I ritorni, si sa, sono la più semplice delle risposte agli intimi richiami di casa. O della propria musica. E infatti in “Farmacia” c’è ancora tanto di Frah Quintale, delle sue parole, delle sue metriche: è ciò che si aspetta, in fondo, quando si aspetta una persona da un lungo viaggio, e cioè che quella persona sia sì, cambiata, ma che sotto sotto sia rimasta la stessa, con le sue logiche, le sue emozioni, le sue parole, appunto.
Quello che Frah Quintale si è portato dietro dal suo viaggio -o pausa che dir si voglia, ma di fatto ogni cambiamento è un viaggio vero e proprio- è un’approccio nuovo alle sonorità.
Complice un Ceri forse ulteriormente maturato, l’incontro tra la musicalità della base e quella della voce è felice: Ceri scuote il Frah con sonorità effervescenti, spumeggianti, e tuttavia serene; Frah invece si lascia cullare dalle proprie note, e il classico cocktail di spensieratezza e malinconia, o (per restare in ambito paradossale) di romanticismo e disincanto, assume una prospettiva differente, più rilassata, ricca di semplicità preziosa, ma allo stesso tempo più distorta, anche grazie all’utilizzo differente, in parte nuovo per l’artista bresciano, di dispositivi orbitanti attorno al mondo dell’autotune.
Unica pecca? Forse un ritornello non necessariamente entusiasmante. Il motivo? La sensazione -infondata per carità, si tratta pur sempre di emozioni- di averlo già sentito; oppure la minimalità troppo spinta.
In ogni caso funziona, e non ci sono dubbi rispetto al suo prossimo passaggio in radio.
Il ritorno di Frah Quintale sarebbe stata una bella sorpresa a prescindere, senza troppi sforzi: lui ha voluto farci sapere che sì, ne è consapevole, ma che no, ci tiene davvero. E quindi se ne è uscito con un pezzo doppiamente soddisfacente.
Bentornato Frah.
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