Giacomo Festi: scrivendo tra note e celluloide | Intervista

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Abbiamo avuto il piacere di incontrare e scambiare quattro chiacchiere con lo scrittore Giacomo Festi, ecco cosa ci ha raccontato.

Quando si pensa agli scrittori, di solito, la mente può ricorrere a signori di una certa età immersi in una pila di libri, fogli mezzi scarabocchiati ed una pipa perennemente accesa che crea corridoi di fumo tra le spire di carta.

In questo “quadro” si sarebbe potuto riconoscere il caro vecchio J. R. R. Tolkien per poi abbinarci ad esso un giovane Ernest Hemingway che, tra una pallottola e l’altra, prende spunto per il suo colossale Per chi suona la campana. Romanzo imprescindibile che, anni dopo, i Metallica omaggeranno in una loro nota canzone.

Ma cosa c’entra l’heavy metal, tecnicamente thrash in questo caso ma sono dettagli, con la scrittura? Beh, probabilmente c’entra anche con fumetti, cinema e serate di noia adolescenziale passate in una fredda cittadina del Nord Italia.

Tale cittadina, oltre ad aver dato i natali musicali ai Sandness, ha fatto la stessa cosa con lo scrittore Giacomo Festi. Amico di vecchia data, compagno di band e mente sempre alla ricerca di nuove dimensioni da esplorare. Una di queste è, per l’appunto, “Excursus Vitae”, il suo nuovo libro che verrà presentato al Salone di Torino.

Chi è Giacomo Festi in poche parole?

Ciao, e grazie mille per la piacevole ospitata! In poche parole? Quello che si può vedere, con le variabili che caratterizzano ciò che gli occhi sanno cogliere, per loro natura direttamente proporzionali alla voglia di scoprire veramente. Pure io sto cercando di scoprirlo da tutta la vita e spero di non riuscirci mai. Non del tutto, almeno.

Come trovi le maggiori ispirazioni per le tue idee?

Pensando a quello che mi fa paura.

E cosa ti spaventa?

Tante cose. Il più delle volte, quello con cui convivo. Quello inteso come materia astratta, non il genitore.

Come, e quando, hai deciso di iniziare a scrivere?

Sai quei momenti che segnano un prima e un dopo, indimenticabili, cristallizzati nel tempo e nella memoria? Non è questo il caso. Semplicemente, c’era qualcosa che chiedeva di uscire. Il più delle volte è il processo ultimo della digestione e spesso il risultato è il medesimo.

Guardandoti indietro, cosa diresti al Giacomo Festi adolescente?

Contando che sono sopravvissuto, in ordine rigorosamente sparso, a una pandemia, alla mia adolescenza, ad un assalto frontale, alla consapevolezza, alla dignità, alle certezze, a me stesso, alla più bella solitudine e alla più spiacevole compagnia … beh, caro amico, ti è andata bene.

E a quello del futuro?

Non direi nulla. Chiederei su cosa investire.

Giacomo Festi: scrivendo tra note e celluloide | Intervista 1
Giacomo Festi: scrivendo tra note e celluloide | Intervista

Parlaci un po’ della genesi del tuo ultimo libro

Eh … nacque in quello che credo sia stato l’ultimo periodo lieto della mia vita. Poi, come ho scritto nella postfazione, sono seguite una serie di disgrazie ogni volta che l’ho ripreso, tanto che mi sono ritrovato a revisionarlo durante delle degenze ospedaliere, non sempre mie. L’anno in cui ho deciso di riscriverlo è scoppiata la pandemia, ergo, lo chiamo il romanzo maledetto per dei motivi precisi.

Hai avuto delle difficoltà?

Ancora di più? (ride) Non lo nascondo, per la sua particolarità è stato davvero difficile trovare un editore disposto a pubblicarlo, tanto che avevo quasi deciso di gettare la spugna. Qualche coraggioso però alla fine si è fatto avanti. Ora come ora, il difficile è raccontare la trama senza sembrare un completo idiota.

