Spider-Man: La Storia della Mia Vita è un volume imperniato sulla crescita – come se fosse il nostro mondo – di Peter Parker, qualora egli si fosse ritrovato ad essere Spider-Man all’epoca della sua creazione, ossia a fine anni ’60. Nasce, per Marvel, dalla penna di Chip Zdkarsky e Mark Bagley.
Spider-man è il personaggio più famoso di casa Marvel. Anche ora, che i film hanno fatto conoscere al grande pubblico una serie quasi infinita di altri supereroi, colui che porta il motto “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, per me, e per una moltitudine di miei coetanei, è stato l’EROE per eccellenza: abbiamo iniziato a “leggere” guardando le figure de l’Uomo Ragno (e Topolino, ovviamente). Beh, anche i grandi amori, col sopraggiungere dell’età adulta, si giunge a comprendere che finiscono – ho smesso di leggerlo da tre anni e da più di dieci ha smesso di appassionarmene, precisamente dalla fine del ciclo di J. Michael Straczynski. Ho letto tutto il materiale del ragno dal suo lancio fino a poco prima della fine della run di Dan Slott: posto in chiaro che Slott sia un ottimo scrittore e – per citare, solo una sua opera, il suo Arkham Asylum L’Inferno sulla Terra è davvero riuscito a colpirmi in positivo – ma la sua decennale gestione del tessiragnatele ha, sì provato a metterlo in tante interessanti nuove situazioni a lui lontane fino a quel momento (come la sostituzione con il Dottor Octopus, l’introduzione di un eroe spalla o tutti i cittadini di New York che si trasformano in Spider-man!), ma ha anche allontanato il personaggio dal suo spirito originale facendolo diventare praticamente un Iron Man meno ricco (testata sulla quale effettivamente Slott è successivamente approdato).
E’ senza troppe pretese che mi sono avvicinato a questo bel volume la cui sinossi recita:
Una storia struggente ed emozionante che ci ricorda perchè Spider-man non verrà mai dimenticato.
Colpito dalla potenza dell’abilità comunicativa dell’autore dello slogan, ho deciso di buttare il cuore oltre l’ostacolo e dare una possibilità a Spider-Man: la Storia della Mia Vita.
Gli autori del volume sono gli artisti Chip Zdarsky (pseudonimo di Steve Murray, e autore, contemporaneamente, di Peter Parker: The Spectacular Spider-Man) e Mark Bagley; il primo, oltre ad aver vinto diversi Eisner Award e Harvey Award, quando non usa lo pseudonimo fa il giornalista ed è arrivato al mondo del fumetto disegnando tra Sex Criminals per l’Image, ma è stato con la sceneggiatura che ha ottenuto i lavori più duraturi che lo hanno portato a scrivere questo progetto; il secondo, invece, ha creato graficamente i Thunderbolts oltre ad essere uno dei nomi più legati al tessiragnatele dagli anni ’90 in poi, avendo per lungo tempo disegnato prima la serie regolare e poi avendone creato la versione Ultimate insieme alla penna di Brian Michael Bendis.
L’idea alla base della narrazione è molto semplice, praticamente un What If?, una linea editoriale Marvel in cui agli autori viene concessa la facoltà di riscrivere in un numero unico e fuori serie un avvenimento importante ma stravolgendolo.
Spider-man, da quando è apparso per la prima volta sulle pagine di Amazing Fantasy 15 ad opera di Stan Lee alle penne e Steve Ditko alle matite, ha sempre avuto un filo diretto con l’attualità affrontando i problemi che affliggevano gli adolescenti di tutto l’occidente, sia a livello famigliare, per esempio aiutando le finanze casalinghe, sia esponendosi su quanto succedeva nel mondo come per la guerra in Vietnam. Soprattutto, inizialmente, gestendo tutto questo insieme alla doppia vita trovando anche il tempo per crescere conoscendo nuovi amici innamorandosi e diplomandosi. Ora, ovvero con gli ultimi rilanci della testata, la sua crescita si è oramai arrestata: Peter torna, grosso modo, quello che ci aveva lasciato Stan Lee, tralasciando, dunque, ovviamente, il doppio filo che legava il personaggio di Spider-Man all’attualità occidentale. Di per sé, non si tratterebbe di nulla di sgradevole o inusuale, nel mondo fumettistico: l’invecchiamento di tutti i personaggi fittizi è molto rallentato; abbiamo, per citare un altro esempio, visto nel corso del tempo ben sei attori interpretare James Bond per non farlo mai invecchiare. Dunque, il fatto che gli eroi Marvel siano invecchiati più o meno solo di dieci anni dal 1962 non suona granché strano.
