E’ uscito oggi 20 Marzo alle ore 8, in esclusiva per Netflix, il nuovo e tanto atteso film Ultras che inaugura la carriera da regista di Francesco Lettieri. Ironia della sorte, mai periodo fu più azzeccato: costretti in casa e con tantissimo tempo da dedicare ai nostri hobby e soprattutto ai film.
Essendo fan di Liberato, guardare Ultras è stata la prima cosa che ho fatto. L’ho aspettato trepidante fin dal suo annuncio! La scena si apre con il festeggiamento del matrimonio di uno dei componenti del gruppo napoletano di ultras «Apache» e da qui è come se tutti i personaggi si presentassero da soli durante il film.
Il personaggio principale è quello di Alessandro (Aniello Arena), detto «Sandro» ma per il gruppo detto «O’ Moicano» intorno al quale si snodano le vicende del gruppo stesso di ultras e soprattutto quelle del giovane Angelo (Ciro Nacca) detto «Angioletto» per gli amici.
Sandro, alla soglia dei cinquant’anni è deciso a rifarsi una vita: incontra Terry (Antonia Truppo) e le cose sembrano andare bene fino a quando un dei suoi amori più grandi: il Napoli e quindi gli «Apache» non lo richiamano all’ordine, alla disciplina e alla dedizione che fino ad allora lo avevano contraddistinto. Sandro, infatti, è uno tra gli più anziani del gruppo e quindi dovrebbe guidare e formare le nuove leve, ma questo ruolo non gli si addice: è preso da altro e risse e baruffe allo stadio non gli interessano più, soprattutto dopo il daspo ricevuto.
Insomma, ha deciso di mettere la testa a posto ma più cerca di stare lontano da quel mondo violento che ha caratterizzato metà della sua vita e più ne sarà trascinato dentro da Angelo che, dopo aver perso il fratello «Sasà» proprio in un tafferuglio tra tifosi, decide di vendicarlo andando a Roma insieme al gruppo ultras. Sandro, nel corso della vicenda, diventerà come un padre per il sedicenne che vede negli «Apache» la famiglia che non ha mai avuto e cercherà, invano, di tirarlo fuori da un gioco violento più grande di lui.
Al netto, dopo averlo visto posso dire che sì, Ultras è un film carino, ma sono un po’ delusa sotto diversi aspetti.
Le vicende, soprattutto nella fase iniziale, si susseguono in modo poco ordinato, da dare, a tratti, l’impressione di perdere spesso il filo e di non capire quale sia il senso di tutto; il passaggio repentino da una scena all’altra lascia quasi l’amaro in bocca tipico del «e poi? Che succede?». Inoltre, l’uso delle canzoni di Liberato, tanto decantato sui social, non c’è stato; o meglio, ci sono stati giusto un paio d’accenni di «Tu t’è scurdat’ ‘e me» e della nuova «We come from Napoli» nel finale; quasi assente, se non del tutto, l’ultima nata «O core nun tene padron».
Sebbene Lettieri avesse affermato che fosse un film «con Liberato, ma non su Liberato», credo che per il tipo di promozione che è stato fatto, prettamente improntato proprio sul fenomeno musicale, lo spettatore si sarebbe aspettato qualcosa in più del cantante; insomma, Liberato usato come mezzo per lanciare il film e niente di più. Anche il finale mi ha lasciato l’amaro in bocca e sembra quasi riprendere il tema: «gioie violente hanno fine violente», potete quindi immaginare l’epilogo!
Non voglio, però, bocciare del tutto Ultras; ci sono anche aspetti che ho apprezzato ed uno di questi è stato proprio il mostrare la veracità dei napoletani, la «napoletanità» che li contraddistingue attraverso espressioni dialettali con le quali i personaggi si esprimono durante tutto il film e soprattutto il tema ricorrente di gruppo, d’appartenenza, di credo e fede profonda nei confronti della propria terra: un aspetto proprio del popolo napoletano, di cuore e carnale.
Insomma, Ultras è un film al quale da 1 a 10 darei un 7-, dalle poche pretese, perfetto da guardare in questo periodo e soprattutto non male come inizio.
Martina Rocchio
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