Girl Power – La rivoluzione comincia a scuola è approdato su Netflix il 3 marzo (non a caso pochi giorni prima della Giornata internazionale della donna). Il film, che si configura come l’adattamento cinematografico del romanzo Moxie (2017) di Jennifer Mathieu, è stato diretto da Amy Poehler, nota attrice americana il cui debutto alla regia era già avvenuto nel 2019 con la commedia Wine Country.
Sinossi – Girl Power:
La storia che la Poehler porta sullo schermo con Girl Power è quella di Vivian (Hadley Robinson), una sedicenne piuttosto timida e tranquilla che, insieme alla sua migliore amica Claudia (Lauren Tsai), frequenta il liceo Rockport ed è fortemente convinta che lasciarsi scivolare addosso tutto quello che di spiacevole accade tra i banchi di scuola sia, specialmente per il sesso femminile, la soluzione migliore per sopravvivere. È con l’arrivo di Lucy (Alycia Pascual-Peña) nella sua classe che, però, questa visione piuttosto passiva della realtà comincia ad incrinarsi.
Lucy, infatti, porta alla luce numerose problematiche del Rockport e dichiara di non essere disposta ad abbassare la testa di fronte ai continui soprusi e ai tentativi di prevaricazione sulle studentesse da parte degli studenti. Il suo coraggio e le sue parole portano Vivian a prendere piena coscienza del clima sessista che si respira nel suo liceo e, soprattutto, a uscire a poco a poco dalla sua comfort zone fatta di silenzi e accettazione.
Fondamentali a tal proposito sono anche una conversazione che Vivian ha con sua madre (interpretata dalla stessa regista Amy Poehler) e il ritrovamento di tutto il materiale di stampo femminista (risalente in particolare al movimento “Riot Grrrl”) che la donna, insieme alle sue amiche, aveva diffuso anni prima per lottare contro il patriarcato; proprio da quest’ultimo elemento nasce, in effetti, l’idea di Vivian di dar vita a una fanzine anonima, Moxie, da distribuire nella sua scuola con lo scopo di non far sentire sole le studentesse del suo liceo e invitarle a prendere parte a un vero e proprio movimento di lotta dal basso contro la disparità di genere.
Ben presto si forma, dunque, un gruppo sempre più numeroso e compatto di ragazze che, guidate dalle proposte di Moxie, incominciano a far sentire la propria voce e a mettere in discussione quella che per il liceo Rockport – e non solo – è considerata la “normalità”.
Il nobile intento di un (classico) teen-drama:
L’impianto della pellicola Girl Power presenta, come è evidente, tutti i tratti tipici del teen-drama, in cui gli adolescenti – con le loro particolari problematiche – sono i veri protagonisti della storia, mentre gli adulti, principalmente genitori e insegnanti, gravitano in maniera più o meno significativa attorno a loro.
La scelta di utilizzare questo format – e diversi degli elementi stereotipati che porta inevitabilmente con sé (l’ambientazione scolastica, la presenza di una protagonista che sconfigge le sue insicurezze iniziali, il quarterback della squadra di football che gode di una certa notorietà ecc…) – non è casuale: affinché possa arrivare allo spettatore teen il messaggio di una rivoluzione che, come dice il titolo, deve partire dai banchi di scuola è necessario prima di tutto fornirgli degli elementi che non si discostino troppo dal suo immaginario, che gli appaiano “familiari” (anche e soprattutto a livello di prodotto cinematografico) e che, quindi, lo invoglino alla visione.
Se, dunque, lo sfondo in cui si muove Girl Power, pur rivelandosi funzionale alla targettizzazione dell’audience,non spicca propriamente per originalità, certamente non si può dire altrettanto dell’idea di dar voce a un problema specifico, quello del sessismo, raccontandolo attraverso le esperienze delle studentesse del Rockport.