Su questa apparente contraddizione si impernia Spider-Man: la storia della mia vita, cui Peter Parker è il fulcro, in cui tutto l’universo Marvel invecchia normalmente proprio dalla sua nascita e quindi ogni capitolo, che affronta un decennio differente, vede invecchiare i vari protagonisti di dieci anni – inclusi tutti gli oneri che l’età comporta.
Spider-Man: La Storia Della Mia Vita non si apre con la classica presentazione del secchione vessato dalla vita che dopo esser stato morso da un ragno radiattivo ed aver perso lo zio, incolpandosene per propria negligenza decide di girare tra i grattacieli di New York per proteggere gli innocenti – no, niente affatto. In fin dei conti, tra film o classici fumetti, chiunque conosce a grandi linee le origini di Testa di Tela: al ragno radioattivo mutante e allo zio vengono concesse solamente una vignetta cadauno nella prima pagina. La narrazione, peraltro, non inizia nel ’62, all’alba della vita da supereroe di Peter, ma nel ’66, nel pieno delle contestazioni contro la guerra in Vietnam e con in vista i movimenti del ’68, mostrando un Peter in bilico tra usare i suoi poteri nel conflitto per terminare la guerra o rimanerne fuori – conscio dei rischi che invece tutti i ragazzi suoi coetanei affrontano partendo; è un Parker molto provato da tale dilemma interiore tanto che, per stress, arriva a discutere immotivatamente con un amico che, alla domanda sul perché abbia deciso di arruolarsi risponde:
E’ quel che farebbe Spider-man
Da tale evento, Peter resta molto scosso e colto sul vivo. Bagley, dunque, svolge un ottimo lavoro in tutto il volume ma questa vignetta avrebbe dovuto essere stata grande come tutta la pagina (anche due): impossibile non empatizzare con Spider-Man, incastrato com’è, in Spider-Man: La Storia Della Mia Vita, in una situazione profondamente umana e complessa.
La storia prosegue subito senza attimi di stanca, e l’evitare spoiler è doveroso: mi limiterò solo a dire ai vari appassionati del Ragnetto che tutti i momenti più iconici vengono rivistati, alle volte, senza eccessivi cambiamenti, mentre altre con solo pochi punti in comune; ma, in ogni caso, ogni fatto raccontato ha la sua dignità e viene scritto con un gusto attuale magari togliendo epicità ad alcune scene o personaggi ma toccando sempre le corde dei sentimenti nel modo giusto, mentre ai neofiti va consigliato questo volume non solo perchè un ensemble di avvenimenti di Spidey ma soprattutto perchè carico di emozioni che vanno ben oltre le tutine colorate con personaggi perfettamente inquadrati che giganteggiano, anche solo con poche pagine a loro disposizione,
Stesse ragioni per le quali Spider-Man: la storia della mia vita andrebbe consigliato a chiunque non conosca il personaggio, o, addirittura, ami affatto i superereoi.
Crescendo, invecchiando come l’Uomo Ragno di Spider-Man: La Storia Della Mia Vita, ci si sente sopraffatti dalle emozioni trasmesse dal volume di Bagley e Zdarsky: intendiamoci di fumetti migliori ne esistono – non siamo di fronte ad un capolavoro – ma, a mio avviso, raramente se ne ritrovano in grado di trasmettere tanta passione e sentimento. Non basterà, però, a convincermi a riprendere in mano la serie regolare di Spider-Man, ma sicuramente ricorderà, a tanti delusi d’amore come me, perché inizialmente ci siamo innamorati di Peter Parker.
Grazie Chip e Mark.
Roberto da Costa
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