Ecco perché definire “minchiate assolute” i testi di Battiato è una bestemmia

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“Battiato è considerato un autore intellettuale e invece ti vai a fare l’analisi dei suoi testi e sono delle minchiate assolute. Mistico? Anche i testi di Sabrina Salerno allora sono mistici. Ha cantato cazzate immani”

Potrei prenderla a ridere – davvero ha accostato Battiato a Sabrina Salerno?, con tutto il rispetto per Sabrina Salerno – ma quello che non capisco è il motivo che spinge numerosi letterati, in questo caso Michela Murgia, ad emettere giudizi impregnati di presunta superiorità intellettuale, come se la loro opinione fosse vangelo. Il mio non è buonismo acritico, sia chiaro, o perché Franco Battiato è intoccabile, ma cercare di fare gli alternativi demodé – con scarso risultato, per l’appunto – andando sempre contro corrente per dimostrare di non essere asserviti al pensiero unico, lo trovo un mero esercizio lezioso inutile e dannoso alla cultura.

Forse la signora Murgia soffre di amnesia, o semplicemente non ne è a conoscenza, ma le ricordo – a lei e a coloro che trovano i testi del Maestro “minchiate assolute” – che Battiato con La voce del padrone ha fatto la storia della musica italiana. Nel 1981 era avanti anni luce. Musica, letteratura, filosofia, religione e politica sono tutti ingredienti che miscelati regalano un risultato sensazionale. Che, con tutta onestà, di minchiata non v’è proprio traccia. Sfido chiunque a trattare temi sconfinati e antitetici: da “minima moralia” di Adorno (che poi poeticamente diventa “Immoralia” in Bandiera Bianca) al “cantami o diva”, passando per “il mondo è grigio, il mondo è blu”, di Nicola di Bari.

Non so fino a che punto siano citazioni nonsense o sapienti accostamenti, quel che è sicuro è che la critica sociale messa in atto nella tracklist di uno degli album più belli della storia anticipano clamorosamente gli anni del “riflusso”, quegli anni ’80 in cui si manifestò il rifiuto di considerare la politica come perno attorno al quale far ruotare il resto della propria esistenza. Battiato canta della crisi ideologica e della spinta individualistica ancora prima che queste si manifestano apertamente nella società, in cui a lui non resta che sventolare la bandiera bianca in segno di resa. E canta ermeticamente, con profonda ironia e conoscenza, sperimenta argutamente e ridisegna la musica colta, creando un nuovo modo di comporre.

I riferimenti culturali, però, erano centrali già nel 1979 con L’era del cinghiale bianco, quando l’esoterismo e le culture orientali la fanno da padrone. Per Battiato, dunque, filosofia e musica sono due cifre stilistiche in lui inconfondibili. Oppure come dimenticare l’opera meravigliosa Mondi Lontanissimi in cui, come la mia collega ha giustamente detto, abilmente “lascia parlare la sua filosofia e quella di altri, ma la sua voce stessa si eclissa e le sue opinioni personali sono mascherata da un oggettivismo scientifico e darwiniano”.

Ma, cara Michela Murgia, vogliamo parlare della trascendenza di Battiato ne La Cura?

In questa canzone c’è la più alta forma d’amore, un sentimento oltre ogni possibile piano terreno, di ogni dimensione umana. Va al di là dello spazio e del tempo. Una poesia onirica e metafisica alla base dell’essenza umana. Un testo filosofico di altissimi livelli.

“Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi”

E allora mi chiedo: che cosa c’è di minchiata in questi versi? Che cosa non si coglie della loro genialità? Perché criticare con modi e toni di superiorità la penna di quello che considero uno dei più grandi cantautori che la nostra arte abbia mai visto?

Forse perché viviamo in un’era in cui, per forza, tutti devono occuparsi di tutto. In cui pressappochisti di ogni tipo sentono il bisogno impellente di dire per forza la loro come se l’umanità ne avesse bisogno. Senza, però, porsi la domanda se davvero l’umanità ha bisogno di determinate opinioni. Io, ad esempio, delle considerazioni della Murgia su Battiato ne avrei fatto piacevolmente a meno.

Isabella Insolia
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1 commento su “Ecco perché definire “minchiate assolute” i testi di Battiato è una bestemmia”

  1. Condivido tutto e ti darei pure il premio pulitzer… Stimo la Murgia ma il Maestro non doveva toccarlo, da fan e appassionato di musica, dire che i testi di Battiato sono minchiate vuol dire non aver capito niente

I commenti sono chiusi.

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