A Sign of Things to Come, Sylosis: recensione

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Realtà ormai affermata del panorama Metal contemporaneo, i Sylosis confermano il loro stato di forma con il loro sesto album: A Sign Of Things To Come.

La battuta iniziale è infatti una tipica traccia che non permette vie di fuga all’ascoltatore: Deadwood è una perfetta opener estremamente aggressiva, variegata, equilibrata e capace di imprimersi con forza fin dai primi ascolti. Ha anche il grande pregio di fornire all’ascoltatore i vari ingredienti della miscela esplosiva del sound dei Sylosis, facendoci viaggiare in un mix di atmosfere che incontrano Northlane, Disturbed, Metallica e Linkin Park della prima ora. Abbiamo infatti le forsennate corse di Metal Death sfrenato, ma anche breakdown più lenti, melodici e dal sapore vagamente primi anni Duemila.

La successiva canzone è la title track A Sign Of Things To Come, che ribadisce il discorso appena introdotto, offrendoci prestazioni notevoli delle chitarre (dal pregevolissimo e funambolico assolo al perfetto noise Nu Metal che scandisce il susseguirsi delle strofe), ma anche un ritornello accattivante e magnetico. La poliedricità della voce di Josh Middleton, capace di svariare dal growl allo scream alla voce clean con straordinaria naturalezza, viene dispiegata in tutto il suo arsenale.

I Sylosis procedono con Pariahs e Poison For The Lost, proseguendo sullo stile delle prime canzoni. Si nota effettivamente una prima sezione dell’album particolarmente burrascosa e senza grandi pause dal groove e dal sound aggressivo tipico della band. Giusto qua e là, spiccano sporadici attimi di quiete prima della tempesta. Dopodiché, siamo travolti da tappeti di doppia cassa, assoli travolgenti, voci ruvide e note profonde che ci trascinano con loro nei meandri più oscuri dell’album. In questo svolge un ruolo perfetto il breakdown in fade out di Poison For The Lost.

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Con Descent A Sign Of Things To Come riduce notevolmente la velocità dei suoi bpm, offrendosi di più a sonorità più Melodic e meno Death Metal. Infatti qui i Sylosis riducono i ritmi più forsennati del primo quartetto di canzoni, aprendosi a un lato in cui spiccano di più le melodie delle chitarre, anche negli assoli, e anche la voce di Josh Middleton pratica meno spesso la tecnica del growl, preferendo uno scream quasi melodico.

Absent costituisce invece l’episodio moderato e tranquillo dell’album. Infatti la voce è sempre pulita, quasi un richiamo a certe ballad degli Slipknot e alla voce di Corey Taylor, prima di esplodere in un sound pesante, ma comunque melodico e lento. Pregevole rottura del ritmo a metà dell’album.

Con Eye For An Eye i Sylosis riprendono il discorso estremamente aggressivo del sound, dei riff e del drumming, sfociando su ritornelli aperti. Ascoltando il brano, è impossibile non riconoscere l’importanza dei primi Linkin Park come fonte di ispirazione della band, per quanto suonassero un Metal più leggero.

Judas invece gioca su un’intro molto melodica e malinconica per poi gettarsi in un vortice violento in linea con lo stile dei Trivium, ma risulta un brano meno energico e comunicativo all’interno della tracklist, dando più sfogo a una vena groovy e più legata alle abilità strumentali piuttosto che sulla composizione armonica e melodica. Basta ascoltare il velocissimo ritornello armonizzato, sostenuto dalla doppia cassa di Ali Richardson: stilisticamente perfetto, ma un po’ debole a livello di coinvolgimento.

A Sign of Things to Come, Sylosis: recensione 1

La penultima Thorns svolge il ruolo già ricoperto da Absent, ossia quello della power “ballad” dell’album. Difatti, il ritmo rallenta notevolmente, la voce si muove principalmente su intonazioni clean e le strofe sono abilmente riempite da ruvidi arpeggi di chitarra, mentre nell’assolo sono lasciati da parte i virtuosismi, prediligendo note lunghe e strappalacrime.

A Godless Throne, la canzone più lunga di A Sign Of Things To Come, chiude definitivamente i giochi con una miscela di tutte le ritmiche e tutti gli stili che i Sylosis ci hanno presentato nel disco. Abbiamo infatti ritmiche veloci e complesse, un breakdown lento e ruvido, uno special melodico e conseguentemente un assolo più melodico che virtuosistico. In conclusione un tappeto di tastiere, arpeggi di chitarra e delicate note di sintetizzatore concludono l’album con un barlume di dolcezza e malinconia.

La prova dei Sylosis è di quelle estremamente convincenti. La band gode di una buona dose di creatività, sa viaggiare su rotte già scritte da altri (si vedano le band sopra menzionate) e sanno riscriverne i tracciati con un tocco sapiente. Si sente che sono una band ormai con una certa esperienza e che sono ben consci dei mezzi a loro disposizione, le capacità dei singoli membri sono evidenti. Da Josh Middleton che si cala perfettamente nel doppio ruolo di vocalist e chitarra solista, al perfetto supporto ritmico di Alex Bailey alla chitarra ritmica, Conor Marshall al basso e Ali Richardosn alla batteria (prestazione di tutto rispetto).

L’album scorre abbastanza bene, non ci sono momenti troppo fiacchi e il livello di attenzione viene sempre mantenuto piuttosto alto con una notevole dose di variazioni di riff e schemi ritmici dove l’headbanging è assicurato. Tuttavia si potrebbe richiedere un po’ più di varietà nel sound proposto. I Sylosis hanno dato prova di poter reggere sia brani estremamente tecnici e veloci che altri più lenti e coinvolgenti. Non è inverosimile pensare che la band possa realizzare tranquillamente album con una maggiore verve melodica, senza snaturare eccessivamente il proprio sound, trovando un giusto equilibrio tra velocità, groove e aggressività da una parte e melodia e calma dall’altra.

In A Sign Of Things To Come sono i brani tecnici e veloci ad essere fortemente maggioritari: si può calcolare che su circa 45 minuti di album, forse 4 o 5 minuti sono un po’ più calmi e coinvolgenti. Alla lunga questo sound può risultare un po’ ripetitivo, indebolendo la portata generale di un disco e di una band che invece possono aspirare a ben più alte sfere. Si tratta di fare quel passaggio tra essere una delle numerose band Metal che si cimentano nel genere (per quanto con un arsenale tecnico e compositivo ben assortito) a diventare una band culto del genere, come i gruppi sopra citati.

I Sylosis possono tranquillamente riuscire a compiere quel passaggio, basta solo volerci arrivare.

Daniele Carlo
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