Love Metal è stato il quarto album degli HIM, band finlandese guidata dall’invadente frontman Ville Valo, uscito nel 2003 per BMG.
Quanto eravamo tristi da adolescenti?
Quanto eravamo veramente tristi?
Quanto di quello che i vari Ville Valo, Kurt Cobain, Johnny Cash, Alexi Laiho, Tuomas Holopainen, Lauri Ylonen, cantavano struggendosi, riuscivamo a sentire davvero nostro?
Perché, parliamoci chiaro, a quattordici anni non capisci un cazzo.
Quindi, quando Ville Valo, creatura dalle sembianze angeliche ed efebiche che adesso definirei leggermente rachitico e tragicamente somigliante ad una mia zia triestina, sciorinava frasi come “l’amore è il funerale dei cuori, un’ode alla crudeltà”, cos’era quel qualcosa che mi si/ci scioglieva dentro?
In realtà credo di doverlo ancora comprendere, analizzarlo sotto il profilo scientifico, farci qualche spettro NMR e fare una ricerca bibliografica approfondita. Chiedere in giro, frequentare conferenze. Sentire ricercatori di altri gruppi se per caso sono riusciti ad isolare tale materiale, più sfuggente e misterioso dell’energia oscura. E che rifugge alla legge di Lavoiser, per la quale il nulla non può partorire materia: dunque, se non si posseggono evidenze empiriche, se non si conosce ciò che si cerca di esplorare, ci si muove a tentoni nel vuoto – e quel che si prova, quell’afflizione al petto, quella pesantezza, forse, a quattordici anni, può essere solamente un eccesso di peperonata.
A trenta no. A trenta nemmeno te lo domandi più, dai per scontato sia qualcosa di cardiovascolare e chiami direttamente il CUP.
Per una serie di improvvide ragioni personali, mi sono ritrovata ad ascoltare LOVE METAL (scritto così, proprio a là Babymetal, per parlare in termini twothousandandtwenty) degli HIM, acronimo molto ganzo e licenzioso di His Infernal Majesty, band fondata ad inizio anni ’90 proprio da Ville Valo (che ha recentemente compiuto la strabiliante età di 43 anni) e da Mige Panaanen. Nel 2003, erano già una band famosa, con tre album all’attivo e tour mondiali: Greatest Lovesongs Vol. 666, Razorblade Romance, Deep Shadows e Brillant Highlights (lavoro noiosissimo, ascoltatelo se volete dormire e deprimervi allo stesso tempo), ma l’esplosione vera del fenomeno heartgram e love metal e dei cappellini di lana finlandesi si ebbe con LOVE METAL.
Quadruplo disco di platino in Germania e Finlandia, top 5 in svariati paesi: era nata la HIM mania. Melodie catchy e una produzione quasi sempre eccellente, la voce baritonale di Valo a condire di Nick Cave energiche ballad gocciolanti eredità dei magici anni ’90 dei Nirvana e dei magici anni ’70 di Siouxie and the Banshees. Ma ovviamente tutto questo a quattordici non lo sapevo ed il love metal – come Valo stesso ama definire il genere “creato” dagli HIM – mi sembrava la più grande scoperta dopo l’acqua calda ed i piselli congelati.
Ce l’ho ancora, il cd di LOVE METAL: lo acquistai durante il mio primo viaggio in solitaria, a Los Angeles, nel 2015. Il famoso heartgram, nient’altro che un pentacolo a forma di cuore, tappezzava la mia cameretta assieme a frasi a caso della discografia di Franco Battiato – tipo, “le pareti del cervello non hanno più finestre”. Ed oggi, sempre per una serie di improvvide ragioni personali, mi sono ritrovata il cofanetto rovinato fra le mani e ad inserire il cd nello stereo.
Il suono della band di Ville Valo ha sempre avuto il pregio di essere avvolgente, come un abbraccio d’addio: e nell’incipit di Love Metal, Buried Alive by Love, il batterista Gas Lipstick ha di che sfogarsi – allontanandosi finalmente da quello che potevamo tranquillamente definire lagna ed avvicinandosi al più contemporaneo (all’epoca, eh) suono dei 69 Eyes. Ma il core di Love Metal è Funeral of Hearts: i più mentiranno, dicendo che nessuna lacrimuccia è mai scesa all’ascolto della commovente ballad che mescola, in un binomio sì scontato ma sempre vincente, l’amore e la morte.
