Il buono, il brutto e il cattivo. Ricordando Sergio Leone

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Trentun anni fa ci lasciava Sergio Leone, il padre del cinema western italiano.

Il 30 aprile 1989 ci lasciava all’età di sessant’anni il regista romano Sergio Leone. Maestro indiscusso del western all’italiana, Leone consacrò la propria fama con gemme tra cui Per un pugno di dollari (1964), Per un pugno di dollari in più (1965), C’era una volta il West (1968), C’era una volta in America (1984) e Il buono, il brutto e il cattivo (1966); quest’ultimo conclude la trilogia del dollaro.

Il buono, il brutto e il cattivo fu girato nel 1966 tra la Spagna, il Messico e l’Italia. Al momento della sua distribuzione la fama di Sergio Leone era già consacrata grazie al successo dei precedenti Per un pugno di dollari e Per un pugno di dollari in più, condizione che rese possibile l’utilizzo di un budget più sostanzioso per la pellicola che completò poi tale trilogia. Le trame dei suddetti film non sono collegate tra loro; il fatto che siano considerati insieme una trilogia è dovuto all’uomo senza nome – interpretato da Clint Eastwood –, figura onnipresente in tutte e tre le pellicole.            

Nel cast ricordiamo: Clint Eastwood (il Biondo o il Buono), Eli Wallach (Tuco Ramirez, il Brutto), Lee Van Cleef (Sentenza o il Cattivo), Livio Lorenzon (Baker), Antonio Casale (Jackson / Bill Carson), Aldo Giuffrè (capitano nordista), Mario Brega (Wallace), Luigi Pistilli (Pablo Ramireaz), Rada Rassimov (Maria) e Angelo Novi (monaco).

Ad incorniciare le diverse scene è la magistrale colonna sonora composta da Ennio Morricone, già collaboratore di Sergio Leone.        

Stati Uniti, 1862. Il periodo è quello della guerra di secessione tra Unione Nordista e Confederazione nordista.

La trama de Il buono, il brutto e il cattivo ruota attorno ad un obiettivo comune ai tre protagonisti: il bottino di 200.000 dollari nascosto da Bill Carson in un cimitero. C’è un elemento che differenzia il modo in cui i personaggi principali vogliono appropriarsi di questa ingente somma di denaro: la differenza che intercorre tra le motivazioni appartenenti a ciascuno di loro.

Sentenza (Lee Van Cleef) è “il cattivo”. È un sicario che viene a sapere da due soldati confederati dell’esistenza di un tesoro nascosto dal loro compare Jackson, che intanto ha cambiato nome ed è ora noto come Bill Carson (Antonio Casale).

Parallelamente, il fuorilegge Tuco Ramirez – “il brutto” – (Eli Wallach) viene catturato dal “buono” (Clint Eastwood), un cacciatore di taglie.

Al momento dell’impiccagione di Tuco, il “buono” – che verrà poi continuamente denominato “biondo” – gli salva la vita sparando al cappio appeso al suo collo.  Da questo evento nasce un accordo tra i due, che diventano soci. Tuttavia, questo accordo ha vita breve: il Biondo decide poco dopo di abbandonare Tuco nel deserto, non prima di averlo legato e lasciato a piedi.

Tuco riuscirà a liberarsi e a ritrovare il Biondo, catturandolo alla fine di un inseguimento. La vendetta esercitata da lui sul suo ex-socio fa leva sulla sofferenza prolungata di quest’ultimo, che viene costretto ad attraversare il deserto vedendosi negare l’acqua e soffrendo uno stato intenso di disidratazione.

A salvare la vita appesa ad un filo del Biondo è proprio Bill Carson, giunto su una carrozza trainata esclusivamente da cavalli insieme a diversi soldati confederati morti. Carson è in fin di vita e, prima di spirare, rivela il nome della tomba sotto cui sono nascosti i soldi al Biondo; ciò costringe Tuco a collaborare con il suo ex-socio.

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Da sinistra verso destra: Clint Eastwood, Eli Wallach, Lee Van Cleef e Sergio Leone.

Il Biondo, Tuco e Sentenza ci mostrano tre maniere diverse e allo stesso tempo inestricabili di approcciarsi ad uno stile di vita che condividono.

Ne Il buono, il brutto e il cattivo, il personaggio di Tuco è il più vulnerabile ed è quello che più volte cade vittima della sua stessa, malcelata ingenuità. Anche il singolo fatto che è l’unico di cui sappiamo nome e cognome può essere eventualmente interpretato come un simbolo di vulnerabilità; è l’unico la cui identità è scoperta a differenza del Biondo e di Sentenza, i cui nomi non sono mai rivelati nell’opera di Sergio Leone.        

Tuco ha un carattere che lo rende più sensibile a provocazioni ed attacchi di vario tipo e dimostra in più occasioni di non essere in grado di mantenere incondizionatamente la calma, al contrario del Biondo e di Sentenza. Nonostante sia uno squilibrato a tutti gli effetti, Tuco mostra più di tutti il proprio lato umano: è estremamente suscettibile agli eventi esterni ed è vittima della propria mancanza di autocontrollo. Le emozioni hanno spesso il controllo su di lui, che vorrebbe essere spietato ma non ha la freddezza necessaria a perseguire il suo obiettivo.

Il Biondo è l’antitesi di Tuco. Il fatto di averli vicini per gran parte della durata del film ci aiuta a notare ancora di più le loro discrepanze caratteriali a partire dal carisma di Biondo e dalla lucidità che non lo abbandona neanche nei momenti più tortuosi.          
Gli atteggiamenti del Biondo in relazione ai conflitti d’intensità crescente ci suggeriscono che vederlo perdere la razionalità sarebbe estremamente difficile, se non impossibile. È un uomo scaltro, padrone fino all’ultimo delle proprie scelte; anche quando sembra di vederlo in ginocchio di fronte agli avvenimenti lo vediamo rialzarsi e trovare una soluzione al problema che di fronte.

Autocontrollo, carisma e lucidità sono doti appartenenti anche a Sentenza. Cos’è, allora, che lo distanzia così tanto dal Biondo?         
La crudeltà di Sentenza è una delle caratteristiche che abbiamo modo di vedere sin dall’inizio del film. Per compiere i suoi obiettivi è disposto a tutto, in assenza totale di compromessi. In lui sono assenti emozioni che non siano relative alla spietatezza; Sentenza incarna più di tutti la figura del perfetto sociopatico. Mentre nel Biondo vediamo determinati standard morali, Sentenza agisce quasi esclusivamente in virtù della propria volontà di vedere gli altri soccombere al suo cospetto, che è una condizione necessaria per fargli raggiungere l’obiettivo rappresentato dal bottino di Bill Carson.

Il buono, il brutto e il cattivo. Ricordando Sergio Leone 1
Il “triello”.

L’iconico triello

Impossibile non menzionare la scena del triello (“duello a tre”), impressa a fuoco nella storia del cinema. L’attenzione si concentra in parti uguali sull’aspetto visivo e su quello uditivo, dando vita ad un tripudio di dettagli sapientemente studiati e montati in questa sequenza carica di suspense.        

I primissimi piani scelti da Sergio Leone sono funzionali all’immedesimazione dello spettatore nelle sensazioni provate dai tre protagonisti. I loro sguardi dicono molto più di quanto potrebbero fare le parole e si muovono sospettosi tra l’uno e l’altro, carichi dell’incertezza che domina il momento in questione; nessuno sa come possano andare a concludersi le cose, nessuno ha idea di chi fra loro tre possa avere la meglio sull’altro.

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