Cos’è quella sensazione di pesantezza e dolore che prende allo stomaco in giorni in cui si mescolano le notizie di guerra con quelle della quotidianità? Soni i giorni in cui la musica, i libri e i film sembrano non dirci più nulla, sembra tutto un orpello inutile ed insignificante.
I wonder to myself
Could life ever be sane again?
Bollettini dal fronte che si alternano con i comunicati stampa dei dischi in uscita, la corsa dei prezzi del carburante e le pubblicità di auto nuove, le sanzioni economiche e gli scaffali vuoti al supermercato. Non è facile parlare di musica e scriverne in periodi in cui tutto sembra perdere di senso. La mente torna agli anni ’80, precisamente aprile 1986, panico nelle strade per l’incidente di Černobyl e Morrissey e marr intenti a scrivere un nuovo disco degli Smiths “The World Won’t listen”.
L’episodio che portò alla genesi di Panic, uno dei brani più conosciuti della discografia della band mancuniana è noto ai più: Johnny Marr e Steven Patrick Morrissey stanno ascoltando Radio 1 della BBC.
Il DJ britannico Steve Wright parla dell’accaduto alla centrale nucleare e subito dopo la tragica notizia lancia una canzone: è “I’m Your Man” degli Wham!, un brano non troppo in linea con la drammaticità degli eventi annunciati.
La stessa sensazione dissonante che proviamo oggi, è quella che portò proprio Moz e Marr a comporre quel brano, ed è strano tornarci a quasi quarant’anni di distanza quando la stessa centrale nucleare è sotto attacco da parte dell’esercito russo. È incredibile tornare a pensare a quelle parole per una guerra d’aggressione in grado di scatenare un conflitto nucleare che potrebbe mettere in percolo non solo l’Europa ma il mondo intero.
Fanno male le notizie delle bombe e fanno male allo stesso modo le notizie che non parlano di guerra come se nulla fosse. Fa bene ascoltare musica, leggere, andare al cinema, uscire ma sembra anche tutto perdere di senso, di significato. Come scrivere, comporre, cantare e suonare mentre tutto attorno sembra cadere. Il panico nelle strade in questi giorni probabilmente è lo stesso se non maggiore del 1986 e noi entriamo ed usciamo in continuazione dal flusso incessante della realtà che mischia gioia e dolore, colori e scale di grigi, cercando di tenere sotto controllo la paura e l’angoscia con le cose del mondo che non sono la guerra. Cerchiamo il nostro posto in questa storia più grande di noi che però si compone di milioni di storie piccole come la nostra, spesso molto più tragiche della nostra, sapendo che un posto per noi non c’è, un posto dove non convivere con l’impotenza ed il senso di colpa non esiste. Per questo sì, continuiamo a camminare ma ogni tanto barcolliamo, e sentiamo più forte il peso di tutto quello che ci succede attorno, ma non c’è altra opzione se non andare avanti e continuare a scrivere di musica, di film, di libri perché alla fine sono queste le cose, come la canzone degli Smiths, Panic, che parlano di noi e che anche a distanza di anni racconteranno quello che siamo stati e che saremo.
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