RökFlöte dei Jethro Tull: recensione

| |

RökFlöte è il ventitreesimo, nonchè nuovo album dei leggendari Jethro Tull, uscito il 21 aprile del 2023, per InsideOut.

Ogni appassionato di prog sa benissimo che, per questo particolare genere, le orecchie si dovranno indirizzare quasi per forza verso due Paesi in particolare. Da una parte c’è l’Italia, con gruppi come Goblin, PFM, Banco del Mutuo Soccorso, Orme, Osanna e così via, e dall’altra l’Inghilterra che ha dato i natali a band leggendarie come King Crimson, Genesis, Yes, Camel, Caravan e così via.

Rimanendo in Terra d’Albione c’è sempre stato un gruppo che si è particolarmente distinto per un flautista decisamente sopra le righe, e citato pure in un episodio di Breaking Bad se vi ricordate bene, e si tratta ovviamente dei Jethro Tull.

La band, dopo una carriera lunghissima e svariati cambi di formazione, arriva dunque al 2023 con RökFlöte dove Anderson decide di omaggiare le sue origini nord europee. Da ricordare che, inizialmente, si è pensato ad un album strumentale, o forse è meglio dire una sorta di “mini opera” per flauto, ma poi la scelta è ricaduta su un album che gioca tra le parole Ragnarök e rock, anzi forse è meglio dire flauto rock” – RökFlöte!

Come avrete facilmente capito qui si attinge a piene mani alla mitologia norrena senza però sconfinare in territori più affini al sound di gruppi come Amon Amarth oppure nel black metal norvegese che più si rifà al folklore del proprio Paese (vedi ad esempio il debutto degli Ulver).

Insomma, come si sono approcciati i Jethro Tull a quello che è il loro ventritreesimo album in studio pubblicato, per l’appunto, in questo 2023? Beh, inforchiamo le cuffie e scopriamolo!

Voluspo: come iniziare un album? Ovviamente dal principio ed è qui che, come per la Genesi cristiana, i norreni parlavano dell’inizio del loro mondo ed anche della sua stessa fine. Una voce femminile, magari la veggente o vǫlva, apre le danze, ma poi sono il flauto e le chitarre a farla da padroni. Un suono più freddo e tagliente, magari non ce lo si aspettava in effetti, ma che comunque ci porta dritti in un mondo di miti e leggende tra boschi e fiordi.

Ginnungagap: piccolo salto “indietro nel tempo” con quello che era l’abisso cosmico prima della creazione del mondo e che i Jethro Tull hanno scelto tra i singoli per lanciare il disco, qui sotto vi lasciamo il video. Singolo nuovo anche se non mancano dei rimandi alla loro produzione più “folk” come fu per “Songs from the Wood” del 1977.

Allfather: atmosfere quasi gioiose e fiabesche ci accolgono per un brano che, a giudicare dal titolo, parli di Odino come “padre di tutti gli dei”. Un occhio in meno, ma una saggezza che ha guidato tutto il Pantheon norreno nel corso di secoli di grandi storie ed imprese!

The Feathered Consort: un’aura mistica, quasi da bardo, sembra investire Anderson che, sorretto dal tappeto sonoro della band, srotola il suo racconto per la platea di ascoltatori.

Hammer On Hammer: come parlare di miti norreni senza citare il terrificante Ragnarök? Ecco, non si può ed anche il video, usato per pubblicare questo singolo, ne è la prova! Joe Parrish-James qui si scatena alle chitarre alternando acustiche, elettriche e mandolino per un brano leggermente più “heavy” rispetto a quanto sentito fino ad ora.

Wolf Unchained: un lugubre ululato ci fa subito capire il tipo di animale mitologico che si andrà a “disturbare” in questa traccia. Trattasi di un feroce lupo, molto probabilmente Fenrir, bramoso di sangue le cui gesta e movenze vengono ben evidenziate da un interessante gioco tra voce, flauto, tastiere e chitarre.

The Perfect One: l’inizio è molto più affine ad una classica ballata da taverna medievale, ed anche il ritmo successivo è abbastanza “tranquillo” per non dire “sottotono”, perciò potreste anche pensare di mettere su questo brano come sottofondo se siete degli amanti di giochi di ruolo come Dungeons & Dragons o affini. Scherzi a parte il significato qui è piuttosto criptico anche se c’è una vocina dentro che mi sussurra Loki. E a voi?

RökFlöte jethro tull recensione

Trickster (And The Mistletoe): assalti sonori che miscelano sapientemente Blackmore’s Night ed atmosfere da taverna prendono in faccia l’ascoltatore che si troverà a sentire le gesta di un’altra creatura mitologica che fa del caos e della confusione, in ogni senso, la sua ragion d’essere. Si tratta infatti del trickster che continua ad esercitare la sua influenza anche al di fuori di antichi tomi folkloristici a quanto pare.

Cornucopia: un piacevole ritorno alle sonorità acustiche, intarsiate da un flauto semplicemente “bucolico”, ci narra invece della gioia di un raccolto abbondante che fa anche sbocciare sentimenti di tenerezza mentre, tra i raggi dorati del sole e le grida gioiose della festa, maturano orzo e grano. Sinceramente tra i pezzi che ho più apprezzato dell’intero disco.

The Navigators: altro video altro giro, ma adesso, tra tastiere in stile smaccatamente più anni Settanta, si parla del popolo protagonista di questo album. Grandi navigatori, oltre che guerrieri, erano infatti i norreni le cui gesta si perdono tra le nebbie ed il gelo dei mari del Nord.

Guardian’s Watch: interessante esperimento narrativo che mischia il Ragnarök con degli elementi moderni e presi da altre mitologie, vedi ad esempio Merlino, la cui struttura sonora continua a scegliere di puntare su un attacco acustico, che ad alcuni ricorderà il Mike Oldfield più folk, per poi riproporre un gioco al rincorrersi tra batterie ed amplificatori.

Ithavoll: forse era meglio dire Iðavöllr, ma non siamo certo Tolkien o qualche linguista perciò ce la faremo andare bene così. Una voce femminile ci narra in islandese, poi tornerà Anderson naturalmente, di questo luogo mitologico dove si incontravano gli dei pagani. Interessante poi come, il connubio tra tastiere e chitarre, faccia traghettare il tutto verso sonorità più affini, per un istante, al power metal più ispirato da questi luoghi mitici. Il resto è interpretazione di Anderson e poi, silenzio.

In conclusione, che dire di RökFlöte? Purtroppo, quanto sentito sul lavoro precedente della storica band inglese ha deciso di riverberarsi fino a questo RökFlöte. Nonostante abbia apprezzato molto la scelta della tematica, la voce di Anderson risulta decisamente stanca e piatta, e fino a qui pace perché ha comunque 75 anni, così come stanchi e piatti risultino gli inserti musicali. Il flauto rimane sempre ad altissimi livelli, ma il continuo ripetersi di inizi acustici, svolgimento in equilibrio con l’elettrico e finale folk dopo un po’ stanca. Insomma, se RökFlöte fosse stato solo flauto come doveva essere all’inizio, probabilmente la musica sarebbe cambiata in meglio. Per rimediare tornate a recuperarvi “Minstrel in the Gallery” oppure il già citato “Songs from the Woods”.

Vanni Versini
Previous

Fiorella Mannoia con Danilo Rea a Villa Erba a Cernobbio, 20 luglio 2023: photogallery

Baustelle & Venerus in concerto al Noisy Naples Fest 2023

Next
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial