Il 25 settembre ricorreva l’anniversario della morte di quello che è considerato, pressoché all’unanimità, il più importante batterista della storia del rock: John Bonzo Bonham
Sono passati ben trentanove anni da quella tragica notte nella villa di Jimmy Page a Windsor, quando Bonham si presentò ancora più ubriaco del solito alle prove della band. In quel periodo i Led Zeppelin si preparavano al rientro sulle scene dopo un periodo di inattività. Page, Plant e Jones, che purtroppo ben conoscevano la dipendenza del batterista dall’alcol, non provarono nemmeno a farlo ragionare; lo portarono in camera, sperando che smaltisse la sbornia senza troppi danni. Ma quella notte la fortuna decise di voltare le spalle a Bonzo: come era accaduto dieci anni prima a Jimi Hendrix, John morì soffocato dal suo stesso vomito, troppo fuori di sé per riuscire a far qualcosa.
Ma come era arrivato così a fondo nel baratro delle dipendenze?
Per capire bisogna riavvolgere il nastro fino ai primi anni sessanta. John, nato a Redditch, nella tranquilla campagna inglese, da sempre stravede per le percussioni: Durante i primi anni mi accorsi che John aveva la passione di percuotere gli oggetti: barattoli di biscotti, scatole di dolcetti, qualsiasi cosa producesse un suono. Per me quello fu un periodo particolarmente stressante, perché scoprii che anch’io facevo parte della finta batteria di John. Ma fu quello l’inizio della sua grande carriera – a parlare è Mick, il fratello minore.
Già a quindici anni inizia a suonare in piccoli gruppi fondati coi compagni di scuola, come i Blue Star Trio. Senza aver mai preso lezioni, tanto che la prevalenza del feeling sulla tecnica – di cui era comunque dotatissimo – sarà il suo marchio di fabbrica, assieme alle grandi capacità innovative. Nei Crawling King Snakes – band che prendeva il nome da un vecchio blues di John Lee Hooker – conosce Robert Plant. Sono i tempi in cui Bonzo è ritenuto un batterista troppo rumoroso anche per il rock, ma il seme per la nascita dei Led Zeppelin è gettato.
Ma John è anche un ragazzo di campagna, falegname per aiutare il padre e pronto a trasferirsi in una roulotte quando la sua ragazza Pat rimane incinta
Prova anche a mettere la testa a posto e lavorare, rinunciando ai suoi amati tamburi. Ma la passione è troppo forte e dopo aver registrato senza troppe pretese il debutto dei Led Zeppelin, il successo piove inaspettato e fin troppo repentinamente per la psiche non ancora pronta del grande batterista. Iniziano i tour in tutto il mondo e John, che era soprannominato Bonzo in ricordo del mansueto cane protagonista di un vecchio cartoon, asseconda sempre di più le sue tre inclinazioni: il talento musicale, la passione smodata per alcol e droghe e la lancinante malinconia per la famiglia e la tranquilla vita di provincia. Il risultato è esplosivo e da Bonzo John diventa The Beast. A peggiorare le cose l’entourage dei Led Zeppelin, da sempre noto come il più violento del periodo. Interi piani di hotel distrutti, orge e uso di qualsiasi sostanza, Bonham entra nel più oscuro dei tunnel. Riesce a tornare sé stesso solo dietro le sue pelli, sul palco, e quando torna nelle sue campagne, dove trascorre placide ore nei pub di paese.
Si arriva così alla tragica notte del 25 settembre 1980, a Windsor. È la morte di Bonham, ma anche dei Led Zeppelin: tutti sono concordi, senza Bonzo non ha senso andare avanti
La band è rimasta nel mito per la chitarra infuocata di Jimmy Page e per
le urla dissennate di Robert Plant, ma, ancora oggi, se chiedeste ai
musicisti qual era la pietra angolare sui poggiasse il roccioso sound
del gruppo, la risposta sarebbe una sola, la batteria di John Bonham.
Basta ascoltare l’attacco di Good Times, Bad Times o di Immigrant Song, o l’interminabile assolo di Moby Dick,
per capire il genio del batterista e la scia di figli più o meno
legittimi che ha lasciato nei successivi quarant’anni di hard rock.
Se fai troppa attenzione alla tecnica, finisce che inizierai a suonare come ogni altro batterista. Credo che quello che conti veramente sia essere originale. Quando ascolto altri batteristi, mi piace poter dire “Wow… carina questa cosa, non l’avevo mai sentita prima!”. Credo che essere te stesso come batterista sia molto più importante che suonare come chiunque altro – disse John una volta.
Particolarmente illuminante rimane l’aneddoto raccontato da Dave Mattacks, batterista dei Fairport Convention: La batteria non c’entrava. John si sedette dietro un kit in miniatura: una cassa da 18″, un rullante alto 4″, un tom da 12″ e uno da 14″… ed era quel suono! Rimasi annichilito da quello che stavo sentendo, e da come lo stava suonando: da quel minuscolo kit stava uscendo il sound dei Led Zeppelin!.
O, se volete, quello di Roger Taylor dei Queen: Avevamo ottenuto un backstage pass per le due serate del festival di Knebworth. Bonham arrivò insieme a suo figlio, e si sedette alla batteria per controllare l’accordatura. L’impianto di amplificazione non era ancora acceso, e lui fece qualche acciaccatura: il palco iniziò a tremare, io e John (Deacon, n.d.r.) ci guardammo negli occhi, e ci abbracciammo.
Ma, in fondo, John Bonzo Bonham era un tranquillo ragazzo di campagna.
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