The Falcon and The Winter Soldier – Quando la politica parla su Disney+

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Altro giro, altra cosa. Dopo sei settimane, e altrettante puntate, si è chiusa The Falcon and The Winter Soldier, la seconda serie prodotta dai Marvel Studios ad arrivare su Disney+.

Una serie estremamente diversa da WandaVision, sia per temi che per genere di narrazione. Là dove le avventure di Wanda Maximoff ci avevano catapultato in un thriller a tinte mistiche, il peregrinare di Sam e Bucky ci ha trasportato nel cuore dei problemi sociali statunitensi, con un aggancio al Black Lives Matter a dir poco notevole.

Dopo questo incipit è il momento di approfondire meglio ciò di cui stiamo parlando. Attenzione: non ci sarà alcun filtro su spoiler o anticipazioni, per cui leggete a vostro rischio e pericolo.

the falcon and the winter soldier recensione

The Falcon and The Winter Soldier ci mostra il mondo sei mesi dopo il finale di Avengers Endgame: dopo cinque anni miliardi di persone sono tornate, cercando il proprio posto sul pianeta. Il risultato, dopo cinque anni di stravolgimenti e di adattamenti, è quello di una politica che stenta a dare una risposta.

I confini diventano il grande ostacolo da superare per recuperare quella vita andata distrutta cinque anni prima, e ciò viene esemplificato dal nome del gruppo terroristico antagonista dei protagonisti: Flag Smashers, gli Spezza Bandiere, uniti sotto il grido di “Un mondo, un popolo”.

E Sam Wilson e Bucky Barnes? Entrambi sono alle prese con i propri problemi, più umani, meno eroici. Per Sam è il momento di tornare a occuparsi della propria famiglia, a partire dalla sorella Sarah. Per Bucky è la volta di guardare in faccia il proprio passato, i propri personali demoni.

Entrambi sul solco di quanto lasciato da Steve Rogers. Un’eredità pesante, uno scudo dal retaggio complesso, abbandonato all’inizio della serie da Sam, affinché faccia la sua bella figura in una teca. Non è così d’accordo il governo, che nomina a sua insaputa un nuovo Captain America.

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In sei puntate, in maniera per certi versi diluita, lo spazio narrativo finisce per incastrarsi come un vero e proprio puzzle, componendo una storia complessa, pronta a mescolare realtà e fantasia.

Sullo sfondo di una spy story, erede spirituale del film Captain America The Winter Soldier, sono due i filoni narrativi a gestire il racconto, arrivando a incastrarsi nel gran finale.

Il primo grande tema è quello della discriminazione negli Stati Uniti. Insieme a Sam scopriamo l’esistenza di un supersoldato afroamericano, tenuto nascosto al mondo: mentre Steve Rogers diventava leggenda, Isaiah Bradley veniva torturato in prigione. A Isaiah spetta il ruolo di voce della comunità afroamericana, dei discriminati, degli oppressi. Un ruolo forte e intenso, di grande impatto.

Sue alcune delle parole più importanti di The Falcon and The Winter Soldier: di fronte a Sam critica fortemente lo scudo, definendolo simbolo della loro oppressione. Quelle stelle e quelle strisce costruite sul sangue del popolo afroamericano.

A partire dalle parole di Isaiah, e prendendo la propria personale decisione, Sam sceglie di essere Captain America, di raccogliere l’eredità lasciatagli dall’amico, e di diventare egli stesso un simbolo. Il ruolo di Captain America, di Sentinella della Libertà, è più di una maschera da eroe: è il simbolo di libertà, di uguaglianza, di lotta all’oppressione, al fianco dei deboli.

Per questo Sam, nonostante sia consapevole dell’odio di una parte dei suoi concittadini, accetta di diventare quel simbolo. A cosa lo condurrà?

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Il secondo tema è proprio l’eredità di Steve Rogers, il cui racconto si svolge su due binari paralleli: quello di Sam, e quello di John Walker, il Captain America designato dal governo.

Cosa rende tale Captain America? Questa è la domanda a cui bisogna rispondersi.

Per John la risposta è nel siero del supersoldato: lo brama, lo rincorre, lo desidera. Eppure è proprio quando assume il siero che mostra il comportamento più lontano possibile da quello Steve Rogers che tanto diceva di ammirare.

Per Sam, e per chi crede in Sam, è nelle qualità morali. Steve Rogers non era speciale in virtù del siero, ma era speciale in virtù di una sua moralità inossidabile e invincibile, in ogni situazione. Steve ha scelto Sam proprio perché aveva conosciuto in lui gli stessi valori, ed è questo che Sam mostra durante la serie: evitare il conflitto, utilizzare l’empatia, comprendere l’avversario, e lottare per la più giusta delle cause.

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Una buona serie? Decisamente sì, ma non esente da difetti.

I personaggi secondari, come il John Walker di Wyatt Russell, o il barone Zemo di Daniel Brühl, hanno una caratterizzazione tale da mettere in secondo piano, fin troppe volte, i due protagonisti.

Anthony Mackie e Sebastian Stan stentano a brillare, se non in determinati momenti. A livello di scrittura si sarebbe davvero potuto fare di più, per donare il giusto spazio a entrambi i protagonisti titolari della serie.

Nella suddivisione degli episodi, e nell’equilibrio tra action e didascalico, si entra invece in un campo davvero soggettivo. La serie ha regalato degli ottimi momenti d’azione, intervallati da uno sviluppo della componente umana davvero notevole.

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The Falcon and The Winter Soldier: sì o no?

Siamo giunti al momento della nostra conclusione. The Falcon and The Winter Soldier è una serie da vedere? La risposta è assolutamente sì. Black Panther aveva già dimostrato come si potesse parlare di supereroi e di sociale, senza che l’uno escluda l’altro, e questa serie non ha fatto che portare tale concetto davvero a un nuovo livello.

Tra pregi (tanti) e difetti (pochi), The Falcon and The Winter Soldier si impone come una produzione da non perdere. Se questa è la qualità delle serie dei Marvel Studios, datecene altre.

Andrea Prosperi
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