Gli anni del recording in studio, passaggio obbligato per chiunque volesse fare musica partendo dal basso, sono ormai “finiti”. Se non nella loro totalità, quella che si è andata a perdere è “l’essenzialità” del “fitto” di uno studio di registrazione per chiunque volesse, in qualche modo, registrare il proprio materiale esordiente
Un poco per l’ammortizzazione dei prezzi, un poco tanto per il progresso tecnologico e l’innovazione, ormai l’home recording è diventato un tassello fondamentale da aggiungersi alle competenze di un qualunque musicista intenzionato a farsi strada nel mondo delle sette note
Non è solo, ovviamente, una questione di risparmio ma di vera e propria acquisizione di quelle competenze che, più che mai, consentono a noi poveri “leoni in gabbia” di scontrarci con l’anfiteatro della competizione musicale dandoci i giusti asset per emergere, concepire la nostra musica in modo diverso, innovativo, più controllato e soprattutto più “professionale”.
Ancor di più in un momento come quello dell’attuale pandemia la realtà dell’home recording in qualche modo si è mostrata ancora più brutalmente essenziale per l’intero universo musicale, da quello più amatoriale a quello professionale.
L’ho detto in diversi articoli e non lesinerò ora dal dichiararlo: nel ventunesimo secolo gli “obblighi” (anche senza virgolette) del musicista che vuole emergere sono decisamente aumentati
La sola competenza musicale o esecutiva non basta più e, assieme ad un’accurata gestione dei contenuti social (niente vi è di più fatale per la musica dell’avvento dell’internet e dei social, argomento di cui potrete leggere cliccando su questo link) l’abilità nell’essere “producer di se stessi” tanto su un piano economico quanto tecnico musicale è ormai balzata in primo piano. Anche a scapito, probabilmente, di quel caro e vecchio “saper suonare lo strumento” che, oggi come oggi, sembra diventare sempre più “opzionale” (non scordiamocelo mai, nell’era del social media conta più l’incartamento del regalo che il contenuto stesso della scatola).
Volenti o nolenti, pandemie o non pandemie, oggi il musicista più che mai è quindi nella condizione di dover essere in tutto e per tutto “produttore di sé stesso”. L’importanza della casa discografica nella nascita del fenomeno artistico è ormai sempre più marginale, per non dire nulla. La discografia entra in gioco, ormai, quando il fenomeno non è più tale e l’artista è già bello rodato ed in possesso di un pubblico bastevolmente corposo.
L’home recording, quindi, diviene un asset fondamentale nelle mani di chiunque intenzionato a puntare per un posto sotto i riflettori
Le competenze e i maxi studi dei professionisti sarebbero belli, ovviamente, e senza ombra di dubbio più comodi e funzionali. Le spese però sono spesso esose, specie per giungere ad una produzione di qualità, e non tutti i “musici” nascono dotati con genitori dal portafogli cicciotto e, quindi, con possibilità di spesa più o meno considerevoli. Ergo, fintanto che non si giunge a quell’indipendenza economica tale da consentirci l’usufrutto di quei sacrosanti competenti esterni, figure angeliche e dall’immensa pazienza come chiunque entrato in uno studio può ben sapere (me in primis), tocca arrangiarsi da soli.
Ed anzi sono sempre più frequenti gli artisti che, ormai ben navigati, hanno guadagnato quell’indipendenza tale da renderli ancora più produttori di sé stessi anche una volta saliti alla ribalta. Vengano presi, ad esempio, Misha Mansoor (Periphery), Thomas Andersen (Gazpacho) o Adam “Nolly” Getgood. Tre artisti, questi, che anche se sotto le luci della ribalta del mondo della musica “prog” già da anni, continuano ad autoprodursi in modo estremamente professionale, con a disposizione strumentazioni e spazi che, in tutto e per tutto (o quasi), poco hanno da invidiare nei confronti di uno studio di registrazione appositamente adibito.
Proprio nel contesto del metal è sempre più visibile e chiara, da anni, la tendenza al self-producing dei volti più “giovani” della musica occidentale. Competenze da cui poi nascono anche quelle attività di collaborazione diagonale (studi di registrazione e produzione, collaborazioni con liuterie ecce cc) in grado non solo di aumentare la notorietà ma anche di colmare il portafogli lì dove, oramai, la sola musica non basta mai a procacciarsi il pane (e questo è risaputo).
Potremmo dire, a tratti, che per il musicista del futuro la competenza nel producing è quasi più importante della virtuosità strumentale
Concetto che può far storcere il naso a molti ma, purtroppo, rappresenta una realtà con cui doversi confrontare e con cui, a maggior ragione, diviene necessario mettersi al passo.
La disponibilità dell’home recording per un qualunque progetto emergente diviene così quel passepartout, quella chiave universale in grado di riassumere in un singolo elemento il ruolo di diversi attori sociali con un diagonale perfetta e letale. Così non solo potrete “risparmiare” sulle produzioni dei vostri album, agendo e interagendo comodamente con la vostra musica anche in relazione alle comodità dei vostri tempi.
Con la competenza nell’home recording avrete la possibilità di lavorare anche a contenuti social di miglior qualità, li dove sarà più facile pubblicare brevi spezzoni più curati e quindi “magnetizzati” per le visualizzazioni ma anche, soprattutto, di conoscere quei mezzi musicali che fanno il suono e trasformano la canzone. Una conoscenza verticale profonda del contesto musicale in grado di rendere il lavoro compositivo più libero, più aperto, svincolato dalle catene dei pochi utensili e trascinato, nel colore delle molte possibilità che offre, nella possibilità di una “sperimentazione sonora” che oggi, ancor più di molti altri elementi musicali, è ciò che rende forte e distintiva la personalità musicale di un’artista.
Ovviamente quello dell’home recording non è uno sforzo “indolore”
Di fatto software e hardware per l’acquisto richiedono sforzi spesso sostanziosi dovuti a prezzi non universalmente accessibili, rendendo la costruzione del proprio studio personale un progetto a lungo termine che richiederà risparmio e, soprattutto, una scelta oculata della strumentazione necessaria.
Non di meno, le potenti macchine in grado di rendere la musica tale sono spesso complesse da usare e richiedono delle competenze necessarie che, con tempo ed esperienza, andranno necessariamente acquisite così da poter manovrare ad hoc quel cosmo fatto di dettagli minuscoli ma fondamentali per rendere la vostra opera competitiva sul mercato e non l’ennesima “produzione da camera da letto” destinata a rimanere tale.
Per tutto ciò, ovviamente, il web può venirci in aiuto in modo decisivo. Sono molti, infatti, i siti e blog in grado di consigliare, suggerire e dare nozioni fondamentali tanto sull’acquisto quanto sull’utilizzo dei “mezzi di produzione” di cui proprio a questo link potrete trovare un buon esempio.
Ergo, miei cari musicisti in erba, se deciderete di affrontare la sfida dell’home recording sicuramente non sarete soli e l’on-line potrà venire in vostro soccorso (quando non uccide a quanto pare aiuta).
Volenti o nolenti la musica è già in riproduzione e non possiamo far altro che ballare. I tempi sono cambiati e se vogliamo competere nel mondo dell’arte dobbiamo aggiornarci costantemente per beneficiarne in quanto professionisti e non solo in quanto musicisti.
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