Ozzy Osbourne: “Ordinary Man” è una lezione per tutti

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Ozzy Osbourne torna dopo dieci con il suo nuovo lavoro “Ordinary Man”. Un album a due facce: da una parte da uno schiaffo a quei tanti metallari tradizionalisti, mentre dall’altra abbiamo un Ozzy che possiamo definire finito.

Prima che vi scandalizziate (ma probabilmente già lo siete), lasciatemi spiegare il perchè Ozzy Osbourne sia finito. Partiamo dal presupposto che io stimi Ozzy Osbourne, anche senza essere un suo grande ascoltatore (che siano i Black Sabbath o il suo progetto solista), mi limito ai tormentoni della sua carriera. La mia stima per Ozzy si basa principalmente sul suo personaggio.

Ozzy Osbourne

Insomma lui è sopravvissuto a tutto ed ha rischiato di morire per cucinarsi del bacon, è quello che durante il primo tour dei Motley Crue (che gli facevano da gruppo spalla) si mise a sniffare formiche, oppure il suo grande classico, ovvero il aver staccato a morsi la testa di un pipistrello vivo credendo che fosse finto.

Un’artista che non ha mai lasciato da parte il suo essere “estremo” anche davanti alle malattie che spesso lo costringono a stare lontano dalle scene, anche annullando interi tour. Ora è tornato con un nuovo album, per metà non sufficiente, mentre l’altra metà da una lezione molto importante.

Ozzy Osbourne

L’album si apre con “Straight to Hell”, classificabile come classico pezzo di Ozzy: riff semplice ma potente e ben fatto, una struttura delle strofe e dei ritornelli “marchio di fabbrica” di Ozzy Osbourne. Un pezzo che corto, che scorre velocemente e che ci porta subito alla seconda traccia, “All My Life”, una semi-ballad che punta a calmare le acque dopo la prima traccia.

Ma la vera e propria ballata arriva con “Ordinary Man” (pezzo rilasciato anche come singolo), in cui Ozzy si cimenta in un duetto con Elton John, con ospiti d’eccezione come Slash, Chad Smith e Duff McKagan.

Il motivo per cui questa canzone è importante per il discorso del “finito” lo spiegherò più avanti. Dopo la ballad ricominciano i pezzi “classici” di Ozzy. Nulla di nuovo, nulla di eclatante, ma alcuni di questi riescono comunque ad arrivare a noi con riff potenti mettendoci al voglia di riascoltarli ancora e ancora, come “Eat Me” e “Scary Little Green Man”. Pezzi che però non bastano a far sì che l’album possa essere sufficiente.

Ozzy Osbourne in questo album ci da due messaggi: il primo è appunto il suo dirci che sia finito, che lui non possa dare più nulla, tramite la già nominata ballad “Ordinary Man”, mentre il secondo messaggio viene dato tramite le due tracce con Post Malone.

Perchè una ballad, tra l’altro stupenda, dovrebbe servire da lezione? Semplice. Se messa nel contesto nell’album, un album che ripeto essere non sufficiente, passa anche da canzone di addio, o meglio, da sigla di chiusura. Infatti Ozzy ha capito di aver dato tutto e proprio nella canzone ci dice che lui non vorrà essere ricordato come un uomo normale:

“Yes I’ve been a bad guy, been higher than the blue sky and the truth is I don’t wanna die an ordinary man, I made momma cry, don’t know why I’m still alive Yes the truth is I don’t wanna die an ordinary man”

Lo ha capito lui, lui ha detto “basta”, ed ora è bene che anche i fan, o più in generale, i metallari, capiscano questo “basta”. Ozzy Osbourne ha dato e vi ha dato tutto, ed è ovvio che ci voglia rispetto, ma non quello che credete voi.

Infatti dire che Ozzy Osbourne dovrebbe continuare a fare live, che Ozzy Osbourne ancora abbia tanto da dare e che sia ancora superiore a tanti altri nuovi artisti è una grossa mancanza di rispetto. La più grande forma di rispetto verso di lui è quella di ringraziarlo, di fargli sentire che abbia dato tanto, forse anche troppo, e che ci piacerà ricordarlo come un uomo non ordinario.

Ed è con questa ballad che vi racconta della sua fine, un messaggio tra “aiuto” e “testamento”. E’ così che Ozzy vi saluta, ma purtroppo molti di voi sembrano non aver afferrato il messaggio.

L’altro messaggio viene lanciato tramite i due feat con Post Malone. Uno schiaffo in faccia a chi ancora segue la logica che il metal non possa andare d’accordo con altri generi, o addirittura c’è quasi del divieto (non scritto da nessuna parte) verso chi unisce il metal ad altri generi, ed in questo non si sono fermati neanche davanti ad Ozzy Osbourne.

Ozzy Osbourne lo sapeva, sapeva che probabilmente molta gente non avrebbe accettato che lui, il metalhead per eccellenza, si sarebbe messo a fare non uno, ma due feat con Post Malone. Ma lui se ne frega, se ne è fregato di quella regola non scritta del non unire il metal ad altri generi (ed in questo caso, per loro, i metallari, è grave che abbia collaborato con un’artista Trap). Una grossa lezione, che arriva da chi non te lo saresti aspettato, con due tracce: “It’s A Raid” e “Take What You Want” (già presente nell’album di Post Malone).

Ozzy Osbourne

Qui in Italia quando uscì “Take What You Want” i commenti erano molti: chi apprezzava il pezzo a prescindere da Post Malone, chi apprezzava il pezzo solo per la presenza di Ozzy Osbourne, chi non sapeva chi fosse Post Malone ad una volta scoperto chi fosse hanno cominciato a dire che il pezzo facesse schifo (e mi dispiace per voi, ma non è questione di gusti, visto che molti di voi che hanno schifato il pezzo neanche lo ha ascoltato per “protestare” contro la presenza di un trapper).

E mentre succedeva questo i puristi non si rendevano conto che il loro idolo Ozzy li stesse prendendo a schiaffi in faccia a tempo di “It’s A Raid”...

Questo di Ozzy Osbourne non è album, ma un insegnamento. Ozzy prende una posizione importante, cerca di salvare prima se stesso e poi quel metal che tanto gli ha dato, capendo che con il fandom attuale il metal non andrà lontano. Anche in questo caso Ozzy Osbourne ha fatto una mossa epocale.

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Marco Mancinelli
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