Il Carnevale di Viareggio si toglie la maschera

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Dopo quasi 150 anni dalla sua nascita, il Carnevale di Viareggio non si terrà, come di consueto, nel periodo invernale, ma in autunno. Una scelta dettata dall’emergenza sanitaria, destinata a far discutere.

Il triste risveglio di Burlamacco e Ondina

Burlamacco e Ondina, le due maschere ufficiali del Carnevale di Viareggio, erano già pronti, carichi come ogni anno. Per loro le settimane comprese tra gennaio e febbraio sono un periodo speciale, e lo vivono, nonostante i loro novant’anni, con l’entusiasmo di due bambinetti. Non ci credono, non ci hanno mai creduto, alla voce che l’”Epifania tutte le feste porta via”. Chi dice questo dimentica quanto sia lungo l’inverno, dimentica quanto può penetrare nel midollo il freddo che c’è in una soleggiata giornata di gennaio.

Per questo lo aspettano con ansia, il carnevale, ogni anno. Quest’anno, però, non si farà, sarà rimandato ai mesi di settembre e ottobre, e solo allora potranno liberare il lato più incontenibile che è in noi. L’hanno letto sui giornali e ci sono rimasti male. Un tuffo al cuore, come a un bambino a cui è tolto il giocattolo preferito. Avevano già tutto pronto: a Burlamacco non restava che indossare il suo alto cappello di colore rosso e Ondina aveva già iniziato ad annodare i lacci della sua cuffia da bagno. Si sono guardati in faccia ed hanno pianto. Perché dietro alle maschere, sapete, c’è qualcosa di più di un sorriso stampato: c’è sempre un volto e dietro al volto una persona che soffre, se qualcosa va storto. 

Il Carnevale di Viareggio si toglie la maschera 1
Burlamacco

Vincere la tragedia col riso

Il fatto è a dir poco inedito. Solo la guerra aveva imposto al Carnevale di Viareggio una battuta d’arresto, ma la guerra, si sa, non lascia molto tempo per svagarsi. Si sente dire che pure la lotta contro il Covid sia una guerra, e qualcuno paragona le vittime ai caduti in battaglia. Non sono la stessa cosa, ficchiamocelo bene in testa. La morte esige sempre raccoglimento e fermare tutto, o perlomeno rallentare tutto, può essere il più alto segno di rispetto, se realmente ci è caro il dolore della gente.

Il Carnevale di Viareggio non l’ha fatto…perché? Ha rimandato la manifestazione, in attesa di tempi migliori, ma non l’ha annullata. Perché? Guardiamo il bicchiere mezzo pieno e cerchiamo di giustificare le scelte degli organizzatori, almeno per un secondo. Si dirà che non è giusto vestire a lutto per l’eternità. Vero. Ogni tragedia ha bisogno di un naturale, indispensabile allentamento per ritornare a vivere. E ridere, festeggiare, incontrarsi sono tutte cose che fanno estremamente bene al corpo e all’anima. Cose che il Carnevale di Viareggio ha trasformato in bellezza, aggiudicandosi una meritata fama a livello mondiale.

Il Carnevale di Viareggio: una questione di immagine

Ma la molla di tutto sta proprio qui, in una manifestazione che, dal dopoguerra, ha raggiunto una risonanza mediatica internazionale e che deve faticare parecchio per mantenere intatta questa immagine su larga scala. Il Carnevale di Viareggio non è il carnevale rionale, questo deve essere chiaro. La concorrenza è spietata, specie in un settore, quello dell’intrattenimento, che ha partorito eventi capaci di smuovere folle e ingrossare la partecipazione popolare fino a dimensioni oceaniche. Alcuni eventi, però, e il Carnevale di Viareggio lo sa bene, sono collegati a certi periodi dell’anno, vivono per poche settimane e poi sfioriscono; non troppo diversi, in questo, dalla meraviglia fugace di una rosa.

Se andate a Viareggio scoprirete che tre sono gli elementi di maggior attrattiva della città: il mare, il carnevale e lo stile liberty. Quest’ultimo forse il più sottovalutato, perché il meno popolare, ma anch’esso collegato ai primi due da una località che ha cercato di inventarsi una vocazione turistica, rifacendosi un volto per rendersi più appetibile agli occhi di un pubblico borghese.

Il Carnevale di Viareggio per uscire dalla crisi

Se togliamo queste motivazioni, legate alla salvaguardia di un’immagine, resta ben poco da giustificare. Sarebbe stato più onesto dire che lo slittamento in autunno era dettato da ragioni strettamente economiche, per rilanciare un settore, quello turistico, con tutto l’indotto che gli ruota attorno, pesantemente colpito dalle chiusure imposte dall’emergenza sanitaria. Sarebbe stato più onesto, ma si è preferito parlare velatamente, motivando la decisione come ispirata a molti altri carnevali d’Italia e del mondo.

Che il Carnevale di Viareggio nasca come pretesto per un rilancio turistico, è indubbiamente chiaro. Non c’è biasimo in questo. I carri di cartapesta sono diventati il simbolo di una città che ha saputo coniugare la tradizione del carnevale alla propria indole artistica, mettendosi nelle mani di artigiani che ogni anno riescono a stampare sulla faccia della gente espressioni di vero stupore. Ma che si utilizzasse la tradizione come traino di un’economia ferita – e in questo il Carnevale di Viareggio non è la sola parte offesa, anzi – non si può giustificare.

Una festa impertinente

Il carnevale si tiene da sempre nel periodo tra l’Avvento e la Quaresima. È la festa pagana che si intromette nella sacralità delle feste cristiane. Già questo basterebbe a far comprendere il carattere eversivo di un’usanza spesso osteggiata dalla Chiesa e tollerata dai signori per la straordinaria capacità di allentare le tensioni sociali. Ma c’è di più. Dietro ai balli in maschera, ai cortei brulicanti per le strade, si nasconde un senso di comunità che proprio il periodo del carnevale, posto com’è fra i due punti di riferimento del calendario cristiano, rivitalizza all’insegna del divertimento. Vecchi che diventano giovani, poveri che si scoprono ricchi; e il mondo, questo folle mondo, che per una volta lascia da parte l’ingiustizia sociale o ne fa bersaglio di satira per dimostrare che nessuno, ma proprio nessuno, può esimersi dall’essere strumento di un sorriso liberatorio.

Caro Carnevale, scusa la parentesi

È un nodo importante, insito nell’identità stessa del carnevale. Non si può negare il divertimento alla gente, come non si può negare l’associazione del carnevale a un determinato periodo dell’anno. Spostare la manifestazione in autunno, com’è accaduto quest’anno col Carnevale di Viareggio, significa sconfessare quel sentimento di impudenza che l’ha sempre contraddistinto proprio perché monito ai potenti e al loro ordine costituito. Significa dimenticare la tradizione, piegandola a logiche affaristiche che confondono una delle feste più amate con un qualsiasi motivo di svago. E questo non si può giustificare, no. Perché il carnevale non è solo un’occasione per portare fuori i bambini come si porterebbe fuori il cane. È parte di noi, è un pezzo del nostro spirito. E lo spirito, anche se un po’ nell’eccesso, deve sapere che arrivato a febbraio, e non a ottobre, potrà finalmente disperdersi nella pazzia festosa della gente.  

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Massimo Vitulano
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