Si dice che i geni siano coloro in grado di anticipare i tempi, mentre a “quelli bravi” spetta decodificare il presente. Noialtri ci arrangiamo come riusciamo.

(Giacomo Festi – Excursus Vitae)

Un “parto” difficile …

Scrivere è un duro lavoro, ma è sempre meglio che lavorare.

Perché questo titolo?

Questo libro mi ha accompagnato per la bellezza di sei anni, un periodo in cui la mia vita è cambiata drasticamente, sia in meglio che in peggio. È un po’ come fare un tuffo in tutto quello che ho passato, un excursus nella mia ultima esistenza. Chiude un cerchio. E poi è latino, l’ideale per un romanzo maledetto. Trovami una maledizione efficace che non contenga almeno una parola in latino.

Il romanzo affronta temi ancora oggi controversi e li espone in maniera piuttosto cruda. Non hai timore di come il pubblico possa recepirli?

La mia unica preoccupazione è di averli affrontati con la sensibilità e il tatto necessari. Se qualcuno dovesse rimanere scandalizzato da un passaggio … ben venga!

In una delle storie le protagoniste sono delle bambine, ma vivono in una dimensione “altra”, tanto che in alcuni passaggi il loro sesso sembra essere del tutto ininfluente. Ha a che fare con i temi sull’identità sessuale che tengono banco negli ultimi anni? E che ne pensi?

Scrissi la prima stesura di questo romanzo nel 2015, l’anno delle marce per l’approvazione della Legge Cirinnà, a cui partecipai. Diciamo che ero in anticipo sui tempi senza saperlo. Sul resto non credo ci sia molto da pensare, quanto da fare. Trovo giustissimo che le persone riescano ad esprimersi come meglio credano e in totale libertà, senza temere ripercussioni.

Purtroppo c’è ancora tantissimo da lavorare, anche perché trovo si ragioni per estremi e mai abbastanza per sfumature, che comprendono tutte le possibili variabili del discorso. Di base, spero che arrivi un futuro il più prossimo possibile dove chiunque possa essere sé stesso senza sentirsi osteggiato in qualunque maniera.

Giacomo Festi: scrivendo tra note e celluloide | Intervista 2
Giacomo Festi: scrivendo tra note e celluloide | Intervista

Progetti per il tuo futuro prossimo e più “remoto”.

Con questo romanzo ho finalmente capito che tipo di libri voglio scrivere, qualunque cosa significhi. Sto portando avanti delle idee, tempo permettendo, vedremo quali concluderò e se troverò altri pazzi disposti a pubblicarle. Tutto dipende da come verrà accolto questo. In pratica non posso stare tranquillo nemmeno adesso …

Un consiglio agli aspiranti scrittori?

Innanzitutto, chiederlo a un vero scrittore. Per quello che posso dire io: siate curiosi. Non solo di libri e letture, a volte bisogna chiudere i libri ed esplorare il mondo reale, ascoltare le storie che le persone ci raccontano. Leggere non migliora affatto, affina solo quello che è già presente. Al massimo, dovrebbe far capire che ogni persona ha la sua complessità, il compito di un bravo autore è trovarla nell’impensabile.

Ci conosciamo da tanto e tra Lynch, Miura e Cronenberg, hai sempre portato alto lo stendardo dei Manowar. Come ti hanno ispirato?

I primi tre hanno una funzione a “doppia mandata”: da una parte mi ricordano i vertici che chiunque abbia una qualche ambizione artistica dovrebbe impegnarsi a raggiungere, dall’altra mi rammentano che devo ancora mangiarne tante di bistecche. I Manowar … dopo una seconda metà da ventenne trascorsa cercando di diventare adulto a tutti i costi, coi trenta mi hanno ricordato che pensare troppo è inutile e ogni tanto non bisogna dimenticare l’ignoranza necessaria per sopravvivere.

Quindi ci sarà tanta ignoranza?

Tanta esagerazione, senza preoccuparmi di sembrare ridicolo. Se devi colare a picco, tanti vale farlo in grande stile, non curandoti di quello che possono pensare gli altri. Anche questo è diventare adulti.

Vanni Versini
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