Dopo Barcellona, Bruxelles, Milano e Torino, la mostra “Claude Monet: The Immersive Experience” si offre al visitatore di Napoli e dintorni per regalare sensazioni come solo la realtà virtuale sa fare.
L’arte ha un effetto magnetico sull’uomo. Anche quando non si hanno nozioni particolarmente rilevanti in materia, ci si sente inspiegabilmente attratti da ciò che si vede. Per secoli, però, il solo modo di fruire dell’opera d’arte fu di perdersi nei corridoi di qualche museo, sostando, di volta in volta, di fronte alla tela, la statua, l’oggetto dalla forma contorta.
Oggi molto è cambiato e un museo non può più dirsi competitivo se non si tiene al passo coi tempi, il che vuol dire non solo rendere accattivante l’allestimento, ma renderlo interattivo. Il visitatore non lo dice, ma ha bisogno di fare propria l’opera d’arte, dialogarci e trattarla come un’amica che, dopo una lunga corrispondenza a distanza, finalmente s’incontra per la prima volta.
Ecco in suo soccorso le più recenti conquiste in campo tecnologico. Ne è un esempio la mostra “Claude Monet: The Immersive Experience”, ospitata fino al 20 ottobre all’interno della chiesa di San Potito a Napoli. Oltre 300 dipinti animano un tipo di esposizione, che, questo è sicuro, diventerà sempre più popolare in futuro.
Si entra dall’ingresso della chiesa e subito ci si ritrova in una sala che, con due ponti ai lati ricoperti di rampicanti e di fiori finti, vuole introdurre il visitatore nel paesaggio de “Il ponte giapponese” di Monet e, allo stesso tempo, instradarlo su un percorso che lo condurrà a scoprire l’interesse del pittore per la natura, sua fedelissima musa.
In questa sala non solo potrà salire su quei ponti scricchiolanti replicando forse gli stessi gesti che compì Monet prima di sedersi di fronte al cavalletto con la sua tavolozza, ma ne rivivrà l’atmosfera se, socchiudendo gli occhi per un attimo, si lascerà cullare dal mormorio delle acque e dal cinguettio degli uccelli che, con discrezione, risuonano in ogni angolo della sala.
Proseguendo si troverà nello spazio centrale della mostra, che occupa buona parte della navata centrale. Tutto è pensato per offrire un’esperienza il più confortevole possibile. Lungo il perimetro sono dislocati sgabelli, panchine e sdraio per ammirare, sui quattro lati della sala, immagini e citazioni che costituiscono il discorso narrativo intorno alla vita e alla produzione di Monet.
Si parte da Giverny, il placido rifugio che il maestro si era scelto per le sue divagazioni artistiche, per seguirlo in giro per l’Europa, in un perenne peregrinare che lo porterà a immortalare paesaggi che, di per sé, non hanno niente di eccezionale, in quanto scelti tra i più comuni su cui si possa posare l’occhio umano, ma lo diventano, grazie alla particolare prospettiva del pittore. Anche qui il tutto è arricchito da suoni, voci fuori campo e immagini che si animano e si dissolvono, lasciando lo spettatore – perché, è il caso di dirlo, in mostre di questo genere non si è più visitatori, ma spettatori – letteralmente a bocca aperta.
È nell’ultima sala, però, che vi attende la sorpresa più strabiliante. Dopo essere passato vicino ad alcune riproduzioni dei suoi più celebri dipinti, il visitatore potrà provare l’apice di questa esperienza immersiva, noleggiando, alla modica cifra di 2€, una visiera, garantita da accessori monouso, grazie alla quale sarà possibile entrare in un mondo in realtà virtuale che ha al centro di tutto le più belle tele di Monet.
“Perdersi in un dipinto”, vi sarà certo capitato di dirlo o perlomeno pensarlo. Ebbene, con questo sistema non dovrete più chiedere grossi sacrifici alla vostra immaginazione, basterà dondolarsi come bambini sugli sgabelli girevoli dell’apposita sala e scrutare a destra e a manca quel mondo di fine Ottocento in cui sarete calati. E se il viaggio nella vostra infanzia non dovesse interrompersi così bruscamente nel momento in cui l’addetta vi rimuoverà la visiera al termine dei dieci minuti, non temete, l’ultimo spazio, dedicato ai disegni dei bambini, renderà meno traumatico il ritorno ai nostri giorni e al mondo reale.
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