Tra i migliori cantautori in circolazione c’è Niccolò Fabi, autore capace di dare lustro al panorama musicale nostrano. Artista dall’animo sensibile, instancabile e sempre in evoluzione, è in grado di raccontare le storie in maniera posata ed intimistica
Appartenente alla “scuola romana”, Niccolò Fabi è uno di quegli artisti anticonformisti indispensabili, uno di quelli che prima di entrare chiede il permesso e che poi si fa ascoltare attentamente, uno di quelli che con grazia, con garbo e con parole scelte argutamente si fa voler bene.
Negli anni Niccolò ha costruito intelligentemente un percorso artistico personalissimo, con uno stile cantautorale ben definito e con quel suo modo discreto e mai banale di raccontare storie di vita profonde senza essere pesante, di manifestare le proprie idee che interessano l’opinione pubblica ma senza essere invadente. E chi se ne frega se non è maestream, hipster, o abbastanza figo per prendersi la scena popolare, lui è la prova che la buona musica esiste e persiste.
Quando cresci con un artista – si, io con Nic ci sono cresciuta. La sua musica ha attraversato tutte, ma proprio tutte, le fasi della mia vita: dall’infanzia alla maturità, passando per l’adolescenza – è difficile, a tratti impossibile, scegliere dieci canzoni che lo rispecchiano di più, quelle che sono più significative, ma qualcuno questo lavoretto doveva pur farlo. E così, non senza imprecazioni e sensi di colpa, ho deciso di inserire quelle canzoni che sento mie, chiedendo scusa a quei brani che ho lasciato un passo indietro, anche se ugualmente meritevoli.
Ad aprire la nostra top ten non poteva che essere una canzone che io considero un vero e proprio inno, Capelli. Il brano è stato presentato nella sezione “giovani” del Festival di Sanremo del 1997, aggiudicandosi il Premio della Critica che gli valse la promozione automatica alla categoria “big”dell’anno successivo.
La canzone, scritta insieme a Riccardo Sinigallia e inserita nell’album d’esordio Il giardiniere, è profondamente ironica, forse la più leggera della sua carriera, ed è una sorta di manifesto filosofico per Niccolò Fabi che utilizza la sua capigliatura disordinata e ingombrante come simbolo di disobbedienza per non rientrare nei canoni estetici che la società impone soprattutto ai cantanti.
Nello stesso album è presente Rosso, una canzone a cui tengo particolarmente, in quanto il suo testo mi affascinò e mi incuriosì al primo ascolto. Suppongo che anche a voi è capitato di pensare: “vorrei partecipare al mio funerale per vedere chi davvero mi vuole bene”. Ecco, a me questo genere di pensiero è arrivato dopo aver ascoltato proprio Rosso.
Infatti, nel brano Fabi racconta un sogno che ha fatto e in cui ha visto il proprio funerale, rendendosi conto di chi in vita gli ha voluto davvero bene. Con amarezza, il cantante prende atto che la donna che ha sempre amato non solo non ha versato una lacrima per lui, ma invece di essere a lutto, ha uno sgargiante vestito rosso, da cui il titolo.
L’anno dopo, nel 1998, Niccolò Fabi si ripresenta come di norma al Festival di Sanremo con Lasciarsi un giorno a Roma. Una canzone che inseriamo nella nostra top ten ed è distante sia musicalmente che testualmente a quella presentata alla kermesse l’anno prima, con l’intento di mostrare un altro lato di sé, convinto che il “tormentone” Capelli avesse un po’ monopolizzato l’attenzione del pubblico. Inserito nell’album Niccolò Fabi, il brano racconta la storia di un amore che finisce, e la narra dal punto di vista di chi ha lasciato.
Tra gli album più belli e compiuti di Niccolò Fabi, c’è La cura del tempo. Un lavoro discografico come pochi che non esagero nel dire che lo considero tra i migliori progetti di sempre, una piccola perla intimistica a cui aggrapparsi e sfogliare le immagini più belle della scena musicale italiana. Nel disco troviamo dei veri e propri diamanti e di questi, ahimé, ne ho dovuti scegliere solamente tre – chiedendo umilmente perdono alle altre, tra tutte alla stupenda E’ non è.
La prima canzone che ho scelto è la delicata e poetica Mimosa che racconta la fine di un amore dal punto di vista delle donne; la seconda è Il negozio di antiquariato che altro non è che una metafora della difficoltà di trovare qualcosa di autentico perché non si può di certo trovare ovunque, ogni cosa ha un prezzo e un luogo e un momento ben precisi; la terza invece è forse la più bella di tutte le canzoni firmate da Niccolò, ovvero Offeso cantata in duetto con Fiorella Mannoia, un brano con un testo importante, di cui ancora oggi abbiamo bisogno, una canzone che fa riflettere:
“dillo pure che sei offeso dalle donne che non ridono, dagli uomini che non piangono, dai bambini che non giocano, dai vecchi che non insegnano. Ma se hai qualcosa da dire, tu dillo adesso. Non aspettare che ci sia un momento più conveniente per parlare”.
Offeso – Niccolò Fabi
La nostra top ten continua con Costruire, brano meraviglioso presente nell’album Novo Mesto. Una canzone che è una medicina per il nostro stato d’animo, è il riassunto perfetto della vita che è un susseguirsi di prime volte, tramonti, palchi, sipari, e in mezzo “tutto il resto, e tutto il resto è giorno dopo giorno” con la consapevolezza che la perfezione non esiste, ma che va tutto bene così com’è se c’è qualcuno di speciale al nostro fianco. E’ una canzone in cui Fabi empaticamente parla di me, anzi, di Noi e quella partenza intesa come una rinascita, come l’inizio della conoscenza interiore, senza mai dimenticare il passato.
Un altro album che sfiora la perfezione è Ecco, disco che contiene Una buona idea. Una canzone-manifesto che parla dell’essere umano che cerca un’ideologia in un’epoca orfana di queste. E’ una sorta di urlo che in questo caso Fabi fa, ma che potrebbe essere chiunque, e che cerca di trovare un posto, che siano “pomeriggi al sole” o “mattine senza giustificazione”, che abbia “una democrazia che non sia un paravento, di onore e dignità, misura e sobrietà”. Tra queste 10 canzoni, non potevo non inserire L’amore non esiste, un brano simbolo del progetto artistico Fabi-Silvestri-Gazzè e che ha dato i natali al disco Il padrone della festa nel 2014.
A chiudere il cerchio è la commovente Facciamo finta, contenuto in Una somma di piccole cose del 2016. Una ballata straziante, dedicata alla figlia scomparsa, Olivia, in cui Fabi sembra ricordarne i giochi, chiedendo per pochi minuti di far finta che lei sia ancora con lui, “sul nostro divano blu, facciamo finta che poi ci abbracciamo e non ci lasciamo più”.
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