosamund Pike e Daniel Henney), che, ospiti di altre due Aes Sedai dell’Ajah marrone, cerca di scendere a patti col fatto che la sua prediletta sia stata schermata dal One Power, e, conseguentemente, ha rescisso il loro legame. Ma una nuova minaccia arriva da al di là del mare per i nostri amichetti e amichette dei Due Fiumi: una banda di cattivissimi odiatori delle Aes Sedai (gli ennesimi), i Seanchan, un potente impero decadente che cerca di riconquistare il continente su cui si svolgono gli eventi, e invade, per prima, la città di Falme. Il miglior luogotenente del Dark One, risvegliato nell’episodio finale della prima stagione, Ishamael (Fares Fares, già visto in La Cospirazione del Cairo), trova ben presto unione d’intenti con una luogotenente Seanchan, Lady Suroth. E, altri personaggi molto poco insospettabili.

Il concepimento di Wheel of Time nasce da vari tentativi falliti di emulare il successo del fantasy seriale per eccellenza: Game of Thrones.

Shannara chronicles è stata un orrendo esperimento così brutto da segnare il confine inferiore della barra della qualità, mentre GOT stessa risulta essere il confine superiore. The Wheel of Time si piazza da qualche parte nel mezzo, con ottime premesse ma realizzazione discutibile, soprattutto sotto alcuni specifici aspetti.

Innanzitutto, la sceneggiatura, scritta principalmente da Rafe Judkins, si affida molto spesso al “lo dimo” di Borisiana memoria. Per i meno avvezzi: quando non si ha il budget per inscenare uno specifico evento, lo si fa raccontare da qualcuno. Tale approccio è utilizzato soprattutto nel finale di stagione, episodio che avrebbe dovuto essere il migliore – ma che, così non è, e, anzi, risulta essere fra i più deboli. Infatti, la bellezza della storia di Wheel of Time è l’utilizzo di un punto di vista prettamente femminile in un mondo quasi-medioevale: come anche le donne sappiano essere mostruose, e, come, qualora avvelenate dal germe dell’immortalità come Liandrin, possano scatenare guerre. Liandrin e Selene, contrapposte eppure simili – l’una, spinta dall’amore per il SPOILER figlio, l’altra, mossa da un ancestrale, atavico ed impossibile amore per il Drago Rinato –  risultano essere i personaggi meglio scritti, anche se, probabilmente, il livello qualitativo delle loro incarnazioni è elevato anche per via delle ottime interpretazioni fornite dalle attrici. Così come la trasformazione di Moraine in sociopatica d’annata e benvestita è fiacca, e ricorda l’improvvisa follia di Danaerys Targeryen, la testarda stolidità di Nynaeve di fronte alle più grandi minacce è assolutamente incomprensibile ed irrealistica. Dunque, taluni personaggi di Wheel of Time seguono dei pattern credibili, quasi poetici, e possiedono dei punti di vista unici nel mondo delle serie tv; altri, invece, sembrano usciti da un teen drama per famiglie. E, fra costoro, azzarderei a buttare nel mucchio tutti i ragazzi dei Due Fiumi.

Anche la velleità suicida di Ishamael, affidata al “lo dimo” e, forse, appena abbozzata nei suoi tentativi di corrompere Mat, avrebbe potuto essere un ottimo espediente narrativo: aggiungere complessità ad un personaggio altrimenti cattivo per il gusto di essere cattivo – la cattiveria, forse, stanca l’anima; ma Ishamael non ce lo conferma, e noi possiamo solo immaginarlo.

The Wheel of Time, seconda stagione: recensione 3

Ordunque, la più grande pecca della seconda stagione di Wheel of Time è l’anticlimaticità: i personaggi blaterano continuamente fra di loro, ma non dicono nulla di strumentale alla costruzione della risoluzione finale, della trasformazione, del colpo di scena. Gli eventi sono prevedibili, ma nemmeno olezzano di fanservice: si tratta di un lavoro di malascrittura e malagestione dei tempi, che scade in cliché vecchi come l’intrattenimento – alla fine, i cinque dei Due Fiumi sconfiggono il cattivo col potere dell’amicizia – e non apporta nulla di nuovo. Contrariamente alla prima stagione, che aveva fatto, per l’appunto, del femminismo, nelle voci di Liandrin e Moraine, il suo vessillo.

