Non basta un articolo per riassumere le tante battaglie sul campo di Gino Strada e per questo non voglio parlare di quello che è stato e che ha fatto in questi anni. Ma voglio ricordarlo per l’uomo libero e coraggioso che era, un professionista altruista che ha contribuito a lenire le sofferenze dei più fragili.
Un attivista pacifista, sempre dalla parte dei più deboli per portare cure e soluzioni nelle parti più disagiate del mondo. Un medico impegnato sul campo in prima persona, uno di quelli che dava aiuto senza dare nulla in cambio cambio. Un fulgido esempio di sacrificio, speranza, passione e umanità.
Questo era Gino Strada: un uomo colmo di altruismo, cui tutta la gratitudine del mondo non basta per ringraziarlo del suo lavoro e della sua creatura Emergency, uno dei testamenti di civiltà più importanti e significativi, un’organizzazione non governativa impegnata a costruire ospedali di pronto intervento nei Paesi vittime di guerre e nelle zone più povere della terra.
Adesso lo immagino parlare con mio padre – che lo ha preceduto di 13 giorni – della prima missione in Ruanda, delle trattative per liberare il giornalista Daniele Mastrogiacomo sequestrato in Afghanistan, del rifiuto della guerra, del divieto delle armi e di quell’ignobile grido “aiutateli a casa loro” di chi non ha nemmeno l’idea di che cosa voglia dire aiutarli a casa loro.
“I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi. Uguaglianza deve significare davvero che tutti sono uguali, e non che alcuni sono più uguali di altri”
Gino Strada
Oggi, rimango orfana un’altra volta, nel giro di due settimane, di un padre. E il destino beffardo lo ha portato via il giorno in cui i talebani hanno riconquistato l’Afganistan, quella terra che tanto hai amato e hai aiutato è morta con te. Sta a noi, adesso, mantenere vivo il tuo ricordo ed agire secondo i tuoi insegnamenti.
Ma questo, caro Gino, è un mondo duro, cattivo con i buoni e buono con i cattivi, che chiama “buonista” chi ha umanità e “capitano” chi non ce l’ha. Un mondo in cui a governare è l’Occidente, dove i potenti sono sempre più affamati di potere e le armi si vendono nei supermercati accanto ai cioccolatini. Ma io ho creduto in te, alle tue gesta che oggi s’innalzano ad eroicità.
Ultimo baluardo dell’amore per il prossimo in questa società. Saresti stato un ottimo candidato per sedere al Colle, un posto che avresti sicuramente onorato e meritato. Un privilegio aver vissuto un pezzettino della tua epoca. Grazie per i tuoi insegnamenti, per le tue lotte e la tua voglia di giustizia del bene. Continueremo a lottare per difendere l’umanità dal cancro dell’odio.
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1 commento su “E adesso chi cura le ferite della sua assenza?”
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