Pictures by Renato Mangolin
MDLSX è uno spettacolo della compagnia teatrale indipendente Motus, scritto a quattro mani da Silvia Calderoni e Daniela Nicolò che, insieme a Enrico Casagrande, ne firmano anche la regia.
Dopo il debutto nel 2015 al Festival Santarcangelo, lo spettacolo ha avuto oltre trecento repliche nei tre anni successivi anche al di fuori dei confini italiani, arrivando fino a New York nei teatri dell’Off Off Broadway. MDLSX rappresenta il primo caso in cui Calderoni cura la drammaturgia di uno spettacolo nell’ambito della sua lunga collaborazionecon Motus. Silvia Calderoni diventa l’attrice di punta della compagnia grazie alle sue interpretazioni in pièce dal taglio volutamentepolitico e a ruoli caratterizzati dall’ambiguità di genere, come quello di Ariel, nell’adattamento di The Tempest di Shakespeare.
MDLSX è stato pensato come uno spettacolo minimale, incentrato sulla presenza del corpo e sulla parola. Daniela Nicolò ha raccolto una serie di estratti di testi caposaldo della teoria queer, come Manifesto Cyborg di Donna Haraway, Manifesto Contra-sessuale di Paul B. Preciado, Gender Trouble e Undoing Gender di Judith Butler per andare a comporre lo scheletro teorico dello spettacolo; a questi si aggiungono citazioni di brani letterari tratti da l’Orlando di Virginia Wolf e dalla produzione di Pier Paolo Pasolini. Il fulcro della drammaturgia resta tuttavia il romanzo Middlesex scritto dall’americano Jeffrey Eugenides, vincitore del premio Pulitzer nel 2003, che Calderoni dice di avere letto all’età di 22 anni. Nonostante non coincida totalmente con la sua storia, l’attrice ha trovato molti punti in cui rispecchiarsi nelle vicende del suo protagonista Cal/Calliope, e in generale un appiglio per capire emozioni e sensazioni che lei stessa ha provato durante l’adolescenza.
Il romanzo Middlesex è la storia di Calliope, un’adolescente americana di origine greca che, all’età di quattordici anni, scopre di essere portatrice di una forma di intersessualità, dovuta ad un gene che da decenni è sopito nella sua storia familiare, caratterizzata da numerosi incesti. Il romanzo è stato scritto in prima persona, ma la storia è completamente fittizia: Eugenides ha scritto in prima persona fingendosi Cal. Nello spettacolo, questa vicenda ha molti punti di contatto con la biografia di Calderoni che non è intersessuale, ma presenta un’espressione di genere androgina. Le sue caratteristiche fisiche e la sua espressione di genere le permettono di essere libera di non scegliere a quale genere appartenere, muovendosi tra le varie espressioni di genere senza sentire il bisogno di identificarsi.
MDLSX si basa, dunque, su un tessuto drammaturgico frutto di un fitto rimando a testi letterari, non specificamente nati per la scena e che confluiscono nel monologo che Calderoni recita al pubblico. Le caratteristiche fisiche e performative di Silvia Calderoni e le sue abilità performative costituiscono un altro elemento fondamentale della riuscita di questo pezzo. La forma monologica rappresenta una soluzione efficace per costruire una relazione con il pubblico. Storicamente l’approccio autobiografico a teatro è fortemente legato al genere del solo o del monologo, in questo spettacolo sono due le biografie rappresentate: quella di Calderoni e quella di Cal, che sembrano sfumare l’una nell’altra creando continui corto-circuiti. Il continuo muoversi tra queste due soggettività in scena è funzionale ad uno dei messaggi che MDLSX vuole trasmettere ossia la possibilità di essere più cose contemporaneamente e non limitarsi ad entrare in una singola categoria. Così facendo tutti i discorsi legati al corpo, all’intersessualità e al genere vengono veicolati inevitabilmente dalla soggettività di Calderoni che consapevolmente decide di mettersi a nudo di fronte al pubblico. L’attrice, tuttavia, non fa solo da veicolo alle istanze legate a Cal, ma in più momenti abbandona il personaggio e parla per sé stessa. Lo spettacolo presenta anche punti di contatto con il filone dell’autofiction, grazie all’utilizzo dei video usati ai fini della narrazione.