Il film, in effetti, ha un intento molto nobile, poiché si configura come una lunga denuncia a tutte le ingiustizie subite dalle ragazze in quanto tali, ponendo un particolare accento su quelle quotidiane, che spesso passano inosservate agli occhi di chi non le subisce e che, in molti casi, vengono anche interiorizzate dalle vittime stesse, finendo per imporsi, appunto, come qualcosa di “normale”. Girl Power incita allora ad aprire gli occhi, a notare ciò che accade nell’universo femminile e, come dice la mamma di Vivian, a non abbassare mai la testa.
Forte e chiaro risuona nella pellicola anche un altro concetto, quello del potere del gruppo: è solo quando le studentesse cominciano, grazie alla spinta di Moxie, a confidarsi, a confrontarsi e a percepire un sentimento di rivalsa comune che le iniziative proposte da Vivian tramite la sua fanzine ottengono una forte risonanza all’interno delle mura scolastiche. L’invito, perciò, è quello a coalizzarsi, a supportare chi ha vissuto o sta vivendo una situazione di difficoltà per il solo fatto di essere donna e a impegnarsi affinché nessun’altra sia costretta a vivere qualcosa di simile in futuro.
Girl Power – Alcune criticità:
Assodate le buone intenzioni della trasposizione cinematografica della Poehler, è necessario, però, mettere in luce anche alcune scelte che giocano a sfavore della pellicola e che di fatto le impediscono di sfruttare appieno le proprie potenzialità.
Come detto in precedenza, infatti, ad avere un peso particolare nella storia di Vivian e delle studentesse del Rockport sono tutti quegli episodi quotidiani che denunciano un reiterato trattamento impari fra uomini e donne (a sfavore, chiaramente, di queste ultime).
Se l’idea di base è efficace – perché mostra delle realtà spesso ignorate o a cui viene data poca rilevanza – non lo è altrettanto il modo in cui questi episodi vengono mostrati sullo schermo: sembra esserci, in effetti, un’attenzione maggiore riservata alla quantità degli episodi presentati piuttosto che alla loro qualità, una sorta di volontà di fondo di riportare in meno di due ore di film una vasta lista di situazioni ingiuste (con un peso anche molto diverso tra loro) che si realizza, però, anche nell’impossibilità di approfondirle.
A fare da contrappeso a questo elenco un po’ frettoloso ci sono, invece, alcuni punti della pellicola su cui la regista sceglie di calcare la mano, finendo purtroppo per dar vita a situazioni esagerate e forzate in cui piuttosto che il desiderio di trasmettere i problemi legati al mondo femminile sembra prevalere una sterile invettiva contro il mondo maschile e in cui il proposito di far passare un determinato messaggio finisce per essere “oscurato” dall’esasperazione dello stesso.
Ultimo – ma non meno importante – elemento che genera qualche punto interrogativo è quello della mancata evoluzione graduale di alcuni personaggi secondari. Mentre la protagonista Vivian, infatti, vive un vero e proprio percorso di formazione che la porterà a riconsiderare le sue priorità e a riscoprirsi più forte di quel che pensava, altri personaggi sono fin da subito ben tratteggiati nelle loro convinzioni e nei loro modi di comportarsi, ma, sul finale della pellicola, diventano oggetto di un cambiamento repentino e ingiustificato che lascia lo spettatore un po’ spiazzato.
Considerazioni finali
Al di là di qualche carenza nella stesura della sceneggiatura, nel complesso il prodotto finale della Poehler risulta comunque piuttosto piacevole per il pubblico teen cui è destinato. La presenza di alcuni elementi ricorrenti in questa tipologia di film e l’uso di un linguaggio semplice e senza pretese rende Girl Power accattivante e accessibile a tutti.
Proprio l’accessibilità, in effetti, diventa essenziale per la battaglia contro la disparità tra uomini e donne, che ancora oggi necessita di quanti più sostenitori possibili per essere messa sotto i riflettori. Sono soprattutto i giovani, allora, che la Poehler chiama a raccolta, invitandoli a prendere consapevolezza di certe dinamiche e a cercare, nel loro piccolo e nei loro ambienti, di combatterle quotidianamente, affinché si concretizzi nel tempo il sogno di una società capace di considerare gli esseri umani senza distinzione alcuna.
A cura di Ambra Francini
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