Vittorio Cosma, DeProducers: intervista

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Abbiamo incontrato Vittorio Cosma per una lunga intervista, figura inscindibile dal panorama musicale italiano (con collaborazioni che contano gli Elio e le Storie Tese, Roberto Vecchioni, De Andrè, Pino Daniele) e attualmente impegnato sul fronte dei Gizmodrome, supergruppo con Stuart Copeland dei Police, e su quello dei Deproducers, quartetto di produttori che propone originalissimi viaggi musicali all’interno di temi scientifici. Divulgazione ed arte si fondono meravigliosamente in DNA, ultimo lavoro dei Deproducers.

Vittorio Cosma, benvenuto sulla nostra rivista! Parliamo di DNA dei Deproducers, lavoro che ho apprezzato moltissimo in quanto sono una ricercatrice. Posso chiedere in particolare Serendipity a cosa fosse stato dedicato?

Mmh, alla vera e propria serendipità. La vita è, come dice John Lennon, quello che ti accade mentre sei impegnato a fare altro. Il processo seguito è stato che io ho scritto una decina di temi, elaborati poi assieme ad uno scienziato, mi è piaciuto molto istituzionalizzare la serendipità. Fra i temi c’erano ovviamente Caso e Necessità, la struttura di una cellula, il cancro, il calendario di Sagan, e così via. Appendiamo questi argomento sul muro dello studio, e poi suoniamo liberamente ispirandoci a ciò: usiamo, appunto, la serendipità – ci sono delle lucine sonore, cling, clang, campanelle, perfette. Suonando, ci rendiamo conto di quale brano possa essere perfetto per un certo argomento. Perfezioniamo poi il pezzo ma le cose accadono in modo naturale.

vittorio cosma intervista
Com’era la Terra Primordiale? L’artista Richard Bizley dà così la sua risposta. Fonte: https://io9.gizmodo.com/this-is-how-the-primordial-earth-looked-right-after-t-5974695

Perchè avete scelto l’abiogenesi e non la panspermia?

Ragiono molto da pubblico. Mi pongo davanti a questi argomenti così enormi, come astrofisica, genetica e botanica. Si tratta di tematiche sempre on the road e facciamo sempre concerti di tutte le discipline. Ponendosi dunque come uomo curioso, credo che l’abiogenesi sia un punto pivotale dell’evoluzione umana, come mi ha confermato anche Telmo Pievani. Dopo il Big Bang, è il secondo grande misterio della scienza: come è nato il DNA, autoreplicantesi, dal fuoco, dalla roccia, dai fulmini? E’ un problema a monte della panspermia, più complicato; dov’è nato, dunque, per la prima volta? Gli elementi ci sono tutti, ma è stato necessario ci fossero stati tutti assieme. La Terra ha avuto miliardi di anni di tempo per quella casualità, per l’attivazione del brodo primordiale.

Giorgio Gaber diceva:

Vorrei essere libero, libero come un uomo. Come l’uomo più evoluto che si innalza con la propria intelligenza e che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza.


Siamo nell’epoca in cui i No – Vax fanno più rumore degli scienziati, il vostro atto può risuonare come rivoluzionario e impopolare… Avete colto quest’occasione per parlare di scienza in modo fruibile?

No, abbiamo seguito il nostro indipendente pensiero. Non bisogna, credo, seguire quello che dicono tutti, al di là del momento politico; il nostro pensiero, coadiuvato da rigore e dati scientifici, è bello e funzionale perchè onesto intellettualmente. Poi, durante lo spettacolo, cerchiamo di adottare un linguaggio, tramite lo scienziato e le proiezioni, cerchiamo di renderlo fruibile. Musicalmente, artisticamente, e come scrittura, invece, cerchiamo di essere liberi da vincoli – canzone, opera, teatro – cerchiamo solo ciò che è più efficace per provocare una reazione in noi, emozionarci, e nel pubblico.

Quindi, vi hanno mai additato come rivoluzionari?