La drammaturgia della pièce è, infatti, anche costruita a partire da frammenti della storia personale dell’attrice grazie alla proiezione in scena di alcuni video che la riprendono in molti momenti della sua infanzia e adolescenza. Questi video sono funzionali alla riuscita dello spettacolo, in quanto si legano con molta facilità ai testi tratti dal romanzo che Calderoni legge in scena, andando a creare una connessione ancora più marcata tra le due soggettività messe in scena.
Davanti al fondale del palco è posizionato un lungo tavolo dove sono disposti i costumi e i diversi oggetti di scena che verranno usati da Calderoni, come per esempio un telefono cellulare con la videocamera attivata e collegato al grande schermo circolare appeso sul fondale. Lo schermo ha una doppia funzione: proiettare i video dell’archivio di famiglia di Calderoni e fare da “spioncino” mostrando al pubblico il volto dell’attrice nei lunghi momenti in cui dà le spalle alla platea, creando soprattutto nella prima parte dello spettacolo, un effetto voyeuristico. L’utilizzo della videocamera serve a far carpire allo spettatore i dettagli del volto dell’attrice, dando la possibilità di vedere dei particolari del corpo di Calderoni che altrimenti rimarrebbero sconosciuti. L’uso della videocamera mette in moto il meccanismo di sdoppiamento dell’io, in quanto il video mostra contemporaneamente colui che filma mentre sta filmando sé stesso.
Come preannunciato, sullo schermo vengono proiettati anche video personali dell’infanzia di Calderoni e video di archivio inediti dei passati lavori a cui l’attrice ha preso parte. Questi filmati rappresentano il modo in cui gli altri hanno percepito e recepito Silvia Calderoni nel corso della sua vita: alle immagini live si sovrappongono quelle fatte da qualcun altro, in altri momenti e luoghi. Questa ampia gamma di video aiuta lo spettatore a comprendere il percorso di costruzione identitaria attuato da Calderoni sin da bambina, caratterizzato da un continuo smantellamento delle convenzioni legate al concetto di corpo.
Il fondale del palco viene utilizzato, inoltre, come un secondo schermo e vi vengono proiettati i titoli e i corrispettivi numeri delle tracce musicali che scandiscono la drammaturgia dello spettacolo, oltre che il testo letto da Silvia Calderoni mostrandone la traduzione in inglese. Sul tavolo presente sul palco è posizionata anche una consolle da dj che mostra al pubblico un aspetto della vita di Calderoni antecedente alla sua carriera teatrale: il djset. Il djset diventa il principio compositivo di MDLSX, in quanto serve a Silvia Calderoni per modificare la frequenza o il volume delle varie tracce usate, ma anche per distorcerle, mostrando la possibilità di poter manipolare a proprio piacimento i suoni che compongono lo spettacolo. La musica è una presenza costante nonché parte fondamentale della drammaturgia di MDLSX, l’uso della musica contribuisce ad articolare la linea della narrazione e la texture della rappresentazione.
