E’ morta all’età di 93 anni, Cecilia Mangini. Sceneggiatrice, regista e fotografa italiana, è stata un punto di riferimento del cinema e prima donna a girare documentari nell’Italia del dopoguerra.
Figura meno conosciuta di quanto meritasse la sua onorevole, lucida e impegnata carriera, Cecilia Mangini è stata una regista documentarista antesignana del genere, una vera pioniera del cinema del reale. Figlia di padre socialista e madre a titolo nobiliare, ha vissuto fin dall’infanzia gli enormi contrasti tra la terra paterna, la Puglia, segnata dalla povertà, e la madre toscana, donna ricca e privilegiata. Ma gli ideali della Mangini trovarono subito il loro posto lontano dal fascismo diffuso nelle scuole del suo paese dell’epoca, abbracciando i precetti della sinistra più anarchica.
Quell’ideologia proletaria, progressista e rivoluzionaria si è fatta strada anche nel dopoguerra ed è stata applicata al suo sguardo artistico, sia nelle sue opere documentaristiche che nel suo lavoro fotografico.
La regista ha definito i suoi documentari libertari, concentrandosi sulle differenze sociali e affrontando un governo conservatore con profonde radici religiose. Le sue idee politiche e la sua personalità ribelle non solo l’hanno fatta scontrare con la censura e le convenzioni dell’epoca, ma l’hanno messa a confronto con il ruolo delle donne in un mondo espressamente maschilista.
Grazie al lavoro da fotografa e alle influenze neorealistiche di Rossellini e De Sica, giunse al cinema con la commissione che fece a Pier Paolo Pasolini per alcuni testi che poi avrebbe trasformato in Ignoti alla città, un breve documentario che metteva le immagini della preoccupazione del mitico artista italiano per i giovani della periferia e il loro mondo marginale. La collaborazione con Pasolini si è poi ampliata con Stendalì, La canta delle marane e Ragazzi di vita.
Cecilia Mangini dedicò gran parte del suo lavoro a mostrare la complessa trasformazione politico-sociale dell’Italia del dopoguerra, con uno sguardo particolarmente preoccupato per i diseredati, gli operai e le tradizioni ancestrali delle campagne del Mezzogiorno.
I suoi primi importanti lavori sono stati presentati, discussi e premiati alla Biennale di Venezia. Con titoli come Maria e i giorni, Essere donne, La passione del grano, Essere fatto, Tommaso, Sardegna, All’armi siam fascisti!, Stalin, Fata Morgana, Antonio Gramsci – I giorni del carcere, su tutti, si è conquistata una pagina importante della nostra storia cinematografica.
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Si , si parlava di lei, tutti gli oratori parlavano di lei, le persone ascoltavano di lei, tutte le persone pesavano a lei, lei regista,lei filmaker, lei fotografa, lei sceneggiatrice, lei antropologa, lei femminista, lei donna mondana. Ma lei ha rivendicato a se di essere libera donna madre moglie con il suo sogno realizzato di fare la regista combattendo discutendo amareggiandosi e farsi anche odiare , lei Cecilia, ci ha dato l’esmpio ,si puo fare! una donna come te, franca raponi