In tempi in cui si sminuisce e si minimizza al sacrificio compiuto da tante italiane e italiani per fare libero il nostro paese e dotarlo di quella costituzione democratica che ci accompagna dal 1948, la figura di Teresa Talotta in Gullace, donna di Calabria, della Piana di Gioia Taura, diventa simbolo del riscatto di un popolo che nessuno potrà mai soffocare.
Teresa è anche l’emblema immortale del sacrificio di migliaia di donne italiane morte per difendere le loro famiglie dalle ingiustizie e dai soprusi nazifascisti, donne che spesso vengono dimenticate e che le scuole non fanno più conoscere ai propri alunni. Eppure la settima arte spesso si è sostituita ai libri di testo come dimostra Roma città aperta e la strepitosa interpretazione di Anna Magnani che ne ha restituito un decoroso ritratto di Teresa Talotta.
La corsa disperata di Pina con le braccia al cielo per raggiungere il compagno Francesco è impressa nella mente di tutti quelli che hanno avuto il privilegio di godere del primo capitolo della trilogia di film di Rossellini che mostrano l’impatto della seconda guerra mondiale sulla popolazione italiana.
Era febbraio 1944 quando a Roma, una città allo stremo del conflitto, inizia a reagire alla prepotenza dei tedeschi. Il comando germanico risponde con barbari rastrellamenti alle incursioni dei partigiani gappisti. Azioni che termineranno di lì a poco nell’attentato di via Rasella. Il 3 marzo di quell’anno Girolamo Gullace, marito di Teresa Talotta, viene arrestato e condotto alla caserma dell’81a Fanteria in viale Giulio Cesare nel quartiere Prati della Capitale.
Aggrappato alle grate di una finestra, Teresa lo nota e tenta di avvicinarlo per consegnargli due panini che aveva preparato. La donna è al settimo mese di gravidanza del suo sesto figlio e non può certo immaginare la reazione spropositata e scomposta del soldato tedesco che impugna l’arma e spara. Viene freddata, così, davanti gli occhi increduli di suo figlio Umberto.
“Fu un attimo – racconterà in seguito Laura Lombardo Radice, partigiana, politica e pacifista italiana, moglie di Pietro Ingrao – udimmo un alt e uno sparo e lei cadde lì, davanti a noi”. Alcune donne che erano lì improvvisarono una sorta di protesta pacifica, ricoprendo di fiori la zona in cui cadde inerme il corpo di Teresa. Lì, sulla strada, vennero poste mimose, quelle stesse mimose che poi diventeranno simbolo della giornata internazionale delle donne.
La tragedia di Teresa diverrà immortale grazie alla preziosa interpretazione di Anna Magnani che la farà vivere, per sempre, nel capolavoro rossilliano Roma città aperta. È in quella scena in cui Pina corre dietro alla camionetta tedesca, per andare incontro al promesso sposo Francesco, dove si udisce lo sparo dal fucile del soldato, che si fa la storia del cinema.
Urla, impreca, sbraccia: una corsa così folle, ingenua, disperata, ma talmente coraggiosa da far venire i brividi. Un gesto di ribellione inimmaginabile che cinematograficamente ne rende la pienezza simbolica della forza di una donna, facendo diventare Teresa Talotta uno dei simboli della Resistenza italiana e della lotta partigiana, dove l’audacia non si misurava solamente in chi combatteva, ma anche attraverso chi ha tirato fuori un carattere franco, generoso e dignitoso.
Anche la figura di don Giuseppe Morosini, interpretato da Aldo Fabrizi, un sostenitore dei partigiani, colui che prende in braccio Pina nella scena finale, regalandoci cinematograficamente la “Pietà” vaticana, è ispirata a un personaggio reale. Rossellini decide di raccontare non solo la storia di Teresa, ma anche quella di don Pietro Pappagallo, trucidato alle Fosse Ardeatine dai nazifascisti il 24 marzo 1944 per il suo impegno antifascista.
Il prete di Roma città aperta è stato arrestato dalla Gestapo e, come don Pietro, ucciso in maniera barbara e vile dai tedeschi. Nel film, don Giuseppe è una figura caritatevole, un miscuglio perfetto tra virtù eroiche e misericordiose, a dimostrazione di come la Chiesa fosse vicina ai partigiani e agli ebrei durante tutto il conflitto.
Roma città aperta è il cinema verità, è l’arte che mette in scena la vita reale.
Roma città aperta è stata girata negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale utilizzando pellicole acquistate nel mercato nero. Un’opera che ha portato all’inizio del neorealismo italiano e al rinascimento postbellico del cinema europeo. Federico Fellini ha lavorato alla sceneggiatura insieme a Rossellini e Sergio Amidei, regalando un film ricolmo di dettagli realistici della vita quotidiana, segnato da un’estetica ruvida che ne racconta in modo catartico le brutalità della guerra.
Teresa Talotta è un personaggio di una storia drammaticamente tutta italiana, mai così tragica nella sua esistenza, mai così barbaramente vera nella sua finzione cinematografica. E mentre oggi la memoria storica è sempre più difficile da riaffermare e coltivare, dobbiamo a Rossellini il merito di aver consegnato una delle testimonianze più potenti di lotta all’oblio.
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