La coreografia performata da Calderoni non è casuale, ma è estremamente precisa e legata al contesto in cui viene performata. L’impianto coreografico, inoltre, prevede svariati momenti in cui Silvia Calderoni si sveste e rimane nuda sulla scena per lunghi lassi di tempo. In questi momenti l’attrice si esibisce con fierezza, normalizzando l’esposizione di corpi lontani dal canone di bellezza femminile o maschile vigente. La volontà dei tre autori di MDLSX era quella di scardinare la concezione del corpo divergente tipicamente associata all’idea del corpo sofferente, vittima del sistema patriarcale ed eterocentrico che lo marginalizza. MDLSX diventa, così, un inno all’accettazione di sé nonostante la non-conformità ai modelli imposti dalla società. MDLSX ha come obiettivo quello di mettere in scena una critica al binarismo di genere mostrando una possibile soluzione per contrastarlo e, allo stesso tempo, ripensare a come viene concepito il corpo nella nostra società spingendo lo spettatore ad una riflessione. Silvia Calderoni con il suo uso del corpo in MDLSX rende esplicite tutte le questioni sociali, storiche, politiche e culturali implicate nella rappresentazione dell’identità di genere. Sebbene esposto, il corpo di Calderoni in scena non è mai “nudo”: è spogliato di ogni segno e si propone come luogo di resistenza ai tentativi di inscriverlo in un unico genere. Il corpo della performer sfida lo sguardo: è molto magro, tonico, con i seni poco pronunciati. Il volto presenta tratti marcati e la sua identificazione come donna o come uomo è continuamente e volutamente contraddetta finché la voce non fa sbilanciare del tutto verso l’identità femminile.
Come ribadito in precedenza, MDLSX vuole scardinare il binarismo in cui la nostra società è incasellata e per fare questo Calderoni e Niccolò si sono servite di un testo fondamentale per la teoria femminista Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo di Donna Haraway. Questo libro apre la strada ad una nuova concezione del corpo e del genere e anticipa alcune idee che saranno centrali nelle teorizzazioni di Judith Butler e Paul B. Preciado, due autori altrettanto centrali nell’impianto drammaturgico di MDLSX. In Manifesto Cyborg Haraway propone nuovi modi per combattere il capitalismo globalizzato e soprattutto parla di come questo si intersechi con il modo in cui vengono trattate le donne, arrivando a teorizzare lo strumento principale per abbatterlo: il cyborg. Per Haraway il cyborg è la creatura che deve abitare il mondo utopico postmoderno femminista socialista senza genere che lei immagina. La politica deicyborg di Haraway va contro i dualismi che da sempre caratterizzano la tradizionale impostazione occidentale della società e che da secoli soggioga le donne, relegandole in posizioni di subordinazione. Nella relazione tra umano e macchina il confine tra artefice e prodotto è labile e indefinito, in quanto scopriamo di essere in realtà anche noi, esseri umani, degli ibridi, dei cyborg veri e propri. Silvia Calderoni durante lo spettacolo compie un’azione di ibridazione con gli strumenti che la circondano, la consolle da djset, i microfoni, la telecamera e lo schermo. L’impianto tecnico usato durante lo spettacolo è un dispositivo che prende vita annullando i confini tra uomo e macchina alla stregua di un cyborg, raccontando una storia in cui il punto di vista è fortemente parziale e frammentato.
In conclusione, MDLSX può essere considerato uno spettacolo rivoluzionario – nel panorama teatrale italiano – per vari motivi. Primo tra tutti l’impianto drammaturgico e scenico messo in piedi da Enrico Casagrande, Daniela Nicolò e Silvia Calderoni che, pur rimanendo molto minimalista, riesce ad avere un forte impatto sul pubblico che viene completamente immerso nella scena e ipnotizzato dalla performance di Calderoni. Inoltre, nonostante siano passati quasi otto anni dalla prima, rimane uno spettacolo estremamente attuale nei temi trattati che parla con un linguaggio universale, nel quale chiunque può riconoscersi.
MDLSX è un’opera estremamente potente che vuole abbattere i confini del genere nello specifico (e non solo) in modo da lasciare libero spazio alle singole individualità di scegliere chi essere senza dover rispondere a una norma socialmente imposta. Silvia Calderoni si mette a nudo – figurativamente e concretamente – sul palco per mettere in scena la forte emotività e intimità che caratterizza MDLSX.
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