Ville Valo aveva più di trent’anni quando ha scritto Funeral of Hearts, e, se per un periodo ho solo pensato si trattasse di una serie di parole buttate là a caso per fare colpo sulle fan, ora – tra le sottili intelaiature di chitarra acustica e la voce carezzevole e calda di Valo – a non poter far altro che concordare. L’amore è il funerale del cuore, perché quando sei innamorato – o quando senti di aver disperatamente bisogno di una persona, laddove il confine fra ossessione ed amore è labile e conteso – riesci ad essere tremendamente crudele, sia con te stesso che con l’altra persona. Non so se Valo abbia mai studiato lo stoicismo, ma Funeral of Hearts è l’accuratissima descrizione di fiori del male che sbocciano negli animi – trascinati da passioni troppo violente da sostenere. E che, quindi, per avere una vita attiva e soddisfacente, vanno estirpati dalle radici e la terra cosparsa di sale.
È scesa la notte in Love Metal, dopo un funerale sotto la pioggia battente, ed ottimo intermezzo fra un pub e un altro di birra annacquata è Beyond Redemption; è però una notte violenta, in cui non c’è mollezza. Non è la notte dei conterranei The Rasmus, ma è quella di una Gotham City e di un Batman che ha perso la sua Catwoman – in Sweet Pandemonium. Soul on Fire, guitar lead, si trascina senza incidere.
Nel buio di un bosco finlandese – sterminato, costellato di laghetti dalle acque gelide – si odono flebili note di piano: è The Sacrament. Unicum nel disco, si parla d’amore che è stato, almeno per un periodo, ricambiato.
I hear you breathe so far from me
I feel your touch so close and real
And I know
My church is not of silver and gold,
It’s glory lies beyond judgement of souls
The commandments are of consolation and warmth
Forse una hit mancata per Valo e Soci: aggiunte differenziali di un synth, o di una caratteristica che la distinguesse abbastanza da Funeral of Hearts, avrebbe potuto quadruplicare le vendite di Love Metal.
In Fortress of Tears con molle cupezza e lenta malinconia Valo scava nelle nostre disperazioni più profonde, ma forse trascinando l’ascoltatore in un mondo fatto di miele andato a male. Miele rancido, ecco. Brano curiosamente dissonante dal solito sound cui Love Metal ci ha abituato è Circle of Fear, unito alla “sperimentale” The Path, in cui il tastierista Janne Puurtinen (detto Emerson…) dà il meglio di sé, riuscendo a condire il brano di un romanticismo che credevamo scomparso negli anni ’80: quello di Bryan Adams, di Belinda Carlisle, della stessa Cyndi Lauper. Il punto più alto di Love Metal è, però, posso tranquillamente ammettere dopo vent’anni di ascolti, Endless Dark.
Laddove l’amore muore, la speranza sublima, la gioia è sporadica e la serenità possibile solo nello status quo di malinconia.
Valo ci fornisce la sua più sentita interpretazione canora, ed i riff di chitarra di Linde Lindstrom sono più espressivi che in tutto l’album precedente; i frequenti cambi di ritmo e di accordo donano dinamismo al brano, che non si limita a trascinarsi – e a trascinare con sé – in luoghi cupi e desolati, in cui non c’è nulla da ammirare se non un tappeto scuro; qui abbiamo montagne, boschi, mare in tempesta.
D’accordo. Riascoltare con un certo mood e a tanti anni di distanza lo straziante Love Metal mi ha emotivamente provato. Il che significa che Ville Valo e gli altri sono stati in grado, per quanto senza particolare brillantezza, di costruire un platter ancora efficace; la mollezza morbosa che, però, si respira nella maggior parte dei brani ha impedito che Love Metal divenisse un classico.
Insomma, perché Adele ci è riuscita ad arricchirsi con le pene d’amore e Ville Valo no?
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Album carino, ma Razorblade Romance e Deep Shadows and Brilliant Highlights sono decisamente superiori, altro che noiosi.
Con quelli successivi son andati a calare.
Ville, gran voce.
Mai ascoltata Lose you tonight (Thulsa Doom Extended Dub)?
Miele per le orecchie, tutt’altro che rancido.