Margin Call, lo spietato retrospetto sui macellai della grande crisi economica

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Alle volte l’algoritmo di Youtube, oltre ai video di Finnegan Fox o a meme di dieci anni fa mai diventati virali fino ad oggi, è in grado di regalare perle notevoli. E’ così che, due notti fa, mi sono imbattuto in Margin Call.

“Ci sono tre modi per andare avanti in questo campo: essere i primi, essere più furbi, o truffare”

Film non esattamente recente, produzione indipendente e distribuito nelle sale statunitensi l’ormai lontano 21 ottobre 2011, è una delle tante narrazioni che, con retrospettiva, sono state portate nel mondo cinematografico a raccontare le dinamiche della grande crisi economica del 2008, o meglio, un suo preciso spaccato.

Ambientato nella sede di una grande filiale bancaria non precisata nel giro di 24 ore (tutti gli indizi lascerebbero pensare alla Lehman Brothers o alla Goldman Sachs), con una produzione a “basso budget” ed un cast d’eccezione, Margin Call riesce a dare uno spaccato di quelli che furono gli agenti innescanti e dei protagonisti nascosti di quella grande recessione che, dodici anni fa, mise in crisi il mondo intero

Diretto da un J.C Chandor al suo esordio cinematografico, Margin Call si mostra come un film atipico nel suo genere, dai toni dimessi accostati ad un importante senso di tensione che, durante tutta la pellicola, non abbandona mai lo spettatore.

“Ci sono otto trilioni di dollari di cartaccia in giro per il mondo, che si basano su quell’equazione”

Jared Cohen (Simon Baker)

Eric Dale (Stanley Tucci), “alto papavero” del team di analisi rischio, sta studiando le condizioni del mercato bancario, notando dei dati preoccupanti e indice di una situazione tutt’altro che florida. Prima di completare il suo lavoro, però, viene licenziato durante uno di quegli hammeering di routine che, in società nel genere, tagliano spietatamente teste garantendo un ricambio di forze continuo, ed affida quanto fatto al giovane Peter Sullivan (Zachary Quinto).

Il giovanissimo dipendente qualche ora dopo, incuriosito dalle espressioni preoccupate del suo ormai ex capo, decide di completare il lavoro che gli era stato consegnato andando così a scuotere una polveriera destinata a segnare la vita della popolazione mondale dello scorso decennio. Il mercato è al collasso, l’azienda (lei come molte altre) ha sui suoi libri contabili uno svariato numero di titoli tossici che, nell’arco di poche ore, potrebbero portare a perdite addirittura superiori al valore capitale dell’azienda stessa. Titoli fruttati da analisi di mercato basate su valutazioni difettose di cui nessuno, a quanto pare, non si era mai accorto.  

Margin Call recensione

Al netto della situazione le alte sfere amministrative, rappresentate dal classico “squalo” John Tuld (Jeremy Irons) e dall’enfant prodige e dirigente quarantenne Jared Cohen (Simon Baker) decideranno, dopo una riunione notturna improvvisa convocata in seguito alla scoperta del giovane, di vendere l’intero pacchetto di titoli con estrema rapidità, nell’arco di una sola giornata, dando inizio per primi ad un fragoroso terremoto del mercato, incipit di quella che sarà poi la grande recessione. La musica si è fermata, come dice proprio Tuld, e qualcuno rimarrà senza sedia.

“Vendiamo ad acquirenti consenzienti, semplicemente per riuscire a sopravvivere”

John Tuld (Jeremy Irons)

Unico bastien contrario alla scelta un esperto agente di cambio, Sam Rogers (Kevin Spacey), conscio di come la grande vendita improvvisa avrebbe messo a rischio l’intera economia inondando il mercato, letteralmente, di titoli tossici. Mors tua vita mea, insomma. Per salvare l’azienda, con un fare quasi machiavellico, si opta per la distruzione di tutto il resto e, ovviamente, per il sacrificio di facciata di qualche testa che dovrà cadere di fronte agli investitori, quella di Sarah Robertson (Demi Moore).

Così, in una notte al cardiopalmo, tra i freddi e vuoti corridoi di un’azienda un limitato gruppo di uomini prende in carico il destino dell’intera società contemporanea, portandola alla sua condanna.

Margin Call recensione

Nominato agli Oscar del 2012 nella categoria “Miglior sceneggiatura originale”, Margin Call è un film in grado di andare contro il trend dello “strafare” hollywoodiano, mostrandosi in una forma estremamente minimale e dimessa, con una tendenza quasi claustrofobica che non va a limitare la narrazione ma, anzi, la esalta.

Così lo scarsissimo utilizzo di musiche di background nelle scene esalta il silenzio notturno e i toni degli interpreti, mettendo in evidenza tanto quella quiete prima della tempesta, da un lato, quanto le diverse colorature caratteriali dei personaggi che, affidati all’espressività dei loro interpreti, divengono così egocentrici macellai da mercato o sofferenti e titubanti interpreti di un gioco sanguinoso e ben poco umano.

“Ricordatevi questo giorno, ricordatevelo bene”

Sam Rogers (Kevin Spacey)

Nonostante la situazione di grande tensione, però, Margin Call non alza mai i toni

Margin Call, lo spietato retrospetto sui macellai della grande crisi economica 1

 Non si cade mai nella teatralità esasperata del broker di “The Walf of Wall Street” o sulla narrazione “epica” di “La Grande Scommessa”. L’ansia, l’angoscia e il rapporto empatico con il dramma di quanto sta per avvenire vengono mostrati senza drammatizzazioni eccessive, con una fotografia dai colori freddi e con interpretazioni dimesse. I personaggi non perdono mai le staffe, mai un vero e proprio gesto di rabbia o di sfogo, mai una chiara dimostrazione di disperazione. Ogni sentimento negativo, rabbia, dolore, paura, viene contenuto e soppresso, mostrandosi sui volti dei protagonisti tramite microespressioni facciali e dialoghi “repressi”. Si procede verso il disastro e lo si fa uniti, compatti, ordinati, con la barba appena tagliata e la cravatta appuntata nel modo giusto.

Il modo migliore, ed è chiaro, per rendere l’idea di quel silenzioso “bagno di sangue” avvenuto nel giro di poche ore, di nascosto dagli sguardi altrui.

Margin Call è la narrazione di un sacrificio scellerato dove le scelte di pochi hanno letteralmente aperto ai cimiteri di molti mostrando l’immenso potere degli “uomini di mercato” e delle loro decisioni che, in un pugno di attimi, potrebbero ribaltare il mondo intero.

Così, proprio nel 2008, in una notte insospettabile e silenziosa, si è deciso di seppellire velocemente e senza remore “la bestia” ormai morta, abbandonando la carcassa al suo destino nel giardino di una casa altrui, tentando di privarsi di qualunque responsabilità, proprio come un afflitto Sam Rogers, simbolicamente, si ritrova a fine film a fare con il suo cane. Una fossa scavata dalle stesse mani che lo avevano nutrito, senza una vera e propria possibilità di scelta. E questo, in Margin Call, è chiaro fin dalle prime scene: non ci viene offerta mai una vera e propria scelta.


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Lorenzo Natali
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