Il 7 dicembre è andata in onda la prima della Scala di Milano di questo infausto anno 2020, in diretta su Rai 1 e in streaming, per la prima volta nella storia, con la platea vuota a causa delle restrizioni imposte dal governo per la pandemia da Covid19. Allo spettacolo hanno partecipato 24 fra i maggiori cantanti lirici a livello mondiale, danzatori e l’orchestra e il coro diretti da Riccardo Chailly.
Da piccola quando guardavo il Concerto di Capodanno in Tv in diretta da Vienna il momento più emozionante per me era il finale con la Marcia di Radetzky quando tutto il pubblico si alzava in piedi battendo le mani a tempo, era un tripudio, un piacere vedere il direttore d’orchestra quasi ballare mentre dirigeva e gli orchestrali che sembravano spiccare il volo sostenuti da coloro per i quali si stavano esibendo.
Lunedì non è stato proprio così. L’atmosfera era un’altra, la platea vuota, i palchetti silenziosi del Teatro alla Scala sembravano il preludio di un funerale. Eppure la serata è stata comunque unica, epica. Ha dimostrato come si può lottare su un palco. Non sono un’amante di tutto quello che circonda la lirica e in particolare delle “Prime della Scala” che, ultimamente, erano diventate sfoggio di snobismo a discapito dell’arte.
Forse questa serata è stata la più autentica. Quella in cui tutti ci si è uniti per un fine comune. La “scampanellata” dei tramvieri prima dell’inizio dello spettacolo è stato l’esempio di solidarietà tra categorie di lavoratori ai quali in questo momento non è permesso di lavorare. Il Maestro Riccardo Chailly ha dichiarato:
“È stata una cosa ‘difficile, complessa’, un’ esperienza straordinaria dal punto di vista acustico, ma con la speranza che non accada più: purtroppo dopo l’ultima nota il silenzio assoluto e i palchi vuoti sono momenti di grande emozione e di grande mancanza, Facciamo musica per chi? Non per noi manca l’elemento per cui ci raccontiamo: il pubblico”.
La serata è stata intitolata A riveder le stelle come messaggio di speranza, di dantesca memoria, per tutto il comparto dello Spettacolo dal Vivo di riuscire a rivedere la luce delle stelle dopo un periodo così buio. La diretta di RaiUno è stata condotta da Bruno Vespa e Milly Carlucci carichi di messaggi positivi e speranzosi. La disposizione dell’orchestra è stata adattata, gli orchestrali sono stati distribuiti in sala e nelle parti alte, così il coro. La serata ha visto darsi il cambio a molteplici artisti non solo del panorama musicale lirico, c’è stato spazio anche per danzatori e soprattutto attori che hanno portato il loro contributo recitando brani di autori famosi.
Una prima diversa ma forse più inclusiva un cordone serrato di personalità che erano lì per un unico scopo: donare un messaggio positivo a chi era a casa.
Tra i protagonisti: Ildar Abdrazakov, Roberto Alagna, Carlos Alvarez, Piotr Beczala, Benjamin Bernheim, Eleonora Buratto, Marienne Crebassa, Placido Domingo, Rosa Feola, Juan Diego Florez, Elina Garanca, Vittorio Grigolo, Jonas Kaufmann, Aleksandra Kurzak, Francesco Meli, Camilla Nylund, Kristine Opolais, Lisette Oropesa, George Petean, Marina Rebeka, Luca Salsi, Andreas Schager, Ludovic Tezier e Sonya Yoncheva, Massimo Popolizio, Caterina Murino, Michela Murgia, Laura Marinoni,Davide “Boosta” Dileo, Martina Arduino, Virna Toppi, Claudio Coviello, Marco Agostino, Nicola Del Freo, Roberto Bolle.
Non farò un recensione puntuale della serata ma mi lascerò trasportare dalle emozioni e da quello che, in maniera sgnificativa resterà nella storia dello Spettacolo come unico e irripetibile.
L’inizio è da brividi: l’Inno nazionale di Mameli viene intonato non solo dai cantanti ma da tutti i lavoratori del Teatro alla Scala, in particolare da coloro che spesso non sono visibili e che, dietro le quinte, svolgono un lavoro fondamentale per la buona riuscita di uno spettacolo: tecnici e maestranze. La voce nuda di Maria Grazia Solano che recita a cappella le parole dell’inno vestita da donna delle pulizie, pur se in un travestimento che sottolinea troppo quello che si vuol dire (ma si sa la Lirica ci piace proprio perché sa essere sfarzosa ed emozionante allo stesso tempo), dà un tocco diverso a tutta la serata.
Un altro momento toccante da ricordare è l’omaggio ad Ezio Bosso, già direttore nel 2019, nelle parole semplici e dirette del nipote Tommaso:
“le arti performative sono sempre una produzione non orpello, sono politica non decoro, e devono andare avanti, soprattutto in un momento difficile come questo”.
Magistrale Vittorio Grigolo ne La donna è mobile che sottolinea come si senta una vera rockstar italiana in una serata così magica e di come questa Prima sia un vero e proprio “Opera Aid”. Ed è proprio questa l’idea del regista David Livermore che punta a dimostrare come la Lirica sia ancora attualissima e come le eroine dell’Opera abitino in noi donne di oggi, di come il sentimento e quello che muove i protagonisti dei melodrammi non si discosti poi così tanto dall’oggi. La commistione tra vecchio e nuovo, che è la chiave per capire questo mondo, la ritroviamo in Waves brano dei fondatore dei Subsonica Davide “Boosta” Dileo su cui si possono ammirare i movimenti di Roberto Bolle.
Proposte ardite ma necessarie per far sì che la musica lirica, grande vanto per il nostro paese, parli ai più giovani, un genere che ha bisogno di essere svecchiato perché i teatri riaprano e si riempiano non più di pubblico che vuol farsi ammirare ma di pubblico che abbia la necessità di andare a teatro per emozionarsi e per trovare le risposte alle tante domande che ci stiamo facendo in questo momento.
Verdi, Puccini, Rossini erano degli eroi, sono vissuti in un’epoca diversa e in quell’epoca erano immersi regalandoci arie immortali. Non facciamo che questo bel messaggio partito da Milano il 7 dicembre cada, diamo e diamoci una mano a diventare una nazione in cui l’arte e la cultura ritornino al centro del nostro essere cittadini.
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