Moment dei Dark tranquillity è un disco che tende a rappresentare in parte il caratteristico Sound di Goteborg di cui loro stessi sono principali rappresentanti insieme ai connazionali In Flames e Arch Enemy.
Questo album è tuttavia una realizzazione anche un pochino più delicata e più morbida di quel Sound caratteristico, in quanto non presenta esclusivamente i classici elementi del Melodic Death Metal.
Sebbene alcune canzoni siano caratterizzate effettivamente da sonorità tipiche del genere, la maggior parte delle altre risulta essere in realtà il risultato di ispirazioni più complesse ed elaborate, tanto da consentire un azzardato richiamo alle sonorità dei Paradise Lost di fine anni Novanta e inizio Duemila (quelli di Draconian Times, One Second, Host, Believe in Nothing, Symbol of Life, per intenderci). Un sound quindi piuttosto misto e variegato. Nel caso specifico dei Dark Tranquillity di Moment si tratta di un sound che si muove attraverso le linee del Death e volendo parzialmente anche del Doom, ma presenta diversi aspetti del Gothic (intensa è la presenza di atmosfere nordiche, fredde e cupe). Ad arricchire il tutto non manca la presenza di una buona dose di elettronica: Moment è pieno di parti di tastiere, sintetizzatori, archi e suoni elettronici che caratterizzano tantissimo il suo sound, grazie alla cura e all’elegante gusto del tastierista Martin Brandström.
L’uso stesso della voce da parte del cantante Mikael Stanne permette di apprezzare due differenti stili, con conseguenti cambi di atmosfera.
La predominanza è chiaramente del cantato tipicamente growl e death (capace anche di trascinare con carisma tutto il gruppo: si ascolti Transient e il suo favoloso ritornello). Tuttavia, non mancano diverse parti clean estremamente evocative, e qui si scomoda volentieri il grande Nick Holmes dei Paradise Lost. Stanne, così come Holmes, ci offre liriche devastate, rassegnate, pure, come gocce di candida neve sciolta in un lago nero di catrame. L’effetto è assolutamente dirompente in brani come The Dark Unbroken e nella ballad conclusiva In Truth Divided, tanto per indicare gli esempi più lampanti.
La bellezza di queste parti pulite sta nella loro capacità di andare più in profondità nelle emozioni, di oltrepassare il muro della rabbia per entrare in quello della disillusione e della desolazione, affrontate non tanto a viso aperto, ma piuttosto in maniera rassegnata. La voce di Stanne ci mostra un mondo devastato, quasi postapocalittico, in cui soltanto l’ascoltatore e i Dark Tranquillity sembrano essere sopravvissuti. La band svolge quindi un ruolo quasi di guida nel caos, trascinati dalle parole rabbiose oppure tristi del vocalist.
Tuttavia, Moment non riesce a scaldare il cuore dell’ascoltatore fino in fondo per tutta la sua durata. È per questo che si rimane un po’ tiepidi alla fine dell’ascolto.
La prima parte, comprendente i primi quattro o cinque brani, è molto carica. La partenza di Phantom Days è assolutamente riuscita e i successivi quattro brani tengono in alto l’hype. Il coinvolgimento è alle stelle per venti, venticinque minuti, senza cedere di un millimetro.
Però l’album è composto da ben dodici canzoni, per una durata di cinquanta minuti. Che ne è di tutto il resto dell’album? Tutto il resto fatica a funzionare magnificamente come nella prima parte. Si potrebbe quasi dire che i Dark Tranquillity ci abituino troppo bene con le prime canzoni, per poi stentare a mantenere alta la tensione fino alla fine. Forse sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione nella distribuzione delle canzoni, a questo punto, in modo da tenere l’ascoltatore sulle spine nei punti giusti per tutta la durata di Moment e non solo nella prima parte.
Ovviamente ci sono momenti coinvolgenti anche nelle altre canzoni, come il bel ritornello di Standstill, l’intro di Ego Decepiton, le cupe chitarre di A Drawn Out Exit (a tal proposito, complimenti ai due nuovi membri, Chris Amott e Johan Reinholdz). Tuttavia, questi brani faticano a trascinare la mente dell’ascoltatore come i precedenti. E questo è un vero peccato per una band con alle spalle un’esperienza ormai più che trentennale.
Purtroppo Moment non è un’opera pienamente riuscita, apparendo a dir la verità un po’ incerta, rigida nelle sue mancanze.
Probabilmente la sua durata si sarebbe potuta ridurre, togliendo magari un paio di canzoni un po’ noiose che avrebbero alleggerito senza dubbio l’esperienza d’ascolto. Si tratta di un album che lascia veramente con un grande amaro in bocca: quella che poteva essere un’opera dei Dark Tranquillity – a lungo attesa, ma carica di energia – risulta quasi come una grande occasione mancata.
Tuttavia, questo non vuol dire che Moment dei Dark Tranquillity non sia un album da non perdere assolutamente. L’esperienza d’ascolto della prima parte del disco è qualcosa di impareggiabile, drammaticamente trascendentale. E comunque la potenza del sound, l’efficacia di ogni singolo strumentista (e infine complimentiamoci per l’ottimo lavoro ritmico da parte di Anders Iwers al basso e Anders Jivarp alla batteria), la forza del loro coinvolgimento rende comunque Moment un album che merita di essere ascoltato più volte con attenzione.
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