Comunque, rivoluzionari forse no, ma crediamo che ad una certa età riuscire a dire qualcosa di più che sensato che vada al di là di “che figata la musica l’amore” diviene un obbligo morale, vista l’assenza anche di movimenti poltiici in tal senso. Facciamo ricerca e divulgazione seria. Ci rendiamo poi conto che c’è sempre uno sfondo altamente politico in quello che facciamo, come il concetto di diversità naturale o l’errore, la mutazione, che è chiave per l’evoluzione. Non è un pensiero di qualche rivoluzionari di sinistra, ma è della scienza. Cerchiamo dunque di essere al difuori di determinati temi: mostriamo come, nel mondo concreto, certi concetti esistano già. E questo fa molto effetto alle persone. E ce ne accorgiamo! Dagli ottanta ai dieci anni ci fanno domande.

Insomma, unite la bella musica all’aspetto didattico.

Beh, con un po’ d’onestà, direi che il nostro quartetto fa dell’ottima musica. Funzianiamo benissimo. In più, oltre a vedere un bel concerto, il pubblico esce e comprende il concetto di abiogenesi, di serendipità: insomma, perchè la ricerca scientifica è indispensabile. In un’epoca di utilitarismo, bisogna perseguire la Ricerca in quanto tale, come mezzo d’evoluzione per la razza umana – oltre al riscontro pratico. E’ quindi una formula molto efficace: ci mettiamo subito d’accordo, anche perchè si tratta di dati scientifici incontrovertibili. Sui contenuti non litighiamo mai.

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Cariotipo umano, ovvero tutti i cromosomi (i pacchettini di DNA) presenti in una cellula di un individuo di sesso maschile.

Da scienziata, mi fa immensamente piacere sentire questo. Pensi che l’attuale sistema di genome editing (che ha rivoluzionato il mondo medico e biotecnologico, anche se già evolutosi in prime editing), CRISPR-cas9, è totalmente casuale. Lo scienziato che individuò per la prima volta le sequenze CRISPR, uno spagnolo, Mojica (qui una bella intervista), dovette aspettare sei anni per avere il credito dagli altri biologici molecolari che lavoravano sui genomi batterici. E’ fantastico che voi abbiate poi deciso di devolvere il ricavato all’AIRC. Crede che siamo un popolo ancora in grado di provare empatia e comprensione?

Assolutamente sì! Lo vedo proprio. Credo che ci sia una forte esigenza (magari mascherata a livello esteriore, nella comunicazione veloce dei social) di contenuti e solidarietà. Non per forza l’opera omnia di Majakovwski, ma che possa far sentire utile il singolo, donando quei 5€; che si possano salvare le piante – protagoniste di Botanica, macchine che producono ossigeno, depurano, e le scorie che producono sono altamente nutrienti, e non c’è bisogno di costruirle – e la cecità riguardo le piante è la Plant Blindness,c oem la chiama Mancuso. Crediamo e vediamo che la gente ha un enorme bisogno di queste verità ineluttabili, che scaldino anche un po’ il cuore: cerchiamo di arricchire un po’ le vite dei nostri ascoltatori, anche culturalmente.

C’è molto ottimismo in questo.

Non è ottimismo idealizzato, ma credo che la nostra formula funzioni. Abbiamo già pensato ad altri capitoli, perchè questo metodo di composizione e questo serbatoio di idee è divertentissimo: non vorrei mai essere nei panni del cantautore che parla per un’ora di una relazione X, della solita retorica morale del cadere e rialzarsi, che noi, come Deproducers, abbiamo decisamente scalzato. Vogliamo parlare di robotica, geografia delle migrazioni, delle risorse, del nostro pianeta quale meraviglioso unico posto che supporta la vita. La lista è infinita, ma ovviamente serve uno sponsor che eticamente ci possa supportare, che sia AIRC, Aboca in Botanica: serve la serendipità anche nella burocrazia.

Lei è uno che ha sempre avuto le mani in pasta nel prog. Del resto ha fondato un supergruppo con Copeland, Belew e King, Gizmodrome. Com’è stato confrontarsi con questi mostri sacri? Crede che questo genere abbia ancora un futuro in italia? Il nome deriva dal mostriciattolo di Gremlins?

