La Guerra di Domani: recensione

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La Guerra di Domani (Tomorrow’s War) è un film del 2021 per la regia di Chris McKay, distribuito da Prime Video.

Corrono tempi strani. Una volta si decretava il successo di una pellicola in due modi: i biglietti staccati e, poi, i supporti analogici acquistati, cassette prima, DVD poi. Quell’epoca è ormai terminata, e indubbiamente la pandemia ha contribuito all’accelerazione di un processo inevitabile.

La Guerra di Domani è un fulgido esempio di action movie del terzo millennio, in quanto è perfetto connubio fra tutte, e dico tutte, le polemiche che hanno infiammato Hollywood negli ultimi due anni, è perfetta analogia per la situazione pandemica: è politically correct – secondo i nuovissimi canoni sviluppati recentemente – ed è abbastanza innovativo da poter piacere alle persone. Resta, però, un film mediocre.

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Partiamo dall’inizio. Il sempre ottimo Chris Pratt impersona Dan Forester, un biologo insegnante delle superiori con il sogno di fare il ricercatore (da una biologa e ricercatrice: Dan, non farlo. Tieniti il posto fisso). Ha una moglie, e una bambina, Muri. Durante la finale di calcio dei mondiali del 2022, un gruppo di soldati – tutti giovanissimi – dal futuro annunciano che di lì a poco una spaventosa guerra sarebbe iniziata: degli alieni, detti idre bianche, avrebbero invaso la terra e portato l’umanità sull’orlo dell’estinzione. Infatti, quel messaggio proviene da ventotto anni avanti nel futuro.

Come prevedibile, la risposta delle nazioni fu inizialmente disunita, per poi dar luogo ad una sequela di eventi di fantapolitica: viene istituita una recluta di massa, di uomini e donne indistintamente, per combattere, nel futuro – i soldati vanno e vengono grazie ad una macchina denominata Cronotrasporto – assieme ai loro figli. Dan viene chiamato, forte anche del suo servizio in Iraq e dell’esperienza datagli dal padre aviatore e veterano del Vietnam, e fa ben presto conoscenza di sua figlia nel futuro, divenuta PhD in Genomica al MIT, e interpretata da Yvonne Strahovski, che recupera il ruolo che la rese famosa in Chuck: l’eroina.

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 Ovviamente tutto è bene quel che finisce bene, ma come ho già detto, La Guerra di Domani è un film assolutamente mediocre: nel tentativo di salvare capre e cavoli scade in una serie di buchi di trama spaventosi, che non vengono mai, e mai, rappezzati. Il più palese è quello che banalmente copre i viaggi nel tempo: nonostante gli esempi – Interstellar, Tenet, Looper, Dark, Predestination, Terminator, Arrival, Donnie Darko – la trattazione del paradosso temporale è banalissima e manca di spiegare come un’umanità ridotta a poche centinaia di migliaia di unità abbia avuto la capacità di sviluppare un ponte di Einstein-Rosen. Inoltre, sebbene venga affermato nel film che il tempo sia ineluttabile, effettivamente il futuro viene modificato: non siamo in presenza dell’accurata scrittura di classici dell’animazione come Steins Gate, ma una trattazione meno tarallucci e vino avrebbe giovato.

Al di là della superficialità della scrittura, la tridimensionalità dei personaggi è sostanzialmente nulla: i conflitti interiori più lancinanti di Dan si riducono ad un rapporto conflittuale col padre (un sempre brillante J.K. Simmons, premio Oscar per Whiplash), mentre quelli di Muri risultano, nonostante quarant’anni suonati, quelli di una bimbetta arrabbiata.

Un importante tema è però trattato in La Guerra di Domani: il primato della scienza, e della cultura, sull’ignoranza. I protagonisti sono tutti scienziati: Dan è un biologo, il padre un ingegnere meccanico, la figlia ugualmente biologa, il coprotagonista Charlie (Sam Richardson) è un geologo. In molteplici scene il protagonista ricorda ai suoi studenti come sia indispensabile formarsi come scienziati in un’epoca sull’orlo dell’abisso – un intelligente pun degli sceneggiatori a tutti i complottisti che sono spuntati come Amanita phalloides durante la pandemia. Tale scelta è indubbiamente fra i pro di una pellicola che, altrimenti, si reggerebbe su fondamenta friabili. La Guerra di Domani si rivolge ad un pubblico gen Z, principali fruitori dei siti di streaming. E lo fa in modo palese, per chi è nato una generazione addietro: le scene sono rapidissime, in modo da non far mai calare l’attenzione, lontano eoni dagli infiniti piani sequenza dei film di Schwarznegger e Stallone degli anni ’80; riunisce ispirazioni ben note e care ai più, ma sconosciute ai giovani. Al già citato Terminator, si unisce Alien – per l’idea delle idre bianche come carico di una nave schiantatisi per sbaglio su un altro pianeta. La patinatura delle scenografie è quella di Star Trek: Next Generation e dei lavori di JJ Abrams. Ad Abrams è anche connesso il nome del direttore della fotografia, Larry Fong, che dipinge una pellicola pulita, nitida, scorrevole. Ad ogni modo, oltre al politically correct – e va benissimo: il rapporto fra bianchi e neri, nel film, è 1:1, mentre il ruolo di eroina viene lasciato proprio alla protagonista femminile – La Guerra di Domani non apporta nulla di nuovo al genere. Estremamente lungo, in quanto supera di molto i 120 minuti, porta un messaggio non ben chiaro – se non quello di “ragazzi, studiate bene la fotosintesi: un giorno vi servirà”. Ritenta, Prime: andrà meglio.

Giulia Della Pelle
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