Inoltre, l’assolutamente innecessario numero di sottotrame introdotte (spoiler ALERT) – la misteriosa guerriera salvata da Perrin, il non diventare lupo di Perrin, mercanti vari che cercano di vendere strani oggetti di cui non viene spiegata l’utilità, lo sfiorire dell’amore fra Suan, Amyrlin Seat, e Moraine, la barista amica di Mat che vede il futuro, il misterioso corno degli Eroi, il ragazzo dei Children of Light che però è buono ma non così buono, la bambina amica dei trollocs e amica di Ishamael – non aggiunge nulla se non un effetto pacchiano e ridondante anche per il pubblico più avvezzo al rococò delle serie tv moderne: fortunatamente, Prime ha pensato fosse una buona idea aggiungere una sorta di enciclopedia dei personaggi nella pagina della serie.

Di grande pregio, però, è il comparto costumi di The Wheel of Time. Gli abiti di Moraine, anche quelli che indossa a Cairhen, sono eccelsi e disegnati sul corpo della Pyke; il character design di Lady Suroth, e delle donne Seanchan in generale, è altrettanto ingegnoso nel lavoro di Sharon Gylham : gli imperiali sono delle mantidi dai lunghi artigli, dai colori terrosi, ma capaci di mimetizzarsi in foreste e deserti. La riprese della seconda stagione, al contrario della prima, si sono svolte fra Italia, Spagna e Marocco, e la scelta dei set è stata, forse, più infelice che nella prima. In casali abbandonati nella campagna della Basilicata avvengono strane visioni da parte di Perrin, senza che alcuna preparazione del set stesso sia stata svolta e l’arredamento appaia estremamente artefatto; gli stessi set vengono riutilizzati più volte – la Città fantasma della prima stagione viene svecchiata, ridipinta, e diviene Falme – assieme anche ai pezzi d’arredamento, come se tutto il budget disponibile per la serie fosse (giustamente) stato speso nei costumi, ma anche nelle tasche degli attori di spicco – la Pyke su tutti.

La regia, affidata a Thomas Napper e Sanaa Hamri, non risulta un valore aggiunto al bilancio netto, tecnicamente parlando, di Wheel of Time, e, spesso, nel caso della Hamri, indugia in close up assolutamente non necessari e ridondanti, donando l’effetto a room full of spoons di The Roomiana memoria. Gli spostamenti dei personaggi in luoghi chiusi, come la Torre Bianca, è difficile da seguire con interesse in quanto dà l’impressione di essere basata su veri e propri teletrasporti; non esistono scene di collegamento fra un pianerottolo ed un altro, un corridoio e il successivo, cosa in cui un altro classico interamente girato in un castello – e, su tutti, il terzo capitolo, che venne affidato alla regia di Alfonso Cuaròn –, la saga di Harry Potter, di certo non peccava.

Tornando all’immaginaria barra della qualità del fantasy, non si può parlare, purtroppo, di Wheel of Time senza parlare della sua controparte tolkeniana, Rings of Power. I problemi centrali sono gli stessi: scarsa scrittura, senza correzione di bozze, assenza di un panel di astanti e giudici crudeli che fornissero un po’ di tough love agli sceneggiatori immersi nel loro narcisisimo. Tante cadute di dilettanteria, soprattutto quando si hanno a disposizione attori come la Pyke e Fares, non possono essere perdonabili.

Ecco, Wheel of Time è di qualche tarangreal superiore a Shannara: e confido che il teen drama, dalla prossima stagione in poi, sia eliminato del tutto. Perché GOT ha cambiato le cose, e i ragazzini coi poteri magici non piacciono più a nessuno.

Giulia Della Pelle
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