No, no! Dalla parola inglese Gizmo, che è intraducibile…significa, più o meno, “qualcosa di fatto a posta”: un oggetto che non si sa a cosa possa servire, ma che ha la sua utilità. Però Gizmo era già preso, e abbiamo virato su Gizmodrome quando abbiamo dovuto pubblicare il disco. Il nostro gruppo era di creativi che non aveva una direzione precisa, volevamo solo riunirci a fare musica senza committenza.

Immagino che la earMUSIC, l’etichetta presso la quale Gizmodrome è sotto contratto, sia stata più che felice!

Ovviamente, non gli abbiamo mica proposto un progetto senza nè capo nè coda! Sono stati felicissimi, così come il pubblico del tour mondiale in Giappone e Germania. Stiamo mixando il disco live, e la earMUSIC ci ha fatto un ottimo contratto e dato totale libertà espressiva.

E come potreste definire il vostro genere ibrido?

Art, punk, prog! Ognuno ha portato il suo genere. Io sono un po’ il collante, un po’ un intruso, Copeland suona e scrive in modo molto peculiare, Belew è un genio della chitarra, Mark è un grandissimo session-man. Io ho un background nelle colonne sonore, nel soundscape, ho unito queste anime. Live i Gizmodrome sono una gran figata: dei mostri sacri che interagiscono sul palco.. è una dimensione magica.

Lei ha le mani in pasta nel prog italiano da sempre, come produttore degli Elio e le storie tese e molti altri lavori. Come lo vede attualmente?

Uhm, devo dire bene. si sta infilando nel jazz, come i Nu Guinea. Intenderei ora che “prog” debba significare soltanto “maggiore libertà”. Non si devono fare solo canzoni, nel senso classico del termine, e continuano a dimostrarlo la PFM, il Banco, gli Area. Tante realtà grandi e piccole che continuano a suonare.

Quindi, non solo i tempi dispari, le middle section, le dissonanze, i contrappunti, e così via.

Anche. Anche i tecnicismi, non solo i 4/4, le strofe ed i ritornelli: un po’ di complessità non può che far bene alla musica. Però ci vuole anche intelligenza per non essere un esercizio tecnico, e tale libertà deve essere affrontata magari da persone che hanno un bagaglio meno tecnico, anche se ci vuole sempre un artigianato di base, per mantenere la creatività alta: è quest’ultima più importante, più dell’eccezionalità nell’esecuzione. Questo vale anche per i Deproducers.

vittorio cosma intervista

La sua carriera discografica e professionale è ricca di opere degne di nota e rilievo ma mi soffermerei un attimo sul suo ruolo di direttore d’orchestra nella kermesse nazional popolare più attesa da un intero popolo. Siamo in fase di ascolto e selezione dei brani partecipanti alla Settantesima edizione, non avete mai pensato – voi Deproducers- di sfruttare un palco così mainstream per portare un messaggio sociale così importante con un singolo sanremese? Lei le dinamiche sanremesi le conosce molto bene del resto.

Non l’abbiamo fatto perchè non ci siamo riusciti. Ovviamente non possiamo andare in concorso, ma presentare un brano sì, e ci riproveremo. Dubito che la gestione Amadeus possa accettarlo…

Ma Baglioni ha aperto all’indie.

Forse lui sì, ed è stato già un grande passo.

Cosa c’è ora, nel futuro di Vittorio Cosma?

Beh, il disco live dei Gizmodrome.. e stiamo mixando qualcosina. Con i Deproduces stiamo preparando tre speciali su SkyArte facendo dei viaggi in luoghi rappresentativi che usciranno nel 2020, e c’è una colonna sonora solo immagini e musica (di cui non posso ancora parlarne!) ma sarà un Koyanisqaatsi italiano. Una bellissima prova per me, che adoro Philip Glass. Continuo inoltre a fare produzione discografica ed ho una mia casa di produzione di sigle e pubblicità.

Grazie Vittorio, è stato un viaggio interessantissimo! In bocca al lupo per tutti questi progetti futuri!

Grazie a te e crepi il lupo!

Fabiana Criscuolo e Giulia Della Pelle

Giulia Della Pelle
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5 commenti su “Vittorio Cosma, DeProducers: intervista”

  1. Complimenti a Fabiana e Giulia per il bell’articolo e per l’intervista! Di mio posso solo dire viva la musica che ha anima e cervello!

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