Sregolatezza e imprevedibilità sono, probabilmente, gli aggettivi che meglio possono riassumere il mondo musicale dei Protest The Hero. E se proprio la follia sregolata e l’imprevedibile approccio musicale sono ciò che ogni amante del genere ricerca dal quintetto canadese, con Palimpsest (Spinefarm Records), sesto album in studio in uscita il prossimo 19 giugno 2020, anche l’ascoltatore più esigente non verrà di certo deluso.
A quattro anni di distanza dal predecessore Pacific Myth, album debole nella sua natura quasi più vicina ad un Ep che ad un vero e proprio Long Play, i Protest The Hero tornano in grande spolvero sulle scene con un lavoro che non solo sembra riportarli ai livelli di Fortress e Scurrilous ma, anzi, ne migliora la forma.
Di fatto quella che compare di fronte ai nostri occhi con Palimpsest è una band finalmente alle prese con una piena maturità in grado di padroneggiare quegli elementi stilistici che ne hanno sempre delimitato il sound integrandoli, anzi, diluendoli con quella maggiore musicalità e “profondità” che, in parte, era spesso mancata nelle produzioni precedenti.
Palimpsest di fatto si mostra come un album estremamente levigato, ragionato, curato fin nel minimo dettaglio ed è questa, probabilmente, la grande differenza con il suo predecessore
La ricerca del dettaglio non è mai stata sconosciuta al quintetto canadese che tra virtuosismi chitarristici e accelerazioni scavezzacollo ha sempre mostrato padronanza e maestria strumentale e musicale. Questa volta, però, ancor più che in precedenza la tecnica esasperata e quell’approccio folle e poco ortodosso che ha sempre fatto parte del DNA dei Protest The Hero sembra trovare come perfetto bilanciamento un labor limae minuzioso, una cura maniacale che porta ogni singola canzone ad apparire non solo brillantemente concepita ma, soprattutto, profonda su un piano squisitamente musicale.
Nel suo ben concepito “chaos ordinato”, il nuovo prodotto della band canadese si fa strada nell’impianto uditivo dell’ascoltatore, favorito anche da una ricerca maggiore verso un’orecchiabilità entrata a far parte del modus operandi della band (elemento riscontrabile anche nello stesso riffing) senza, fortunatamente, andare ad inficiarne gli aspetti più caratteristici.
La voce di Roadie Walker, ormai totalmente ripreso dai problemi vocali che lo affliggevano da due anni, sembra in forma più che mai, capace di divincolarsi tra growl, harsh vocal, vertiginosi clean e cantati più delicati riuscendo a seguire alla perfezione l’andamento dei pezzi e mostrando quindi una maturità nuova, accompagnata da una maggiore consapevolezza dei propri mezzi vocali.
Il lavoro della new entry alle pelli, Mike Ierardi, si integra alla perfezione con le frenetiche e sguscianti chitarre del duo Millar/Hoskin, come sempre colonna portante della costruzione strumentale. Ad impreziosire le costruzioni musicali arrivano, ben udibili, talvolta elementi tastieristici/ orchestrali o delicati intermezzi pianistici, il tutto a favorire la costruzione di un prodotto in grado di divincolarsi alla perfezione tra l’ingegneristica natura math/progressive metal della band e la sua completamente nuova ricerca di un’orecchiabilità e freschezza sicuramente desiderata (e ben raggiunta) dallo stesso quintetto canadese.
The Canary e From The Sky, singoli di lancio di Palimpsest, sono solo la punta dell’iceberg di un album che durante tutta la sua riproduzione tenta sempre di mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore alternando le classiche giravolte funamboliche a momenti di “distensione” musicale ad alto tasso di fruibilità, in grado di dare una marcia in più a pezzi come Soliloquy, Little Snakes e The Migrant Mother.
La produzione è pulita e cristallina grazie ad un posizionamento perfetto di ogni elemento musicale, di ogni strumento che, mai fuori posto, riesce a ritagliarsi lo spazio necessario risultando nitido e allo stesso tempo in grado di dare fino in fondo il suo contributo alla canzone.
In conclusione, con Palimpsest ci ritroviamo di fronte ad un album maturo, fresco e frizzante
prodotto di un complesso che non solo ha avuto la forza e la possibilità di non piegarsi, negli anni, alle differenti tendenze musicali sbarcanti sul panorama discografico, ma che è stata anche in grado di continuare ad inseguire e migliorare gradualmente il proprio sound, affinandolo fino al punto di dar vita ad un prodotto ambizioso, tecnico e allo stesso tempo in grado di catturare l’ascoltatore.
Il tutto sacrificando un briciolo di follia in favore di una piccola dose di comunicazione musicale più di effetto, cristallina, orecchiabile e levigata che non va in alcun modo a scalfire la natura virtuosa e scavezzacollo di un complesso abituato ad equilibrismi strumentali ad alto tasso di rischio.
Con Palimpsest i Protest The Hero tornano al massimo della loro forma nell’atto di proporre la loro personalissima idea musicale in quella che è, probabilmente, una delle probabili vette della sua evoluzione.
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